Milano, 8 giugno 2020 – Nonostante la sclerosi sistemica, malattia rara autoimmune, colpisca anche i polmoni, organi maggiormente coinvolti nella sindrome respiratoria grave provocata da Covid-19, i pazienti che ne sono affetti non sembrano essere più esposti al rischio di contrarre il virus o di sviluppare una sintomatologia particolarmente grave in caso di infezione rispetto alla popolazione sana.
È quanto emerso dall’analisi dei primi dati raccolti dalla dott.ssa Nicoletta Del Papa e dall’equipe di Reumatologia dell’ASST Gaetano Pini-CTO, diretta dal prof. Roberto Caporali. I ricercatori stanno lavorando per comprendere la possibile correlazione tra le peculiarità della malattia, la terapia e gli effetti del Coronavirus.
La sclerosi sistemica è una patologia rara che colpisce prevalentemente le donne, molte delle quali giovani, su cui la ricerca ha fatto molti passi avanti, anche se non è stata ancora individuata la causa della malattia, come spiega la dott.ssa Del Papa: “La sclerosi sistemica è caratterizzata da manifestazioni vascolari e fibrotiche che interessano la cute e gli organi interni. Dal punto di vista vascolare, la prima manifestazione è spesso rappresentata dal Fenomeno di Raynaud, ossia le mani e/o piedi cambiano di colore con le modifiche della temperatura o gli stati emotivi, diventando bianche, viola o rosse. Successivamente o contemporaneamente la cute comincia ad apparire ispessita e, infine, la malattia può coinvolgere organi interni, causando fibrosi polmonare, cardiomiopatia, alterazioni gastroenteriche. Gli studi più recenti hanno messo in evidenza meccanismi patogenetici complessi che sostengono tutte queste manifestazioni e che coinvolgono il microcircolo e il sistema immunitario. Tuttavia a oggi purtroppo non sono note le cause di tale patologia”.
Proprio per la caratteristiche descritte della malattia e dato che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che chi è in terapia immunosoppressiva e ha patologie polmonari è potenzialmente a maggior rischio contagio rispetto alla popolazione sana, i pazienti affetti da Sclerosi sistemica sono stati tra i più controllati dal team di Reumatologia dell’ASST Gaetano Pini-CTO.
“La nostra esperienza – commenta la dott.ssa Del Papa – come centro di riferimento per questa patologia è che la prevalenza di contagi nei pazienti sclerodermici non sia stata maggiore rispetto alla popolazione generale. Disponendo di un’ampia casistica di pazienti, stiamo raccogliendo tutti i dati epidemiologici per comprendere se ci sono dei fattori di rischio per i pazienti sclerodermici rispetto al Coronavirus”.
La terapia per questa patologia rara è strettamente legata alle manifestazioni cliniche e si avvale da un lato di farmaci in grado di migliorare il microcircolo (vasodilatatori) e dall’altro di farmaci immunosoppressori allo scopo di inibire l’iperattività del sistema immunitario. Più recentemente sono stati pubblicati studi relativi a farmaci in grado di bloccare l’evoluzione verso la fibrosi.
I farmaci immunosoppressori, in particolare, sono stati messi sotto esame, soprattutto nella prima fase della pandemia, ma, come sostengono i ricercatori dell’ASST Gaetano Pini-CTO, non vi sono allo stato attuale indicazioni rispetto alla sospensione di tali farmaci (come per esempio il cortisone o il tocilizumab) utilizzati nel trattamento delle patologie autoimmuni di interesse reumatologico.
“Dai dati sino a ora a nostra disposizione l’uso di tali farmaci non è associato a una maggiore incidenza di infezione da Covid-19 e/o a una maggiore gravità dell’infezione. Un’eventuale ripresa di malattia legata alla sospensione dei farmaci potrebbe invece rappresentare un serio problema per i pazienti” conclude la dott.ssa Del Papa.