Il 10 ottobre torna l’Obesity Day, una “giornata per il paziente” in cui gli specialisti dell’Associazione italiana di Dietetica e Nutrizione clinica saranno a disposizione per interventi gratuiti di informazione, educazione e consulenza sul tema obesità all’interno dei 150 centri di dietologia ADI presenti sul territorio nazionale. Attività fisica e stile di vita mediterraneo i principali consigli della campagna 2016
Padova, 30 settembre 2016 – “Camminare è salute” è il motto della 16ma edizione dell’Obesity Day, la campagna di informazione e sensibilizzazione sull’obesità promossa ogni anno il 10 ottobre dall’Associazione italiana di Dietetica e Nutrizione clinica – ADI, per tramite della sua Fondazione. Una “giornata del paziente” in cui il personale sanitario dei 150 centri di dietologia ADI presenti su tutto il territorio italiano, sarà a disposizione per colloqui gratuiti di informazione e consulenza, valutazioni del grado di sovrappeso e l’individuazione dei percorsi terapeutici nutrizionali più appropriati alla persona.
Nel corso della giornata i professionisti ADI concentreranno la loro attività di sensibilizzazione sui due principali consigli della campagna 2016, ovvero, lo stile di vita mediterraneo e l’attività fisica.
L’obiettivo è quello di promuovere la filosofia della nuova Piramide Alimentare Mediterranea che concepisce l’alimentazione mediterranea come stile di vita quotidiano e non più come dieta. Alla base della nuova piramide, non vi sono più gli alimenti, ma i comportamenti come la convivialità, il movimento, il riposo, la biodiversità, la stagionalità dei prodotti, le attività gastronomiche.
La camminata sarà l’attività fisica primaria consigliata dagli specialisti, il modo più semplice, veloce ed economico di mantenersi in forma passeggiando a passo spedito per 3 volte a settimana e per almeno 45 minuti.
Nella città di Terni, ad esempio, verrà sperimentato in occasione dell’Obesity Day il progetto “Beat the Street – Muoviamo Terni” una sfida che incoraggia le persone a compiere a piedi o in bicicletta brevi viaggi attraverso i quartieri e i parchi della città con l’obiettivo di percorrere almeno 400.000 km nell’arco di 6 settimane. L’intento del progetto è quello di stimolare nell’intera comunità cittadina un cambiamento nei comportamenti e negli stili di vita, incoraggiare le persone a diventare più attive, promuovere la cittadinanza consapevole, rinsaldare vincoli di condivisione e solidarietà.
Le dieci cose da fare o non fare, dire o non dire, per prendere nel verso giusto una dieta
1. Smettere di utilizzare il termine dieta
Il termine dieta deriva dal greco diaita ossia regime di vita; nell’immaginario soggettivo invece a questo termine viene dato il valore di privazione e/o astensione, dal consumare determinati alimenti soprattutto quelli più buoni. Racchiude un concetto di forte negatività per chi deve modificare il proprio stile di vita. Il successo di qualunque intervento sui comportamenti alimentari, è legato alla capacità del dietologo clinico di trasmettere presupposti positivi e non costrittivi. È importante evitare la frase deve stare a dieta, che può essere vissuta come un ordine che implica una minaccia e quindi genera resistenza.
2. Sostituire il termine dieta mediterranea con: stile di vita mediterraneo
L’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) ha iscritto nel 2010 la Dieta Mediterranea nella Intangible Heritage Lists (IHL); dopo circa un anno si è avuta la pubblicazione della nuova piramide alimentare che in qualche modo ne è una conseguenza. Infatti alla base della piramide ci sono i comportamenti caratterizzanti l’area mediterranea e non più gli alimenti: la convivialità, l’attività fisica, il riposo, la biodiversità, stagionalità ed eco-sostenibilità dei prodotti e le attività gastronomiche. Non è un caso se l’immagine grafica è sovrastata dalla scritta “Piramide Alimentare Mediterranea: uno stile di vita quotidiano”.
3. Evitare il proibizionismo esasperato
Le patologie croniche non comunicabili rappresentano una delle sfide più difficili per i Sistemi Sanitari, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo: l’esempio più evidente è quello rappresentato dal diabete e dall’obesità. L’obesità è ormai una patologia epidemica e gli interventi di prevenzione, fino ad ora, si sono dimostrati inefficaci, perché basati sul paradigma della responsabilità personale. È errato ritenere l’obesità come un fallimento individuale, come l’incapacità del singolo di gestire la marea di scelte possibili, come una carenza di controllo degli impulsi. Qualunque proibizione aumenta anche il valore soggettivo che il singolo attribuisce alla cosa proibita e quindi ne accentua il desiderio.
