Udine, 26 agosto 2022 – Dal 16 marzo 2022 è stato aperto presso la Clinica di Reumatologia dell’ospedale di Udine, diretta dal prof. Salvatore De Vita, un ambulatorio settimanale per la vaccinazione di pazienti affetti da malattie immunoreumatologiche che a causa della malattia e delle terapie immunosoppressive sono a maggior rischio di herpes zoster.
In larga parte si tratta di pazienti affetti da malattie autoimmuni croniche come l’artrite reumatoide, o meno frequenti o rare, come il lupus, la sclerodermia o le vasculiti, che vengono usualmente trattate con farmaci che deprimono costantemente il sistema immunitario.
Il personale medico, infermieristico e amministrativo della Clinica e della Direzione Medica si integra con il Dipartimento di Prevenzione per la gestione del percorso, realizzando quindi un modello di sinergia tra ospedale e territorio.
Nell’arco di 4 mesi di attività sono state somministrate 80 dosi di vaccino per 40 pazienti che hanno quindi completato il ciclo vaccinale, riscontrando una grande partecipazione e soddisfazione da parte degli stessi pazienti che, in un unico appuntamento, si vedono proporre durante le visite di controllo la somministrazione di un vaccino dallo stesso personale che ne ha in cura la salute. Ad oggi non è stato segnalato alcun effetto collaterale dopo la vaccinazione.
Questa attività di vaccinazione/prevenzione è stata associata anche ad un progetto di ricerca sulla efficacia e sicurezza di questo vaccino nella popolazione di pazienti immunoreumatologici, data la mancanza di dati specifici e il costante aumento di interesse della comunità scientifica rispetto all’immunizzazione dei pazienti immunodepressi.
“Questa è la prima esperienza nazionale di vaccinazione per Herpes Zoster da parte di una Clinica di Reumatologia – affermano gli specialisti della Struttura – I pazienti immunodepressi cronici necessitano di un costante riferimento al proprio specialista di fiducia, anche per l’indicazione alle vaccinazioni. Questo servizio, dunque, semplifica il percorso vaccinale dei pazienti in carico alla Clinica e genera continuità di cure tra la Medicina territoriale e l’Ospedale”.
Approfondimento Herpes Zoster
L’herpes zoster, noto anche come fuoco di Sant’Antonio, è causato dalla riattivazione del virus varicella-zoster, lo stesso virus che causa la varicella. L’infezione primaria da virus varicella-zoster provoca varicella. Una volta che la malattia si risolve, il virus rimane latente nel sistema nervoso periferico e in particolare nei gangli della radice dorsale o di alcuni nervi cranici come il trigemino.
Il virus può riattivarsi più avanti nella vita di una persona e determinare un’eruzione cutanea maculopapulare dolorosa che prende il nome di herpes zoster, o fuoco di Sant’Antonio. La nevralgia posterpetica è la complicanza più comune dell’herpes zoster. Si tratta di un dolore che compare nell’area dell’eruzione cutanea e può persistere per più di 90 giorni dopo l’insorgenza dell’eruzione, o addirittura per anni.
Il rischio di una persona di avere questa complicanza dopo il fuoco di Sant’Antonio aumenta con l’età. Gli anziani hanno maggiori probabilità di avere un dolore più duraturo e più grave. Circa il 10-13% delle persone di età pari o superiore a 60 anni con herpes zoster è a rischio della nevralgia posterpetica.
Vi sono poi anche altre complicazioni: il coinvolgimento oculare con esiti gravi, inclusa la perdita della vista; infezioni batteriche delle lesioni cutanee, paralisi dei nervi cranici e periferici; e il coinvolgimento di organi importanti, come il cervello, i polmoni e fegato.
I pazienti immunodepressi
Le persone con un sistema immunitario compromesso, di cui fanno parte i pazienti con malattie autoimmuni croniche come l’artrite reumatoide e o il lupus eritematoso sistemico, hanno maggiori probabilità di avere l’herpes zoster, anche nella forma più grave, e le complicazioni relative. Queste persone è più probabile che abbiano un’eruzione cutanea grave e di lunga durata e sviluppino herpes zoster disseminati.
L’artrite reumatoide è la malattia autoimmune sistemica cronica più comune, con una prevalenza in Italia intorno allo 0,5-1,0%. Ne sono affetti circa 600.000 italiani. Colpisce più frequentemente donne in età postmenopausale. La grande maggioranza dei pazienti con artrite reumatoide richiede spesso cortisone e un trattamento immunosoppressivo per tutta la vita, in particolare con farmaci che mantengono depresso il sistema immunitario nel tempo.
Questi pazienti presentano un rischio da due a tre volte maggiore di herpes zoster (12-15 eventi per 1000 pazienti/anno) rispetto alla popolazione generale. Lo stesso discorso vale per pazienti più giovani, come quelli affetti da altre malattie autoimmuni sistemiche come il lupus, che nonostante la giovane età, a causa delle terapie immunosoppressive hanno un rischio aumentato di herpes zoster. L’aspetto importante da considerare è che questo rischio resta elevato per tutto l’arco della vita, dal momento che le malattie da cui sono affetti questi pazienti sono croniche e richiedono trattamenti di lunga durata.
Il vaccino
Uno dei motivi che ha limitato fortemente la protezione contro l’herpes zoster fino ad ora è che il vaccino vivo attenuato disponibile (Zostavax) contro l’herpes zoster è controindicato nei pazienti che ricevono trattamenti immunosoppressivi, per il rischio di disseminazione della malattia.
Recentemente è stato approvato anche in Italia un nuovo vaccino ricombinante adiuvato contro l’herpes zoster per la vaccinazione degli adulti. Questo vaccino (Shingrix) induce una forte risposta immunitaria cellulare e umorale negli adulti sani indipendentemente dall’età ed è risultato efficace anche in popolazioni di pazienti con sistema immunitario compromesso. La protezione si mantiene poi per almeno 4 anni dopo la vaccinazione.
Per questi motivi, il vaccino zoster ricombinante (Shingrix) è il vaccino raccomandato per prevenire l’herpes zoster e le sue complicanze nella popolazione immunocompromessa. Infatti, Shingrix fornisce una forte protezione sia contro l’herpes zoster ma soprattutto con la nevralgia posterpetica. Le due dosi di Shingrix (a distanza di almeno 4 settimane l’una dall’altra) sono efficaci per oltre il 90%.