Sempre più “sotto controllo” il trattamento dei carcinomi tiroidei

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“Ci sono alcuni farmaci ‘mirati’ alle cellule neoplastiche che possono stabilizzare la progressione di malattia e consentire una buona sopravvivenza”, è quanto afferma Rossella Elisei, docente di endocrinologia all’Università di Pisa

ecografia-alla-tiroideTaormina, 28 maggio 2015 – “Per molti anni, data la loro rarità, i tumori endocrini sono stati orfani di terapia poiché le comuni chemioterapie non davano alcun beneficio a fronte di gravi effetti collaterali – racconta l’esperta endocrinologa durante i lavori congressuali e aggiunge che – tra i tumori endocrini il più frequente in assoluto è il carcinoma tiroideo. Quest’ultimo ha varie tipologie: quello ben differenziato (papillare e follicolare) ha un decorso favorevole con possibilità di guarigione completa nel 85% dei casi e una sopravvivenza del 90% a 40 anni dalla diagnosi. Si cura con la chirurgia e la terapia radiometabolica con iodio radioattivo. Un 15% invece, soprattutto quei casi che compaiono già in fase avanzata al momento della diagnosi, raramente guariscono con questa strategia terapeutica e anzi tendono a diventare radioiodio refrattari e progredire. A tal proposito – spiega Rossella Elisei – i pazienti, in passato, non avevano alcuna opzione terapeutica ma oggi alcuni farmaci mirati alle cellule neoplastiche possono stabilizzare la progressione di malattia e consentire una cronicizzazione che comporta una buona sopravvivenza”.

Quali sono dunque questi farmaci che fanno ben sperare per il futuro? “Molti – risponde l’esperta endocrinologa pisana – sono già in uso per altri tumori, come ad esempio sorafenib che è usato per il tumore del rene e del fegato, mentre alcuni sono stati sviluppati proprio per il carcinoma della tiroide, come ad esempio lenvatinib”. Ma avverte l’esperta: “sono farmaci che devono essere prescritti dai medici endocrinologi e oncologi, che conoscono bene i possibili effetti collaterali”.

La studiosa conclude ricordando altri due farmaci: “il vandetanib e il cabozantinib – spiega – sono stati approvati per il trattamento di un altro tipo di carcinoma tiroideo, il carcinoma midollare della tiroide, più aggressivo dei precedenti e con un più alto tasso di mortalità poiché nessuna chemioterapia si è mai mostrata efficace e il radioiodio non ha motivo di essere utilizzato”.

fonte: ufficio stampa

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