a cura del prof. Gianluigi Mancardi, Presidente del 46° Congresso SIN e Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Genova
Negli ultimi anni lo sviluppo delle terapie nella Sclerosi Multipla (SM) ha avuto una accelerazione formidabile e ora abbiamo a disposizione almeno una decina di farmaci per la malattia. Le terapie di prima linea, a disposizione da circa venti anni, come i diversi tipi di beta interferone (Betaferon, Extavia, Avonex, Rebif) e il Glatiramer Acetato (Copaxone), sono terapie iniettive, con una efficacia modesta ma certamente dimostrata e un profilo di sicurezza molto buono per il paziente, a fronte di non banali effetti collaterali e della necessità di effettuare terapie iniettive giornaliere o tre volte la settimana o anche solo una volta alla settimana o addirittura ogni 15 giorni nelle più recenti formulazioni (Plegridy). Anche se negli ultimi anni si sono andate sviluppando altri farmaci, tali terapie iniettive conservano la loro validità, specie nei casi meno aggressivi, considerata la loro sicurezza.
Le terapie orali per la SM sono oramai diventate una arma terapeutica molto utilizzata e favorevolmente accettata dai pazienti. Fingolimod (Gylenia), Dimetilfumarato (Tecfidera), e in minor misura, Teriflunomide (Aubagio), sono entrati ormai da tempo, specie per il Fingolimod, nell’uso comune. Il Fingolimod (Gylenia) vanta oramai una vasta esperienza anche in Italia e risulta essere un farmaco molto ben tollerato, i suoi effetti collaterali cardiaci all’inizio della terapia sono di modesta rilevanza e transitori, così come raro è il rischio di edema maculare dopo alcuni mesi di terapia.
L’esperienza su Dimetilfumarato (Tecfidera) e Teriflunomide (Aubagio) è in Italia più modesta, anche se si tratta, specie per il Dimetilfumarato, di un farmaco ampiamente utilizzato da tempo nel nord America. Per le terapie orali, comunque, a fronte di un facile uso e, in generale, di un buon profilo di sicurezza, va sottolineato che alcuni possibili rischi, anche di infezioni da agenti virali, seppur rari, comunque esistono.
La SM è una malattia autoimmune e quindi i farmaci immunosoppressivi sono naturalmente efficaci. L’azatioprina, un farmaco immunosoppressore utilizzato da più di 50 anni e di basso costo, è stato recentemente dimostrato avere una efficacia simile a quella dei beta interferoni. Attualmente abbiamo a disposizione farmaci immunosoppressivi di grandissima efficacia, come l’Alemtuzumab (Lemtrada), che si utilizza solo per cinque giorni il primo anno e tre giorni il secondo anno, e che ha un importante impatto positivo sul decorso della malattia, se utilizzato in fase ancora relativamente iniziale, ma che ha effetti collaterali, legati allo sviluppo di altre malattie autoimmuni, di frequente riscontro, con necessità di monitorare costantemente nel tempo gli esami ematochimici.
Nei casi più aggressivi e maligni, e non sensibili alle comuni terapie, l’intensa immunosoppressione seguita da trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche può essere una opzione terapeutica di eccezionale efficacia. Molto recentemente l’Ocrelizumab, un anticorpo monoclonale diretto contro i linfociti B, è risultato essere efficace non solo nelle forme a ricadute e remissione della SM ma anche nelle forme primariamente progressive di malattia, per le quali al momento non esistevano terapie efficaci. È probabile che questo risultato, che sottolinea la rilevanza patogenetica dei linfociti B nella fisiopatologia della malattia, rappresenti una svolta decisiva nella lotta alla SM.
fonte: ufficio stampa