Con il ritiro dei ghiacciai le interazioni tra piante e impollinatori diventano più fragili, rischiando di rendere l’intero ecosistema più vulnerabile ai cambiamenti ambientali in atto e meno resiliente. È il risultato della ricerca di un’equipe internazionale di scienziati coordinato dall’Università Statale di Milano, effettuata nell’area del ghiacciaio del Mont Miné nelle Alpi Svizzere e pubblicata su Ecography
Milano, 12 novembre 2024 – I ghiacciai si stanno ritirando, questo ormai è noto. Ma che cosa succede alla terra una volta libera dal ghiaccio? Che tipo di nuovo ecosistema si viene a formare?
Per capire l’impatto del ritiro dei ghiacciai su biodiversità e funzionamento dei sistemi ecologici, un’équipe internazionale di scienziati dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con l’University of Lausanne, con l’Università Sapienza di Roma e con l’Università di Modena e Reggio Emilia, ha preso in esame le interazioni tra piante e impollinatori e ha scoperto che il ritiro dei ghiacciai mette a rischio la stabilità delle relazioni tra piante e impollinatori, fondamentali per la biodiversità.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Ecography è stato effettuato nell’area del ghiacciaio del Mont Miné nelle Alpi Svizzere, un luogo in cui i ghiacciai si sono costantemente ritirati a causa dell’aumento delle temperature globali.
Utilizzando una modellazione ecologica avanzata basata sulla teoria delle reti che analizza l’ecosistema sulla base delle interazioni tra molte specie diverse, i ricercatori hanno identificato i meccanismi chiave nell’evoluzione di queste interazioni su un arco temporale di 140 anni.
È così emerso che le specie di piante in una prima fase formano connessioni altamente specializzate con i loro impollinatori, creano relazioni di mutua dipendenza e “mutua assistenza”. Ad esempio, piante pioniere come l’epilobio (Epilobium fleischeri) sono risultate avere relazioni forti e uniche con impollinatori specifici, assicurando il successo riproduttivo alla pianta e risorse alimentari agli impollinatori.
Tuttavia, con l’arretramento dei ghiacciai e l’aumento della colonizzazione da parte della foresta, hanno iniziato a dominare piante come il rododendro (Rhododendron ferrugineum), una pianta “super-generalista” che interagisce con una più ampia varietà di impollinatori, indebolendo la solidità della rete complessiva.
“Nelle prime fasi del ritiro del ghiacciaio, abbiamo riscontrato che molte specie vegetali formavano interazioni specializzate con gli impollinatori, creando una rete molto fitta e robusta. Ma con l’avanzare del ritiro e la maturazione dell’ecosistema, in particolare con l’arrivo della foresta e la scomparsa delle praterie, abbiamo assistito a uno spostamento verso specie più generaliste. Se da un lato queste specie generaliste possono adattarsi a una gamma più ampia di partner, dall’altro formano con loro connessioni più deboli, che potrebbero rendere l’intero ecosistema più vulnerabile ad ulteriori cambiamenti ambientali” spiega Gianalberto Losapio, ricercatore del Dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale di Milano e coordinatore della ricerca.
Il team ha utilizzato un approccio interdisciplinare unico, concentrandosi sui “motivi di rete”, piccoli schemi di interazione all’interno di una rete più ampia. Si è visto così che con l’arretramento dei ghiacciai e il cambiamento degli ecosistemi, questi piccoli motivi passano dall’essere altamente connessi a diventare più frammentati, il che è un indicatore critico di ridotta resilienza.
“Questo studio è stato condotto sulla fronte di un ghiacciaio subalpino, ma il ritiro dei ghiacciai avviene in tutto il mondo. Per comprendere appieno gli impatti globali, abbiamo bisogno di studi simili in altre regioni” conclude Losapio.