21 dicembre 2016 – La sanità Calabrese conta circa 700 precari di cui la metà aventi i requisiti per la stabilizzazione. Fra questi vi sono (Medici, Infermieri, Sociologi, Tecnici, Fisioterapisti). Il DPCM avrebbe consentito la proroga di tutti i contratti fino a dicembre 2018. Ma si sa in Calabria si fa tutto ed il contrario di tutto. E per questo la Proroga si ferma a giugno 2017.
Quello che viene fuori dal Tavolo Tecnico fra Scura e i DG delle Aziende Ospedaliere è semplicemente un ABORTO.
La sanità Calabrese – aggiunge il responsabile Regionale di CONFINTESA Francesco Anoldo – si regge da tempo grazie al lavoro di personale precario che hanno ormai messo nel cassetto il sogno di un contratto a tempo indeterminato, il DPCM sembrava essere la tanto agognata cura per il male quasi incurabile di coloro che da anni sono affetti dalla precarietà lavorativa. Ma le terapie si sa non sono prive di effetti collaterali…
Nell’attesa che vengano espletati i concorsi è necessario garantire i LEA e prorogare quindi i contratti a tempo determinato fino a Dicembre 2018. Attualmente i LEA vengono garantiti anche dai precari di serie B generati da questo decreto, ossia quel personale che non hanno raggiunto i requisiti per la stabilizzazione. Quale sarà il destino di questi precari “sfortunati?”
La Corte di Giustizia europea con una sentenza del 26/11/2014, ha dichiarato contraria al diritto dell’Unione Europea la normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nella parte in cui prevede la reiterazione, da parte della Pubblica amministrazione dei contratti a termine oltre i 36 mesi (art. 10, comma 4bis, del Decreto Legislativo n. 368/2001) per cui le pubbliche amministrazioni per non incorrere in sanzioni devono limitare i contratti a termine.
Le aziende sanitarie si stanno comportando in maniera molto difforme tra loro per quanto attiene le proroghe dei contratti a termine, in particolare sembra quasi che le aziende sanitarie utilizzino il DPCM e la sentenza della Corte europea come strumento per non prorogare i contratti di coloro i quali non sono in possesso dei requisiti ma che fino ad ora sono stati utilizzati per garantire i LEA e soddisfare l’offerta sanitaria dei cittadini.
In un sistema sanitario nazionale in cui l’età media del personale va a superare la soglia dei cinquant’anni è necessario non perseguire obiettivi puramente ragionieristici col pretesto del risparmio indotto in molte regioni dalla riduzione del disavanzo economico imposto dai piani di rientro. Questa confusione potrebbe dare un unico risultato: quello di un sostanziale impoverimento del servizio, a danno dei cittadini.
fonte: ufficio stampa