Milano, 27 settembre 2024 – Sono quasi 400 i trapianti d’organo che ogni anno vengono effettuati all’ospedale Niguarda di Milano: in media uno al giorno, festivi compresi. Ogni intervento è speciale, perché un trapianto può partire solo grazie a quel gesto di profonda solidarietà che è la donazione degli organi.
Ma tra questi 400 ci sono due interventi ancora più speciali, perché si basano su tecnologie che estendono ulteriormente le possibilità di cura. Uno è il primo trapianto di rene gestito interamente da due robot chirurgici; l’altro è l’impiego di un cuore artificiale che, installato nel torace di un paziente, ha permesso di fargli guadagnare tempo prezioso in attesa del vero e proprio trapianto di cuore.
I due interventi sono stati raccontati durante il NiguarDAY, una giornata di spettacoli e concerti gratuiti voluta dall’ospedale per sensibilizzare sull’importanza della donazione organi. Testimonial dell’evento Reginald e Maggie Green, genitori di Nicholas Green: esattamente 30 anni fa un proiettile uccise il bimbo, di soli 7 anni, durante una vacanza in Italia. La famiglia scelse di donare i suoi organi e il gesto contribuì grandemente a innescare la cultura della donazione nel nostro Paese.
“Dietro ogni singolo trapianto – spiega Alberto Zoli, direttore generale dell’ospedale Niguarda di Milano – ruotano ogni giorno centinaia di vite: quelle delle famiglie del donatore e del ricevente, ma anche quelle delle decine di professionisti che si prendono cura del paziente e che rendono materialmente possibile l’intervento. È uno sforzo logistico, organizzativo, chirurgico e clinico senza pari: ospedaliero, regionale e nazionale. Una complessità che si può affrontare solo a partire da centri come Niguarda, veri riferimenti per l’attività trapiantologica dove si concentrano le giuste professionalità, una grande casistica e un alto livello di organizzazione”.
“Ogni passaggio può contare su una macchina straordinariamente efficace, ma è necessario sensibilizzare costantemente la popolazione sull’importanza della donazione degli organi: perché ogni dono è una speranza di vita per i nostri pazienti, ed è un passo in avanti per trattare le tante patologie che oggi vedono nel trapianto l’unica possibilità di cura”, prosegue Zoli.
“Trent’anni fa – raccontano Maggie e Reginald Green – Nicholas ha perso il suo futuro, ma qualcun altro poteva avere quel futuro grazie a lui: sapevamo che era quello che avrebbe voluto. E non ce ne siamo mai rammaricati nemmeno per un momento. C’è però una domanda che pochissimi si pongono, ed è: cosa farei, se mi chiedessero di donare gli organi di qualcuno che amo? La campagna che abbiamo portato avanti per trent’anni si basa su questa idea: è molto più probabile che le persone donino gli organi se le loro menti sono preparate alla scelta. Ma non è affatto semplice, quando un proprio caro muore improvvisamente: bisogna prendere una decisione su un argomento piuttosto spaventoso a cui si aveva a malapena pensato. Per molte persone è troppo e dicono ‘no’, rendendosi conto solo più tardi di aver rinunciato a quella che probabilmente è la migliore opportunità che avranno mai per rendere il mondo un posto migliore. Per questo raccontiamo la storia di Nicholas: la nostra speranza è che anche nei momenti sconvolgenti in cui arriva la morte, le persone ricordino quanto fossero commosse quando avevano letto sui giornali o visto in televisione la storia di una famiglia che aveva contribuito a salvare degli sconosciuti. E che grazie a quello, compiano la scelta giusta”.
Il trapianto di rene con due robot chirurgici
Trapiantare un rene da donatore vivente è ormai una realtà concreta, e vede Niguarda tra i primi centri d’Italia sia per la qualità degli interventi sia per la casistica. Quello che è stato fatto ora è un avanzamento ulteriore: sono state infatti organizzate due sale operatorie adiacenti, ciascuna con un robot chirurgico, ed è stato ‘orchestrato’ contemporaneamente sia il prelievo dell’organo dal donatore vivente, sia il trapianto nel paziente ricevente.
