Piero Barbanti, professore di neurologia all’Università telematica San Raffaele di Roma e responsabile del Centro per la diagnosi e la cura delle cefalee e del dolore dell’IRCCS San Raffaele Roma-Pisana: “L’epidemia del coronavirus ha determinato in tutti l’insorgenza di paure e fobie e rischia di innescare una cosiddetta malattia psicogena di massa, ovvero una sorta di follia collettiva ispirata dalla contagiosità della paura”
Roma, 10 marzo 2020 – “Stiamo assistendo ad una clamorosa sincronizzazione emotiva di massa, in grado potenzialmente di resettarci. Le grandi gioie, ma anche le grandi sofferenze collettive, sono spesso salutari dal punto di vista psicologico. Non dimentichiamo – afferma il neurologo Piero Barbanti, prof. di neurologia all’Università telematica San Raffaele di Roma e responsabile del Centro per la diagnosi e la cura delle cefalee e del dolore dell’IRCCS San Raffaele Roma-Pisana – che il miracolo economico è stato sostenuto dal coraggio e dalla capacità visionaria di orfani e vedovi della tragedia della seconda guerra mondiale”.
L’epidemia del coronavirus ha determinato in tutti l’insorgenza di paure e fobie e rischia di innescare una cosiddetta malattia psicogena di massa, ovvero una sorta di follia collettiva ispirata dalla contagiosità della paura. In queste ore si registrano lunghe file anche disordinate all’ingresso dei supermercati, proprio nel momento in cui le autorità invitano al distanziamento sociale.
“La paura delle malattie, comunemente chiamata ipocondria, riguarda circa il 5% degli italiani. Ora però assistiamo allo slatentizzarsi di comportamenti ansiosi e ossessivi in alcuni soggetti predisposti che nulla hanno a che vedere con le necessità reali. Il rischio grave è rappresentato dal cosiddetto contagio sociale. Le persone tendono a essere empatiche e ad emulare i comportamenti in genere, grazie all’attività dei neuroni specchio, responsabili della nostra socialità; tuttavia stiamo però bene attenti perché l’ansia non solo è molto più contagiosa delle malattie infettive ma riduce anche la logicità dei nostri comportamenti”.
In ogni caso, considerate la situazione di emergenza che stiamo vivendo si possono immaginare anche conseguenze positive. “Finora, il benessere ci ha portato a ricercare un’autonomia narcisistica con l’illusione che vivere significasse essere orgogliosamente indipendenti. La conseguenza – conclude Barbanti – è stata il distacco emotivo dall’altro, una scarsa solidarietà e pochi progetti comuni. Ora saremo tutti sincronizzati sullo stesso obiettivo: la sconfitta del virus. Bisogna cogliere l’opportunità data dalle norme restrittive per riscoprire un sentire comune, la necessità dell’ascolto e la naturalezza dell’attesa. Potremo riconquistare un tempo più lento per vivere e per disegnare i nostri progetti ed i nostri sogni”.