Roma, 27 aprile 2020 – “L’Unicef, l’OMS e molti enti di ricerca e associazioni professionali hanno sottolineato l’importanza della collaborazione multidisciplinare (ad esempio tra settore sanitario, istruzione, prevenzione e servizi sociali) per garantire che le esigenze dei bambini e di coloro che dei più piccoli si prendono cura siano affrontate nel loro complesso. I possibili effetti avversi delle misure di prevenzione per affrontare il Covid-19 devono essere adeguatamente considerati quando si pianificano le politiche che riguardano la Fase 2 della pandemia. Sin dalle primissime fasi dell’epidemia di Covid-19 c’è stato un dibattito sul ruolo dei bambini nella trasmissione della malattia. Le prove oggi disponibili, anche se non definitive, suggeriscono che i bambini siano meno infettivi degli adulti (tasso di contagiosità secondaria nei bambini del 4% rispetto al 17% negli adulti). Peraltro, è invece certo che il decorso benigno della malattia in età pediatrica non esporrebbe con l’apertura delle scuole i bambini a un rischio di danno sostanziale. Ancora più forte è la certezza, invece, di esporli a un danno tangibile e importante con le scuole chiuse e per tempi lunghi”.
A lanciare l’allarme è una task force di 20 esperti del mondo della pediatria e della cura dell’infanzia.
“Non è chiaro fino a che punto i governi nazionali si basino sulle nuove conoscenze per riprogettare le misure di protezione. La riapertura delle scuole è oggetto di un ampio dibattito in molti paesi. Gli esperti avvertono delle ampie implicazioni educative, sociali ed economiche della chiusura prolungata di scuole e servizi per l’infanzia”.
Nella Fase 2, prosegue la lettera degli esperti del mondo della Pediatria, “le politiche sulla riapertura della scuola in Europa appaiono eterogenee e non basate sul numero di casi Covid-19 in ciascuno paese, né su prove scientifiche dell’impatto di queste misure. Tutti però concordano sulle potenziali implicazioni sociali della protratta chiusura della scuola. I paesi scandinavi hanno già riaperto le scuole di primo grado. Il Regno Unito ha riaperto le scuole per i figli di lavoratori critici e bambini vulnerabili che sono incoraggiati a frequentare laddove sia opportuno per loro farlo. Al contrario, in altri paesi, come l’Italia, vi è riluttanza a considerare la riapertura dei nidi e delle scuole”.
“Nel frattempo – aggiunge la task force – si stanno accumulando prove scientifiche sull’impatto drammatico della chiusura prolungata della scuola che mettono molto in dubbio l’efficacia concreta di queste misure quando ne vengono valutati anche gli effetti collaterali, come l’impossibilità da parte dei genitori a lavorare, per prendersi cura dei figli. Ci si chiede se le differenze esistenti nelle politiche si basano sui dati (come l’epidemiologia locale del Covid-19, le conoscenze sulla trasmissione del virus) o piuttosto sul diverso valore che viene dato nei diversi paesi alle politiche a sostegno delle famiglie e più in generale ai diritti dei bambini e delle mamme/donne? I governi stanno prendendo in considerazione in modo appropriato tutti i possibili effetti negativi della chiusura delle scuole e dei servizi educativi? Stanno pianificando di misurare questi effetti? Con indicatori su gap educativo e salute mentale e fisica (in particolare per bambini già affetti da disabilità e malattie croniche), su nutrizione, maltrattamento fisico ed emotivo, nonché sull’impatto sociale ed economico sulle famiglie?”.
I bambini che vivono “in famiglie povere sono spesso in condizioni che rendono difficile, se non impossibile, la scuola da casa. In Italia gli ultimi dati Istat disponibili indicano che il 42% dei minori che vive una condizione di sovraffollamento delle proprie abitazioni e il 7% di bambini e adolescenti è vittima di un grave disagio abitativo (anche di abuso). È in queste case, con famiglie in condizioni economiche ulteriormente peggiorate, che i bambini e gli adolescenti cercano uno spazio per studiare e concentrarsi”.
