Sanità e bioetica, quale rapporto?

I rischi di pensare alla sanità come settore nel quale occorre esclusivamente far quadrare i bilanci pubblici, sono forti e talvolta supportati dalla bioetica di matrice liberale ed utilitaria. Ma quale è il rapporto vero tra sanità e bioetica?
Proviamo a dare delle spiegazioni a questioni oggi, bioeticamente e giuridicamente rilevanti. Questioni attuali in un mondo dove la scarsità di risorse economiche e finanziarie appare come irrinunciabile equazione matematica, risolta come orizzonte ultimo per gli stati nazionali attraverso politiche di bilancio fortemente restrittive e dove, come conseguenza logica e tangibile, c’è la mancanza di assistenza sociale e sanitaria, in fondo, la più grande malattia della nostra contemporaneità.

Il rischio bioetico è molto forte quando gran parte della popolazione mondiale non ha accesso alle cure: tutti sembrano essere d’accordo nella volontà di ottimizzare le risorse ed attraverso criteri di giustizia, garantire equità ed efficienza nel comparto sanitario (dove esistente), in modo tale da poter offrire un modello per generare sistemi di cura nei paesi dove la nascita e l’organizzazione degli stessi è solo messa su carta. Ma il problema bioetico appare più complesso: il mondo contemporaneo ha sfide enormi dinanzi, diverse rispetto alle epoche passate. Da un lato esistono ancora malattie inguaribili, scalfibili, ma non del tutto sovvertibili; dall’altro lato si può osservare che, soprattutto nel mondo occidentale, la sanità è percepita sempre più come bisogno per lenire malattie moderne connesse al progresso e, per allungare la vita, la qualità di essa: il benessere in ultima istanza; in tal senso nell’Occidente assistiamo alla crescita della cosiddetta “medicalizzazione della vita”, dalla nascita alla morte.

La soglia del dolore è sostanzialmente frantumata da questa logica dell’oggi. Un altro grande problema scarsamente citato e preso in considerazione, è il fatto che la moderna medicina è legata alla diagnostica che, diversamente rispetto al passato, ha costi notevoli in continuo crescendo, spesso solo in parte considerati nei piani sanitari dei paesi sviluppati. Dinanzi a noi ci sono sfide come quella legata all’alimentazione (sana?), al cattivo utilizzo di medicine (pericoloso è l’utilizzo smodato di antibiotici negli ultimi anni), ai problemi delle intolleranze alimentari, le nuove patologie delle dipendenze (ludopatie, droghe sintetiche di ultima generazione) e le cure non sembrano esserci per tutto, ma ancor peggio per tutti. Il bisogno di salute è ormai diversificato e possiamo dirlo, si è particolarmente reso complesso: c’è bisogno di sanità e c’è bisogno di quadrare i bilanci dello stato; la soluzione è presto trovata attraverso il sistema della compartecipazione massiccia dell’utente alla spesa sanitaria, se non del tutto a carico del cittadino (per chi può, s’intende!).

La bioetica secondo una logica non residuale, ha il compito gravoso ed annoso di indicare una direzione possibile, almeno seguendo dei criteri di giustizia minima. Il mondo vede nelle teorie del libertarismo e dell’utilitarismo, lo stretto contatto con la logica economica più apprezzata ed in voga al momento, ovvero quella del disimpegno da parte statale nelle questioni del sociale e della spesa sanitaria: uno stato minimo deve lasciar fare alle forze del mercato ed esso interviene per assicurare esclusivamente il saldo tra benefici e costi. In breve, sotto un profilo bioetico liber-utilitario, non esiste un dovere morale d’istituire un sistema sanitario pubblico laddove non è presente ed invece dove esistente, occorre guardare alla tutela dell’utile ed alla qualità di vita dei pazienti (QALY) più che offrire il maggior numero di cure possibili con l’impegno ad investire moneta pubblica nella salute di tutti. L’idea è quella di avere un mercato sanitario diversificato ed efficiente che tenda all’ottimalità paretiana, senza perdere di vista la tutela giuridica basilare dell’utente.

Le diversità economiche e sociali del mondo contemporaneo impongono una riflessione strutturale sulla questione bioetica dell’accesso alle cure e sulle possibilità delle stesse di essere concretamente fruibili. La misurazione dei livelli di salute non può non essere connessa alla questione delle possibilità di accesso alle cure e non può essere svilita attraverso il semplicistico sistema delle statistiche su scala globale che non raccontano le storie della sofferenza umana, ma sono interessate esclusivamente alle problematiche di bilancio. Le diverse iniquità su scala globale oltre che locale, causano spesso impossibilità di una reale misurazione dei livelli di salute dei popoli, molti dei quali sono inconsci dei diritti umani riconosciuti da dichiarazioni e trattati internazionali. Questi sono problemi bioetici, fortemente importanti e sono al centro del rapporto evolutivo tra problemi sanitari rapportati all’allocazione delle risorse economiche.

 

Vincenzo Di Lauro

Vincenzo Di Lauro

Laurea in Relazioni e Politiche Internazionali. Master Universitario di II livello in Biogiuridica – Bioetica. Grafico part-time, Orientatore, Community manager. Consulente di scuole di formazione professionale

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