Circa 23 milioni di persone nel mondo sono affette da scompenso cardiaco e ogni anno vengono registrati circa 2 milioni di nuovi casi. In Italia, circa 3 milioni sono affetti dalla malattia che rappresenta la prima causa di ospedalizzazione per gli over 65, con un’incidenza in costante aumento
Brescia, 28 settembre 2016 – La Giornata Mondiale per il Cuore, in programma il 29 settembre 2016, rappresenta un’occasione importante per sensibilizzare, attraverso la voce dei pazienti, l’opinione pubblica su una malattia molto seria e sempre più diffusa soprattutto tra i pazienti sopra i 65 anni di età, ma tuttora poco conosciuta e sottovalutata.
Lo scompenso cardiaco è una patologia cronica che si determina quando il cuore perde la capacità di pompare sangue in tutto il corpo in maniera adeguata alle richieste dell’organismo. Può causare anche una notevole diminuzione della qualità di vita del paziente, data principalmente dalla stanchezza e dalla debolezza. Ma non solo, in quanto se non viene individuata in tempo, può insorgere anche con un episodio acuto, come un infarto del miocardio.
Le storie: Carlo Olmi, in cura presso l’Ospedale Civile Maggiore di Verona, ha avuto i primi sintomi di quello che si è rivelato essere uno scompenso cardiaco a 58 anni. “La mia quotidianità di uomo attivo, impegnato nella famiglia e nel lavoro, cambia radicalmente e ogni piccolo gesto o movimento diventa uno sforzo insormontabile. Il gonfiore alle mani e ai piedi, la mancanza di fiato, la sensazione di non avere forze, sono stati l’inizio del percorso per riprendere in mano la mia vita. Tanti ricoveri, un infarto e un intervento di angioplastica coronarica percutanea, dopo la quale i cardiologi mi informano che è assolutamente necessario che mi sottoponga al più presto all’impianto di un Dispositivo di Assistenza Ventricolare (VAD), per sostenere un cuore che non pompa più. La prima reazione è stata di rifiuto, il timore di non superare un intervento difficile stava prendendo il sopravvento, pur sapendo che la mia vita dipendeva da questo intervento. L’idea di vivere con una pompa meccanica per assolvere alla funzionalità del mio cuore mi faceva pensare che sarei diventato un ‘uomo bionico’. Non solo, dovevo anche pensare al percorso di riabilitazione, alla percezione che sarebbe stata una strada lunga, di cui non conoscevo l’esito. Devo ringraziare mia moglie, i cardiologi e i cardiochirurghi, nonché la psicologa dell’ospedale, che hanno saputo spiegarmi, farmi riflettere e infondere in me il coraggio per sottopormi a questa operazione. Dopo l’intervento, infatti, mi sono reso immediatamente conto che stavo meglio. Il mio corpo aveva iniziato a rispondere di nuovo come doveva e, con il tempo, ho imparato non solo a convivere con il VAD, ma anche a vederlo come ciò che mi dà la vita. Per me, è eccezionale. Oggi, grazie al suo ausilio, ma soprattutto a tutti coloro che mi hanno sostenuto e mi sono stati accanto, umanamente e professionalmente, sono tornato alla mia vita e al mio lavoro, e posso godere dei piccoli piaceri della vita, accanto a mia moglie e a Penelope, la mia Labrador, compagna di lunghe e serene passeggiate”.
È quindi, molto importante identificare i segnali della malattia con il maggiore anticipo possibile, al fine di instaurare una corretta terapia e poter garantire un buon stato di salute del paziente.
Un segnale molto importante al quale la persona deve fare molta attenzione è la fatica a salire le scale, se compare affanno dopo una o due rampe, qualcosa non va, come racconta Giovan Battista Inversini, in cura presso l’Ospedale Civile di Brescia: “Nel 2004 inizio a sentire una certa fatica ad eseguire le normali azioni quotidiane, che diventano sempre più faticose, e gradualmente aumenta la mancanza di fiato. Strano, per una persona attiva come me, tra spostamenti quotidiani per lavoro e la mia passione per il trekking, avere queste difficoltà. Mi rivolgo, quindi, ad un centro specializzato, dove vengo operato più volte, purtroppo con scarso successo e diversi problemi, tanto da rendere la mia qualità di vita piuttosto scarsa. Ma non mi do per vinto e, finalmente, dopo varie ricerche su Internet, trovo un centro di eccellenza cardiologico a Brescia, la mia città, al quale mi rivolgo immediatamente. Nel 2014, quindi, mi opero nuovamente e, con un defibrillatore biventricolare, riprendo la mia vita con serenità, tanto da arrivare, nella primavera del 2016, a fare il Cammino di Santiago! Cosa voglio dire della mia esperienza? Mai fermarsi e accettare lo status quo. Le soluzioni per chi, come me, è affetto da scompenso cardiaco esistono e sono disponibili, e tornare ad una vita piena è possibile. Ciò che serve è agire, informarsi e guardare sempre avanti. Come insegna il trekking, camminando, passo dopo passo, si arriva alla meta. Io sono arrivato a Finisterra, la fine della terra, secondo i Romani, con il mio cuore in piena salute!”.
“Lo scompenso cardiaco è una patologia estremamente complessa che comporta anche sintomi legati a organi diversi da quello cardiaco. Questo porta spesso il paziente a rivolgersi a specialisti diversi dal cardiologo, che si occupano degli specifici sintomi riferiti e non della malattia che li ha generati – afferma il prof. Antonio Curnis, cardiologo, responsabile del Laboratorio di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione, Università degli Studi di Brescia – Se, a questo, si aggiunge una non ottimale diffusione delle linee guida, si può intuire come molti pazienti possano sfuggire sia alla corretta diagnosi, sia alla corretta terapia. Quando un paziente si presenta dal medico, lamentando una mancanza di fiato (dispnea), le opzioni da valutare in prima istanza dovrebbero essere due: una patologia polmonare o una patologia cardiaca. La prescrizione di un semplice elettrocardiogramma, permetterebbe di individuare immediatamente un problema cardiaco. Purtroppo, questo troppo spesso non avviene e il paziente non può avvalersi del fatto che prima si interviene con una terapia, migliori e più efficaci saranno i suoi risultati”.
fonte: ufficio stampa