“Le Istituzioni responsabili della Salute pubblica devono accuratamente valutare tutti i fattori nel decidere come e quando riaprire le scuole – propone la task force – e invitare i responsabili dei servizi educativi e degli istituti scolastici a operare fin d’ora per mettere in grado i servizi di svolgere il loro compito in sicurezza, considerare misure alternative come orario ridotto, doppi turni e lezioni scaglionate, aperture rivolte inizialmente solo all’infanzia anche in luoghi aperti (come proposto da alcuni Comuni) e alle scuole elementari. Oltre ad un sistema di monitoraggio dei casi a livello scolastico che ci permetta di capire meglio l’appropriatezza di questi modelli”.
La cosiddetta Fase 2 durerà molto probabilmente fino a quando un “vaccino sarà disponibile e distribuito a un numero sufficiente di persone per costruire una buona immunità dell’intera comunità. Occorre trovare un punto di equilibrio diverso tra il rischio di aumentare il numero di casi Covid-19 e la limitazione dei diritti dei bambini. L’assenza di un piano globale che consideri e monitorizzi le diverse conseguenze avverse per i bambini suggerisce che tali danni sono sottovalutati, e che forse, più in generale, i diritti dei bambini non sono oggetto di adeguata attenzione. È responsabilità della politica sviluppare linee di indirizzo che si basino su prove scientifiche e raccomandazioni internazionali e che attribuiscano il giusto valore ai bambini, agli educatori e insegnati, e alle famiglie. Come affermato dall’Unicef, e ribadito da molti altri, senza un’azione urgente, questa crisi sanitaria rischia di diventare una crisi dei diritti dei minori”, concludono gli esperti.
Hanno aderito a questa task force:
- Marzia Lazzerini, WHO Collaborating Centre for Maternal and Child Health Istituto per l’Infanzia Burlo Garofolo, Trieste;
- Federico Marchetti, direttore, Dipartimento Salute Donna, Infanzia e Adolescenza Ospedale di Ravenna;
- Alessandro Albizzati, direttore, Neuropsichiatria infantile, Ospedale Santi Paolo Carlo, Milano;
- Generoso Andria professore, Università degli Studi Federico II, Napoli;
- Egidio Barbi, direttore, Clinica Pediatrica, Istituto per l’Infanzia Burlo Garofolo, Trieste;
- Giancarlo Biasini, pdiatria, ACP Cesena; Andrea Biondi, direttore, Dipartimento di Pediatria, Università Milano-Bicocca e Fondazione MBBM/Ospedale San Gerardo, Monza;
- Maurizio Bonati, direttore, Laboratorio per la Salute Materno Infantle, Dipartimento Salute Pubblica Istituto Mario Negri, Milano;
- Giovanni Corsello, direttore, Dipartimento di Promozione della Salute, Materno-Infantile, di Medicina Interna e Specialistica di Eccellenza ‘G. D’Alessandro’, Università di Palermo;
- Daniele De Blasi, ACP Campania Ospedale Santobono, Napoli; Luigi Greco, professore, Università degli Studi Federico II, Napoli;
- Giuseppe Maggiore, Direttore, Dipartimento di Scienze Mediche Università di Ferrara, Divisione di Epatogastroenterologia e Nutrizione, IRCCS, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma;
- Stefano Martelossi, direttore, UOC di Pediatria, Ospedale di Treviso; Ugo Ramenghi, Direttore, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Torino;
- Paolo Siani, pediatra e parlamentare Componente XII Commissione Affari Sociali e Sanità e Commissione bicamerale Infanzia Primario Pediatra Ospedale Santobono, Napoli;
- Giorgio Tamburlini, direttore, Centro per la Salute del Bambino, Trieste; Alessandro Ventura, professore Emerito Pediatria, Università di Trieste;
- Enrico Valletta, direttore, Dipartimento Salute Donna, Infanzia e Adolescenza Ospedale di Forlì;
- Alberto Villani, direttore, Uoc di Pediatria e Malattie Infettive, IRCCS Ospedale Bambino Gesù, presidente della Società italiana di pediatria;
- Alessandro Zuddas, direttore, Neuropsichiatria Infanzia e Adolescenza, Università di Cagliari.