Roma, 19 febbraio 2020 – La robotica in riabilitazione punta a un cambio di prospettiva, con robot più efficienti ispirati ai meccanismi neurali caratteristici del cervello umano. Lo si legge dalla rassegna pubblicata sulla rivista Neuron. Si tratta di un punto derimente, dal momento che è di fondamentale importanza “personalizzare ogni tipo di neuroriabilitazione sulla base di rilevazioni neurofisiologiche individuali” afferma il prof. Paolo Maria Rossini, Capo Dipartimento neuroscienze dell’IRCCS San Raffaele Roma.
“Una medicina ‘personalizzata’ è uno degli obiettivi ancora da realizzare. Lo è per i farmaci (di fatto ancora oggi per una determinata patologia tutti i Pazienti assumono lo stesso farmaco anche se già si sa che per vari motivi – genetici, metabolici, da interazione con altre medicine – alcuni risponderanno di più, altri di meno, e alcuni avranno – spiega Rossini – più effetti collaterali e altri di meno) e lo è ancora di più per le procedure riabilitative in particolare a seguito di lesioni del sistema nervoso. Sono infatti quest’ultime ancora di gran lunga la prima causa di disabilità permanenti”.
“È purtroppo esperienza quotidiana riscontrare che due pazienti che inizialmente avevano un livello di disabilità e lesioni del tutto sovrapponibili recuperano in modo del tutto diverso in termini di autonomie del vivere quotidiano. La causa di questa discrepanza risiede in grossa parte nel fatto che l’intervento riabilitativo – che vede il grosso della sua efficacia nelle prime 8/12 settimane dalla lesione – è sostanzialmente lo stesso sia nel paziente destinato a recuperare molto che in quello che recupererà poco”.
“Ancora oggi quando si programma un intervento riabilitativo si parte dalla conoscenza del sito della lesione, dalla sua estensione e dai deficit del paziente. Poco o nulla ci si basa sulla conoscenza dettagliata dei circuiti neurali residui all’interno dell’area lesionata, della “riserva neurale” (cioè circuiti silenti mai utilizzati che possono esser chiamati in gioco al momento opportuno), della plasticità e capacità di vicariamento del sistema nervoso di quel determinato paziente. Conoscere preventivamente ed in dettaglio tutti questi aspetti (cosa oggi possibile grazie alle tecnologie di neuroimmagini strutturali e funzionali e delle tecniche neurofisiologiche) permetterebbe di pianificare – conclude il Capo Dipartimento di Neuroscienze dell’IRCCS San Raffaele Roma – su basi individuali l’intervento riabilitativo sia tradizionale che tramite sistemi robotici programmabili. Il valore aggiunto della riabilitazione robotica risiede nella sua ripetibilità dell’esercizio e del compito, nella capacità di misurare con precisione la performance, nell’abilità di adattarsi progressivamente al recupero funzionale o di concentrarsi sugli aspetti ancora deficitari. Il tutto – ovviamente – sotto supervisione competente del medico e del tecnico riabilitatore. Spendere un poco di più oggi per spendere molto di meno per il resto della vita di un paziente (se anche non si vuole considerare nel termine di ‘spesa’ la sofferenza individuale e famigliare di chi rimane disabile) dovrebbe essere l’obiettivo di chiunque si occupa di programmazione e di politica sanitaria”.