Il 18 novembre c’è stato il settimo Antibiotic Day, giornata dedicata in Europa (in partnership con USA e Nuova Zelanda) al corretto uso degli antibiotici e alla sensibilizzazione sul tema della resistenza di alcuni batteri anche ai farmaci antibiotici di ultima generazione.
Il rapporto dell’European Center for Diseases Control – ECDC – Centro Europeo per il Controllo delle Malattie con sede a Stoccolma, pubblicato proprio in occasione dell’Antibiotic Day dimostra in maniera inequivocabile come l’utilizzo continuo, prolungato e soprattutto non controllato degli antibiotici, possa causare non pochi problemi e principalmente, sotto il profilo strettamente sanitario, effetti negativi sulla popolazione in età lavorativa.
L’Italia anche in questo caso, è maglia nera nelle statistiche per il non corretto utilizzo delle terapie antibiotiche e specialmente per la cosiddetta “mancata risposta” agli antibiotici per alcuni batteri, con percentuali che si attestano intorno al 35%; in sei anni questa percentuale è passata dall’1% ai livelli attuali, quasi come senza controllo.
In sintesi, la tendenza all’aumento all’antibiotico-resistenza in Italia, deve essere necessariamente invertita. È scritto nel rapporto che, a livello europeo, continua ad aumentare la “mancata risposta” ai fluorochinoloni e alle cefalosporine di terza generazione per l’Escherichia coli e la resistenza alle cefalosporine di terza generazione per la Klebsiella pneumoniae. Inoltre si nota un incremento della resistenza ai carbapenemi da parte del batterio Klebsiella.
Nonostante questo quadro negativo, molti paesi Europei sono riusciti a riportare la resistenza a livelli più bassi.
Il rischio bioetico si palesa con la sua evidenza nella misura in cui la resistenza agli antibiotici di particolari batteri può causare una degenerazione sanitaria di proporzioni enormi, troppo spesso sottovalutata. Se da un lato la produzione su scala industriale è adeguata, dall’altro esiste un concreto problema di accesso alle cure per fasce di popolazione e, contemporaneamente, una questione legata alle terapie antibiotiche che talvolta vengono fornite con molta superficialità da parte dei medici di base.
La tendenza in atto mette in luce anche un altro aspetto, ovvero la cattiva informazione sanitaria di parte rilevante di persone non in grado di accedere economicamente alle terapie antibiotiche basilari, spesso a causa della crisi economica. Di contro, la diffusione su vasta scala delle informazioni legate alla salute fa si che l’antibiotico non è visto come ricorso in ultima istanza per curare patologie complesse o non curabili diversamente, ma spesso viene assunto come fosse medicinale di automedicazione, sotto consiglio di parenti, amici, quasi sotto forma esperienziale.
Queste tendenze, possono essere invertite solo da una combinazione di interventi efficaci i cui cardini sono la promozione dell’uso prudente di antibiotici anche nel territorio e di strategie efficaci di controllo per bloccare la diffusione di batteri multiresistenti nelle strutture di assistenza. È tuttavia evidente, per evitare rischi per la salute della popolazione, provvedere – come auspica anche il rapporto dell’ECDC – ad una robusta e strutturata campagna di sensibilizzazione sul tema da parte degli stati nazionali, campagna in grado di evidenziare benefici e rischi delle terapie antibiotiche e promuovere l’automedicazione corretta, la responsabilità morale oltre che sanitaria del medico di base, un’informazione sanitaria completa e scevra da interessi di grandi gruppi della farmaceutica.