Lo studio dell’IRCCS Gemelli evidenzia che potrebbe essere possibile profilare ogni gruppo di pazienti (o di persone sane) non solo in base all’aspetto della mucosa al microscopio (esame istologico), ma anche in base alla composizione del microbioma
Roma, 18 maggio 2020 – Dimmi che batteri hai nell’esofago e ti dirò che malattia hai. È il messaggio che scaturisce da uno studio pilota, pubblicato su “PLoS One”, a firma di ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, campus di Roma.
Il tumore dell’esofago è una delle neoplasie a prognosi meno favorevole per la quale c’è urgente bisogno di capire meglio i meccanismi alla base della sua comparsa al fine di intercettarli e trovare quindi nuove terapie. Loris Riccardo Lopetuso e colleghi sono andati quindi a investigare il possibile ruolo giocato dal microbioma in questa neoplasia e nell’esofago di Barrett, una lesione che ne può precedere la comparsa.
“Lo studio – spiega il dottor Lopetuso, gastroenterologo presso il CEMAD del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – condotto su 10 pazienti con esofago di Barrett, 6 pazienti con carcinoma esofageo e 10 soggetti sani di controllo, è andato a esplorare le differenze nella composizione del microbioma tra zone sane dell’esofago, quelle con un aumentato rischio di neoplasia e il cancro dell’esofago. In particolare, nelle zone con iniziali alterazioni della mucosa (esofago di Barrett), gli autori dello studio hanno evidenziato una ridotta presenza di streptococchi e un’aumentata presenza di batteri del genere Prevotella, Actinobacillus, Veillonella e Leptotrichia (tutti batteri provenienti dal cavo orale, favorenti l’infiammazione). Ancora più marcata è apparsa la riduzione degli streptococchi nella mucosa dei pazienti con carcinoma esofageo, mentre la popolazione batterica più rappresentata in questi pazienti è risultata la Leptotrichia”.
Una diversa composizione del microbioma esofageo è emersa anche dal confronto tra mucosa sana esofagea e mucosa alterata (esofago di Barrett), come se ci fosse un continuum di variazioni nella composizione del microbiota dalla mucosa sana, a quella a maggior rischio di evoluzione tumorale, a quella francamente tumorale.
Insomma, potrebbe essere possibile profilare ogni gruppo di pazienti (o di persone sane) non solo in base all’aspetto della mucosa al microscopio (esame istologico), ma anche in base alla composizione del microbioma. Inoltre, i diversi ‘assortimenti’ batterici riscontrati all’interno del microbioma sono risultati correlati con la maggior o minore capacità riparativa della mucosa esofagea. In particolare in presenza di tumore dell’esofago, i batteri presenti sembrano contribuire alla replicazione esagerata delle cellule cancerose.
Questo studio pilota ha dunque evidenziato una ‘firma’ batterica peculiare che caratterizza le diverse malattie dell’esofago e che si associa anche a un diverso profilo funzionale.
“Da questa ricerca – conclude Giovanni Cammarota, professore associato di Gastroenterologia all’Università Cattolica e responsabile della UOSA Day Hospital di Gastroenterologia e Trapianto di Microbiota del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – il microbiota associato all’esofago di Barrett, emerge come ulteriore fattore di rischio per un’evoluzione verso il cancro dell’esofago. Un’osservazione inedita che andrà confermata da studi su un più ampio numero di pazienti, ma che apre a nuove intriganti prospettive non solo di diagnosi, ma anche di terapia per il cancro dell’esofago. Ancora più interessanti sono gli scenari innovativi di prevenzione, alla luce della possibilità di modulare la composizione del microbiota attraverso dieta, stile di vita e integratori probiotici e prebiotici”.
Esofago di Barrett: un regalo non gradito del reflusso gastro-esofageo
L’esofago di Barrett (anche detto ‘metaplasia’ di Barrett) è un’alterazione della mucosa esofagea derivante nella stragrande maggioranza dei casi da un reflusso gastro-esofageo di lunga durata. Questa condizione si riscontra nello 0,5% dei soggetti con reflusso e può rappresentare un fattore di rischio per neoplasia esofagea, che merita una sorveglianza periodica (ogni 6 mesi-3 anni a seconda della gravità del quadro clinico) mediante l’esofagogastroduodenoscopia.
Oltre alla rimozione dei fattori di rischio (fumo, alcol, obesità) e al controllo del reflusso gastro-esofageo (con anti-acidi e inibitori di pompa protonica), questa condizione può essere trattata in casi mirati con radiofrequenza per via endoscopica. Questa tecnica va a ‘bruciare’ la mucosa danneggiata, eliminando così il tessuto precanceroso.