Rispetto al percorso tradizionale, poter contare sui due robot e sulla grande sinergia tra le squadre di specialisti ha permesso di abbattere i tempi dell’intervento, di ridurre al minimo l’invasività, di migliorare il recupero post-operatorio e di ottimizzare al massimo le condizioni dell’organo da trapiantare. Tutti fattori che hanno permesso di incrementare ancora di più la qualità di vita del paziente.
“La chirurgia robotica – commenta Luciano De Carlis, direttore Chirurgia Generale e dei Trapianti all’ospedale Niguarda di Milano e professore ordinario di Chirurgia Generale dell’Università di Milano-Bicocca – fa parte ormai del presente e del futuro dell’attività trapiantologica, soprattutto per il rene”.
“Abbiamo iniziato a fare prelievi di rene robotici nel 2008, tra i primi in Italia, e ad oggi ne abbiamo già fatti oltre 200. Ora abbiamo un vero e proprio programma dedicato anche al trapianto: ne abbiamo già eseguiti 4 ed è un’attività che porterà grandi risultati perché la mininvasività, e soprattutto la rapidità di intervento, ci consentono di aumentare ulteriormente l’efficacia, a tutto vantaggio della persona trapiantata”, prosegue De Carlis.
Il cuore artificiale che diventa vero
La tecnologia è stata determinante anche per un altro paziente di Niguarda con una grave cardiopatia avanzata e un grave scompenso cardiaco. Era in lista per un trapianto di cuore ma le sue condizioni generali si stavano rapidamente deteriorando, rischiando di compromettere irrimediabilmente anche gli altri organi. La soluzione è arrivata con un vero e proprio cuore artificiale totale che i cardiochirurghi hanno impiantato nel petto del paziente, in attesa di poterlo sostituire con un cuore vero.
“Questo – spiega Claudio Russo, direttore Cardiochirurgia e Trapianto del Cuore all’ospedale Niguarda di Milano – ci ha permesso di guadagnare tempo prezioso e di arrivare fino all’intervento definitivo, avvenuto circa 9 mesi dopo, in condizioni di compenso di circolo. Si tratta di un cuore meccanico totale, in tutto e per tutto simile ad un cuore nativo. Il suo impiego è stato determinante in quanto ha permesso al paziente di arrivare al trapianto nelle migliori condizioni”.
“Questo sistema meccanico viene impiantato in pochissimi centri al mondo, dotati delle maggiori esperienze nel trapianto di cuore nell’impianto di cuori artificiali – continua Russo – Rappresenta indubbiamente una risorsa in più per aumentare le possibilità di trapianto per i pazienti in lista d’attesa ed, auspicabilmente, in un prossimo futuro di sostituire totalmente il trapianto”.
Il cuore vero per il trapianto è stato infine reso disponibile grazie a un donatore a cuore fermo (DCD). Questa è un’altra particolarità dell’intervento: l’accertamento di morte in caso di DCD, infatti, in Italia prevede 20 minuti di totale assenza di attività cardiaca con elettrocardiogramma piatto prima di poter procedere con il prelievo.
Un tempo molto più lungo rispetto a quanto richiesto in altri Paesi, durante il quale tutti gli organi, cuore compreso, soffrono per la mancanza di circolazione sanguigna e ossigenazione. Per questo al termine dei 20 minuti di osservazione è stata immediatamente instaurata una circolazione extracorporea, che ha permesso di ripristinare la funzione cardiaca fino al recupero totale del cuore.
Successivamente è stato impiegato anche un sistema di perfusione extracorporea mobile, in grado di mantenere il cuore battente durante il trasporto dell’organo dalla sede di prelievo fino alla sala operatoria di Niguarda. La macchina, grande quanto un piccolo frigorifero, ha permesso infatti all’organo di battere per altre 6 ore e mezza, tempo necessario per essere finalmente trapiantato nel paziente.