Roma, 10 ottobre 2024 – Un’esplosione nel 2012 durante la guerra in Siria l’aveva privata della vista ad entrambi gli occhi. L’innesto della prima cornea artificiale ibrida, frutto della ricerca italiana, le ha restituito tre decimi di acuità visita e la possibilità di tornare a vedere. Rasha, rifugiata palestinese dalla Siria, è una dei primi tre pazienti sottoposti al trapianto della prima cornea artificiale ibrida, sviluppata in Italia e pensata per persone ad alto rischio di rigetto.
Intra-ker, la prima cornea artificiale italiana
La nuova cornea artificiale si chiama Intra-ker, è stata messa a punto dal prof. Massimo Busin dell’Università degli Studi di Ferrara in collaborazione con Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ETS, ed è un dispositivo sintetico che viene inglobato all’interno di due strati di tessuto corneale proveniente da donatore ed innestato nell’occhio del paziente.
“Ogni anno nel mondo si effettuano 185mila trapianti di cornea, tuttavia 7mila trapianti falliscono e 12.7 milioni di cittadini a livello globale restano in attesa di trapianto. Il dispositivo Intra-ker è stato ideato come una protesi ottica intracorneale e può essere utilizzato come cornea artificiale in interventi ad hoc, a scopo compassionevole, in pazienti per i quali il normale trapianto di cornea sistematicamente fallisce perché l’occhio non tollera la cornea da donatore” spiega il prof. Massimo Busin, ordinario all’Università di Ferrara.
“Il dispositivo in polimetilmetacrilato si compone di una parte ottica centrale e di estremità periferiche che servono a stabilizzare la protesi nell’occhio – spiega il chirurgo oftalmologo – la protesi viene inserita avvolta da due sottili innesti di cornea da donatore, forniti dalla banca degli occhi e ricavati dall’isolamento di uno strato interno, chiamato “pre-descemetico”, spesso solo una decina di micron. Questi due sottili lembi evitano il rischio di estrusione della protesi e, vera chiave di volta di questo processo, mantengono nel tempo la loro trasparenza permettendo al paziente di tornare a vedere. Un dato che, in chirurgia corneale, non era mai stato osservato prima”.
I primi tre interventi, effettuati su altrettanti pazienti tra febbraio e maggio 2024 presso le strutture di Ospedali Privati Forlì, a distanza di oltre quattro mesi offrono risultati incoraggianti.
La funzione dei tessuti da donatore
Anche per la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, responsabile della validazione e dell’invio dei tessuti provenienti da donatore, si tratta della prima preparazione di tessuto per trapianto di questo genere: “Per il mondo dell’eye banking è il primo trapianto dello strato profondo della cornea senza endotelio, una novità assoluta – afferma Diego Ponzin, Presidente di Fondazione Banca degli Occhi del Veneto – per accompagnare il dispositivo artificiale i nostri tecnici hanno isolato due tessuti ricavati da due donatori, che nella sezione centrale prevedono solo questo strato quasi impercettibile chiamato “pre-descemet”. Dalle analisi condotte in Fondazione Banca degli Occhi emerge che questa porzione conserva intatta una trasparenza del 70 per cento”.
Il trapianto di cornea artificiale ideato dal prof. Massimo Busin con l’ausilio della banca degli occhi veneta, si trova oggi al centro di un progetto di ricerca finanziato dal PNRR e guidato dal prof. Teresio Avitabile, ordinario dell’Università degli Studi di Catania, che vede coinvolti per la fase clinica anche il prof. Vincenzo Scorcia dell’Università degli Studi Magna Græcia di Catanzaro e il prof. Marco Mura dell’Università di Ferrara.