Sembra essersi temporaneamente placata la tempesta tra il Governo e le organizzazioni sindacali mediche, ma sulle spinose tematiche della sanità pubblica regna una surreale quanto breve quiete. Confidiamo che le istituzioni si impegnino a riconoscere al medico un ruolo attivamente decisionale anche nella gestione dei processi e delle politiche della sanità pubblica, al fine di promuovere e soddisfare il crescente bisogno di salute dei cittadini.
Resta tuttavia difficile credere che questo obiettivo possa essere raggiunto in tempi ragionevolmente brevi.
Un tema attorno al quale ruotano i fermenti dei giovani dirigenti medici, riguarda la riforma del sistema di formazione, pre e post laurea, in sinergia con il MIUR e il Ministero della salute. Ogni anno puntualmente si ripropone il pasticcio sull’accesso alle facoltà a numero programmato con le ovvie conseguenze che questo determina negli atenei e nelle famiglie di chi ha sempre sognato una carriera come medico.
È notizia recente che il giudice civile del tribunale di Caltanissetta, ha ritenuto illegittimo il ricorso dell’Avvocatura dello Stato e del Miur secondo cui l’università romena Dunarea de Jos di Galati, aveva aperto una facoltà in territorio italiano, ospite dell’Università di Enna, senza alcuna autorizzazione.
Seppur battezzata quale “estensione formativa in aula remota” in lingua romena, questa facoltà di medicina, sostenuta dal Fondo Proserpina Srl, consente di studiare medicina e ottenere un titolo di Laurea senza neppure dover superare il test d’ingresso.
È forse in atto un superamento del sistema a numero chiuso e un allargamento della formazione sanitaria al mercato privato?
E mentre i 54 studenti che hanno già versato un anticipo da 2.200 euro per la retta universitaria, potranno continuare a frequentare i corsi di Medicina in rumeno, con la sentenza n.1523 del 3 febbraio 2016, come ormai puntualmente accade da anni, il Tar del Lazio ha ammesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia 9000 ricorrenti in sovrannumero per l’anno accademico 2014/2015.
Questa moltitudine di giovani medici dunque, nel biennio 2019-2021 si contenderanno circa 14.000 contratti di formazione specialistica insieme con i concorrenti che negli anni precedenti non hanno superato il concorso nazionale.
Ci ritroveremo dunque in pochi anni ad incrementare l’esercito di medici disoccupati e il numero già alto di precari da stabilizzare? Come mai la politica italiana sembra disinteressarsi alla sempre più crescente necessità di programmazione sanitaria, del turnover lavorativo e di accesso alle carriere sanitarie?
I sindacati dei medici hanno più volte enfatizzato queste carenze e nonostante il recente recepimento della direttiva europea sugli orari lavorativi renda imperativo l’adeguamento del numero di personale sanitario alle sempre più crescenti esigenze di salute, non si percepisce alcuna risposta efficace da parte del SSN.
E così accade che dopo aver investito nella formazione specialistica, l’Italia perda il 25-30% dei neo-specialisti a beneficio di altri sistemi sanitari europei, in particolare verso il Regno Unito dove i medici italiani sono più di tremila, ma anche Francia e Stati Uniti.
Dott. Federico Messina
Delegato Federazione Sindacale Medici Dirigenti (Fesmed) Ferrara.
Acoi Giovani. Commissione Sanità associazione Attiva Ferrara