4. Considerare che ciascuna persona ha fatto la scelta migliore
Il medico deve essere in grado di aiutare il paziente ad utilizzare le proprie risorse che sono rappresentate dalla capacità di apprendere e fare, per ottenere il risultato auspicato (dimagrimento). Non deve importare quanto irrazionale possa sembrare il comportamento tenuto in precedenza dal paziente: è importante dargli il beneficio del dubbio. Affermare in modo categorico che sta facendo delle scelte errate spesso, blocca le motivazioni a farne di migliori. Si deve evitare la tentazione a dare giudizi sui comportamenti con aggettivi frustranti del tipo scarsa volontà, immaturo, desideroso di essere ammalato, etc.
5. Ricordarsi che la resistenza ai cambiamenti consigliati è una forma di feedback
La resistenza o non adesione ai consigli in campo alimentare può essere considerata un tipo di feedback che ci avverte che il nostro attuale approccio non sta funzionando e va modificato. Questo presupposto ci consentirà di essere elastici e capaci di modificare i tempi e i modi dell’intervento. Un atteggiamento di questo tipo evita molte delle comuni frustrazioni del dietologo nel momento in cui si rende conto che il paziente dovrebbe fare alcune scelte apparentemente semplici ma non riesce assolutamente ad ottenerne la collaborazione. Avere un approccio bloccato e non dinamico non promuove l’empowerment dei singoli e ne stimola le resistenze. Ricordarsi che non c’è alcun fallimento irrimediabile, fin quando c’è la volontà di tentare di nuovo.
6. Fare attenzione all’identità culturale
Il successo di un intervento finalizzato a modificare le abitudini alimentari è più probabile quando le raccomandazioni sono in linea con l’identità culturale del singolo. Gli alimenti consumati quotidianamente da gruppi di individui rappresentano gli alimenti fondamentali di una cultura. Quelli mangiati solo occasionalmente e/o non dalla media dei soggetti indicano le preferenze individuali e non le abitudini di un gruppo e sono definiti alimenti secondari. È relativamente facile limitare o modificare il consumo di alimenti secondari che non sono significativi per l’autodefinizione e per l’identità culturale.
7. Ricordarsi che c’è un rapporto inscindibile tra alimentazione e piacere
Il piacere legato all’atto alimentare è evento complesso che racchiude elementi qualitativi legati al cibo, sensoriali legati al gusto del singolo, identitari legati alla cultura del gruppo di appartenenza e psicologici legati al vissuto soggettivo. Il rapporto alimentazione-piacere è immediato e indissolubilmente legato al gusto comunemente descritto come il senso che permette la definizione qualitativa di una sostanza in base al sapore, ovvero il senso per mezzo del quale si percepiscono i sapori. Proporre alimenti monotoni che non arrecano alcun piacere, vuol dire mettere in atto un intervento destinato sicuramente al fallimento.
8. Ricordare che la prima colazione è un momento importante
Il ruolo della prima colazione nell’ambito di un’alimentazione sana ed equilibrata è confermato da numerose osservazioni scientifiche. Il consumo regolare di una prima colazione è associato ad una riduzione del rischio di sviluppare obesità, eventi cardiovascolari e diabete. Una intelligente rotazione dei modelli alimentari facilita l’abitudine ad assumere regolarmente una prima colazione completa. Oggi pane, biscotti, fette biscottate e cereali pronti rappresentano la fonte principale di carboidrati complessi della prima colazione. Il latte ed i suoi derivati rappresentano la fonte principale di proteine e lipidi.
9. Non saltare i pasti
È importante non saltare i pasti ma “mangiare poco e spesso” (3 pasti principali e 2 spuntini) sia per non sentirsi appesantiti che per rimanere in forma, condizione necessaria per mantenere uno stile di vita attivo e per non sentirsi privi di forza. In estate, un pronto rifornimento di energia e di nutrienti può essere fornito da tutti gli spuntini a base di frutta, verdura, yogurt, formaggi freschi e leggeri, carne magra e pesce cotto alla griglia, ma anche da snack dell’industria equilibrati dal punto di vista calorico e con il giusto apporto di fibra.
10. Controllare il peso e mantenersi sempre attivo
È vero che il nostro corpo consuma sempre energia, anche quando non ci muoviamo. L’energia di cui ha bisogno è contenuta nel cibo che mangiamo. Se le calorie nei nostri pasti sono troppe, le accumuliamo e ingrassiamo. Ingrassando, aumenta il rischio di patologie metaboliche e cronico-degenerative (obesità, diabete, sindrome metabolica, aterosclerosi). Una vita attiva ci aiuta a mantenerci in forma senza dover fare troppe rinunce. Per raggiungere, e soprattutto mantenere, il peso giusto bisogna intervenire sia sulle ‘uscite’ energetiche (l’attività fisica) che sulle ‘entrate’ (l’alimentazione). Fare le scale a piedi, camminare, ballare, oltre naturalmente alla pratica delle attività sportive, ci aiuterà a mantenerci in forma e a bruciare calorie.
fonte: ufficio stampa