Milano, 11 giugno 2021 – Una tecnica mininvasiva innovativa e all’avanguardia per curare lo scompenso cardiaco non controllabile con i farmaci e offrire ai pazienti un’aspettativa e una qualità di vita migliori. L’intervento con impianto del nuovo dispositivo Atrial Flow Regulator è stato eseguito, primo intervento in Lombardia e secondo in Italia, all’Istituto Clinico Sant’Ambrogio di Milano, struttura che si conferma centro di eccellenza per la cardiologia interventistica, dal dott. Maurizio Tespili, Responsabile dell’Unità Operativa di Cardiologia e dalla sua équipe (dottori Alfonso Ielasi, Massimo Medda, Francesco Casilli, Marta Bande e Mariano Pellicano).
Lo scompenso cardiaco, ovvero l’insufficienza cardiaca, colpisce oggi in Italia circa 1,2 milioni di persone. La disfunzione cardiaca – che si verifica quando il cuore non riesce ad apportare sangue in misura adeguata agli organi e si manifesta con affanno, stanchezza, accelerazione del battito cardiaco, gonfiore alle gambe o all’addome – può avere cause diverse tra cui ipertensione, infarto, predisposizione ereditaria, malattie infiammatorie ed è destinata a peggiorare nel tempo.
“Questa procedura di settostomia interatriale percutanea con Atrial Flow Regulator rappresenta, a tutti gli effetti, un modo del tutto nuovo per trattare l’insufficienza cardiaca: un concetto rivoluzionario di intervento che, diversamente dalle tecniche tradizionali, va a intervenire sul cuore grazie a un piccolo foro (di circa 8-10 mm) che permette di “alleggerire” le pressioni di riempimento del ventricolo sinistro attraverso la creazione di una connessione tra l’atrio sinistro e quello destro, migliorando così in modo evidente i sintomi legati alla scompenso” spiega il dott. Maurizio Tespili, Responsabile dell’Unità Operativa di Cardiologia dell’Istituto Clinico Sant’Ambrogio e coordinatore dell’area cardiologica degli Istituti Ospedalieri Bergamaschi.
L’intervento è stato realizzato su un paziente di 55 anni, affetto da disfunzione sistolica post-infartuale del ventricolo sinistro di grado moderato e già sottoposto precedentemente a diverse angioplastiche coronariche percutanee.
“Nonostante la terapia medica adeguata anti-scompenso cardiaco, il paziente continuava a lamentare una sintomatologia costante, come la dispnea (fatica a respirare) di grado severo, anche per sforzi lievi. Non essendo candidabile a un trapianto, abbiamo dovuto ricorrere a una procedura alternativa ma efficace che gli permettesse di aumentare non solo l’aspettativa di vita ma anche la qualità di vita stessa”.
La procedura, della durata di circa 40 minuti ed eseguita in anestesia generale, consiste nel realizzare una comunicazione interatriale (tra atrio sinistro e destro) mediante un foro nel quale viene impiantato un piccolo e innovativo device (Atrial Flow Regulator) a forma di anello in nitinolo, una speciale lega metallica, che garantisce una deviazione del flusso sanguigno da sinistra a destra (delle cavità atriali) con relativa riduzione della pressione intracavitaria atriale sinistra e indirettamente della pressione capillare polmonare, il cui aumento può essere responsabile della dispnea da sforzo.
Nello specifico, la procedura viene eseguita per via trans-venosa femorale, si esegue la puntura transettale e dopo aver posizionato il filo all’interno della vena polmonare superiore sinistra si dilata il setto interatriale con un pallone di calibro adeguato (12-14 mm). Successivamente, viene avanzato il sistema di rilascio (catetere) attraverso cui viene fatto transitare il dispositivo (AFR) che viene infine agganciato progressivamente al setto interatriale.
I dati ad oggi disponibili dagli studi internazionali dimostrano evidenti benefici nel follow-up tra cui una significativa riduzione dei sintomi e delle ospedalizzazioni, associata a un miglioramento della capacità funzionale. Il device, una volta posizionato, non necessita di essere sostituito.
“Trattandosi di una tecnica mininvasiva e percutanea con accesso dalla vena femorale, non c’è nessuna ferita chirurgica e la sintomatologia dolorosa è pressoché assente. Il paziente è tornato a casa dopo tre giorni dall’intervento, senza dover ricorrere a cicli di riabilitazione ma solo con l’indicazione di sottoporsi periodicamente alle visite di controllo ecografico e clinico concordate con lo specialista. In conclusione, possiamo davvero dire che questo intervento rappresenta sì una grande innovazione tecnologica, ma con una importante ricaduta pratica nella cura quotidiana dei pazienti con scompenso cardiaco, un’arma efficace, all’avanguardia e sicura contro una patologia sempre più diffusa e invalidante” conclude il dott. Tespili.