Regione Veneto, medico di famiglia vittima del Covid scrive al presidente Luca Zaia

On. Luca Zaia

Verona, 3 novembre 2020

Gentile Presidente,

Lei ama farsi passare per un amministratore che non bada a fronzoli, che va dritto al punto: con questo approccio ha emesso una ordinanza per i medici di famiglia sui tamponi rapidi, che ha superato il confine, anche positivo, del decisionismo tracimando purtroppo in un autoritarismo, davvero molto poco autorevole.

Il documento regionale, nella sostanza, interpreta punitivamente un già inconsistente, e inadeguato, accordo nazionale tra il maggior sindacato medico e la controparte pubblica, licenziato la scorsa settimana (tra titoli a tutta pagina e applausi), che da una lato impone l’obbligatorietà per i medici di fare i test per il coronavirus, dall’altro prevede la necessità che fossero fatti in sicurezza.

Una condizione, questa ultima, che di fatto nell’attualità, esclude la maggioranza degli ambulatori, oltre l’80% delle strutture, e impone alle istituzioni pubbliche di mettere a disposizione locali adeguati, personale, e, in tutti i casi, sufficienti dispositivi di protezione personale.

Ma Lei, Governatore, a questo pasticcio ha voluto aggiungere anche la ciliegia sulla torta: nei confronti di migliaia di professionisti veneti ha usato un tono superfluamente ‘muscolare’ che tutti i giornali, infatti, hanno riportato come fosse un atto di guerra, di vera e propria precettazione nei confronto di chi è in prima linea sul territorio nella battaglia contro il Covid-19.

Tra le conseguenze più comuni di questa delibera, è bene che lo sappia: siamo sommersi da centinaia di richieste di tamponi, nonostante la Regione non abbia ancora predisposto nulla. Ore di telefonate e spiegazioni sottratte alla cura dei pazienti.

Presidente, con questa lettera non le faccio sconti e ci metto la faccia come medico e sindacalista, anche perché come medico di famiglia, in questo mesi, ho dovuto metterci, purtroppo, anche il mio corpo e la mia salute. Dopo 7 mesi sono finalmente uscita dall’ospedale dove i miei colleghi (che ringrazio ogni giorno) mi hanno curato da questa “bestia”, il Covid-19, che mi ha colpito duramente portandomi due volte in fin di vita in rianimazione (ma ancora lotto con le conseguenze della malattia). Un “male” che mi ha preso in “ostaggio” molti mesi fa mentre facevo appunto il mio lavoro, tra i miei pazienti, senza, purtroppo, adeguati dispositivi di sicurezza, assenti per precise responsabilità politiche.

Torno a casa, parlo con i miei colleghi e mi ritrovo in mezzo a questa vergognosa polemica. Mesi fa, ci avete detto che eravate impreparati, la Regione, ma anche il Governo centrale, ora dopo molti mesi siamo ancora una volta disarmati, eppure da mesi chiediamo assunzioni per potenziare il territorio, ma voi non avete fatto nulla in tal senso.

Ancora una volta il copione è lo stesso: mettere in trincea i medici. In questo caso, per i tamponi, sono di nuovo quelli di famiglia, di continuità assistenziale e del 118. Sempre puntando sull’emergenza e il sacrificio delle persone, come è già successo con me. Sembra di assistere agli assalti sul Carso nella prima guerra mondiale, ordinati dal tristemente noto generale Cadorna e impietosamente raccontati dal regista Francesco Rosi nel film “Uomini contro”. Non vorrei che passasse alla storia quale novello Cadorna perché sono certa che non lo merita, avendo sempre dimostrato moderazione e senso pratico.

Infine, una provocazione, gentile Governatore: per fare un tampone, basta fare un mini corso non è necessario un medico, vada lei è la sua giunta a farli, magari viene anche il ministro Speranza (che ha tanto celebrato l’accordo nazionale) senza dispositivi di sicurezza, come chiedete a noi. Il Politico, il buon amministratore che ama fare il decisionista a volte può anche dare il buon esempio, visto che quello cattivo lo avete già dato.

Per le superiori ragioni abbiamo detto che quell’accordo nazionale è inadeguato rispetto alla gravità della situazione, e abbiamo considerato la sua delibera un abuso interpretativo.

Speranzosa che la mia sofferenza (non solo la mia) come medico non sia solo un aneddoto ma una utile testimonianza, le chiediamo di prendere la strada giusta, quella della tutela dei cittadini, tutelando i medici e di rivedere toni e contenuti del suo provvedimento.

Dott.ssa Franca Mirandola
Dirigente nazionale Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti-Fismu
Medico di famiglia di Verona

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