Roma, 31 agosto 2016 – Le linee guida dell’ESH (European Society Hypertension) si occupano della diagnosi, gestione e controllo dell’ipertensione arteriosa in un contesto ‘cronico’, quotidiano, di solito domiciliare, mentre minore attenzione è dedicata alla gestione acuta delle crisi ipertensive, che possono essere letali.
Dati epidemiologici (1) indicano che solo il 17,4% degli ipertesi raggiunge un adeguato controllo pressorio e la maggior parte dei pazienti che si rivolge al Pronto Soccorso con crisi ha mostrato uno scarso controllo della patologia nei mesi precedenti. L’ipertensione essenziale interessa il 20-30% degli adulti e le crisi ipertensive sono lo 0.5-1% di tutti gli accessi al PS.
I ricercatori del Dipartimento di Clinica Medica e Medicina interna e quello di Medicina di Emergenza del Policlinico San Matteo di Pavia hanno condotto un interessante studio: durante il 2014 hanno arruolato 457 pazienti afferiti al PS con una pressione sistolica iniziale di 170 mmHg e/o pressione diastolica di 110 mmHg. Le diagnosi di ‘crisi ipertensiva’ sono state l’1% del totale (n=48.054), di queste il 25% sono state identificate come EMERGENZE in quanto associate a danno d’organo e il 75% avevano carattere di URGENZE. Il rateo di mortalità è stato di un incoraggiante 0.87% e la presenza di ipertensione era nota al 67% dei pazienti, dato che suggerisce come invece il 33% dei soggetti ha ricevuto la diagnosi proprio in occasione della crisi. Le donne erano interessate nel 65% dei ricoveri di urgenza e nel 53% delle emergenze.
Il trattamento d’urgenza era mirato alla riduzione tempestiva dei valori pressori e prevedeva nei casi più gravi la somministrazione di una combinazione tra diuretici, nitrati, labetalolo e urapidil. Nei casi considerati ‘urgenti’ invece, erano più spesso prescritti clonidina (nel 44,3% dei casi) e diazepam, una benzodiazepina, nel 36,3%. Nonostante il diazepam sia un farmaco ansiolitico, nel ‘mondo reale’ è diffusamente utilizzato per trattare le crisi ipertensive con risultati analoghi nella riduzione pressoria e un minor utilizzo di farmaci (0.7 vs 1.2). Durante il follow up di 11 mesi, il 13,8% dei soggetti ha avuto un secondo accesso di emergenza al PS senza differenze tra i due gruppi.
Come sottolinea Franco Romeo, direttore Cardiologia Policlinico Tor Vergata di Roma, “si tratta di un utilizzo in real life che dovrà essere approfondito da ricerche ulteriori. La crisi ipertensiva può essere l’effetto di una pressione non controllata o avere come cause malattie renali, endocrinologiche, uso di droghe o gravidanza. Se la pressione si alza troppo i vari organi possono esserne danneggiati come il cervello, i vasi o la sopravvivenza del feto in gravidanza”.
(1) Giornale It. Cardiol. 2010;11:835-848
fonte: ufficio stampa