Trento, 18 ottobre 2023 – I metalli “bellici” utilizzati per la costruzione di cannoni e artiglieria militare (arsenico, antimonio, rame, ferro, piombo, nichel, stagno, zinco), “liberati” dal ritiro dei ghiacciai, lasciano tracce nelle acque di fusione e vengono assorbiti da parte dei chironomidi, gli unici moscerini acquatici a popolare i gelidi torrenti glaciali.
Uno studio condotto su tre ghiacciai alpini (Lares, Presena e Amola) da MUSE – Museo delle Scienze di Trento in collaborazione con l’Università dell’Ohio e con il sostegno della Fondazione Cogeme ETS di Rovato in Provincia di Brescia, apre nuovi scenari sull’eredità della Prima Guerra Mondiale nelle Alpi italiane e sul suo impatto sulla fauna glaciale.
La ricerca è stata pubblicata i giorni scorsi sulla rivista scientifica internazionale Chemosphere (titolo: “Metal enrichment in ice-melt water and uptake by chironomids as possible legacy of World War One in the Italian Alps”).
Matasse di filo spinato, proiettili, bombe, fucili: i reperti della Prima Guerra Mondiale, rimasti sepolti nei ghiacciai alpini più di cent’anni fa, oggi stanno emergendo a causa del diffuso ritiro dei ghiacciai ed entrando a diretto contatto con i torrenti alimentati dalle acque di fusione glaciale.
Per affrontare una possibile contaminazione emergente di metalli pesanti, le ricercatrici e i ricercatori del MUSE – Museo delle Scienze e dell’Università di Ohio hanno condotto l’analisi chimica delle acque di fusione di tre ghiacciai trentini (Lares, Presena e Amola – gruppo Adamello-Presanella) e la ricerca di contaminanti (metalli pesanti) nelle larve di insetti che le popolano (tutte appartenenti al genere Diamesa).
I ghiacciai analizzati sono luoghi che furono teatro del primo conflitto mondiale tra Italia e Impero austro-ungarico.
I dati
Lo studio ha indagato gli inquinanti lasciati in eredità sulle Alpi dal più alto fronte della Prima Guerra Mondiale e il loro potenziale impatto sugli ecosistemi glaciali. Per farlo, il team di ricerca ha quantificato 31 elementi mediante spettrometria di massa nell’acqua e nelle larve del moscerino Diamesa zernyi provenienti dai tre torrenti glaciali analizzati.
Gli elementi rinvenuti nelle acque dei torrenti sono stati interpretati utilizzando il fattore di arricchimento crostale che determina quali siano gli elementi maggiormente concentrati rispetto al valore di fondo dato dalla composizione della crosta terrestre), mentre l’assorbimento larvale è stato quantificato adottando il fattore di bioaccumulo (che è il rapporto tra la concentrazione nell’animale e la concentrazione nell’acqua).
Dati alla mano, nell’acqua sono stati osservati arricchimenti, da bassi a moderati, per antimonio e uranio nel torrente Presena e per argento, arsenico, bismuto, cadmio, litio, molibdeno, piombo, antimonio e uranio nel torrente Lares. Le larve hanno accumulato i diversi elementi in concentrazioni fino a novantamila volte superiori rispetto a quelle dell’acqua.
In particolare, le larve raccolte nel torrente Lares hanno accumulato la maggior quantità di metalli e metalloidi, compresi quelli maggiormente utilizzati nella fabbricazione dell’artiglieria (arsenico, rame, nichel, piombo e antimonio). Tra questi, rame, nichel e zinco rientrano tra gli elementi essenziali per la vita, ma le concentrazioni osservate nelle larve dei siti più contaminati superano quelle attese per il loro fabbisogno (se così non fosse la loro concentrazione sarebbe identica o confrontabile nelle tre popolazioni studiate).
“I moscerini che abbiamo studiato – spiega Valeria Lencioni, coordinatrice dell’Ambito Clima ed Ecologia del MUSE – sono gli unici insetti che riescono a colonizzare le gelide acque dei torrenti glaciali, dove le condizioni ambientali sono considerate estreme per la vita. Il cibo è scarso e le larve hanno l’intestino pieno di limo glaciale che fissa sulla propria superficie i metalli e li può veicolare nel corpo dell’animale. Si nutrono probabilmente dei batteri che crescono sulla roccia, essendo scarsi o assenti alghe e il detrito organico. Le specie del genere Diamesa sono considerate indicatrici di glacialità e sono minacciate di estinzione dai cambiamenti climatici che alterano l’unico ambiente in cui sono adattate a vivere”.
“I dati raccolti – conclude Lencioni – destano preoccupazione per il nichel, accumulato in una concentrazione vicina a quella considerata critica per la sopravvivenza di altri insetti testati in laboratorio (es. il moscerino del genere Chironomus)”.
In conclusione
I metalli “bellici” sono stati bioaccumulati maggiormente nelle larve provenienti da siti più vicini al fronte di guerra, con effetti ancora sconosciuti sul loro metabolismo e sulle possibili ricadute sulla catena trofica nei tratti più a valle.
Questi risultati forniscono prove preliminari della contaminazione delle acque e del bioaccumulo di metalli e metalloidi da parte della fauna glaciale come possibile eredità della Prima Guerra Mondiale nelle Alpi.
Il progetto
Il titolo del progetto di ricerca è “The toXiC Legacy of the highest World War One Alpine front and its potential IMpact on the glacial ecosystems”. Lo studio è stato condotto da MUSE – Museo delle Scienze di Trento in collaborazione con l’Università dell’Ohio (The Ohio State University, Columbus OH, School of Earth Sciences, and Byrd Polar and Climate Research Center), centro di eccellenza nel settore della chimica ambientale in aree glacializzate del pianeta.