Protesi mammarie e rischio tumori, nessuna indicazione scientifica evidente di questa associazione

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L’Università Politecnica delle Marche ne studia gli effetti già dal 2016. Il livello di porosità delle protesi mammarie non sembra essere associato all’insorgenza del tumore ALCL (linfoma anaplastico a grandi cellule)

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Immagine di cellule staminali, immunocitochimica

Ancona, 4 giugno 2019 – Le cellule staminali sono da anni oggetto di studio in quanto possono dare origine a tutte le cellule che compongono il nostro organismo. Oltre a questa eccezionale capacità, più di recente, si è scoperto che le cellule staminali sono in grado di modulare (sia aumentando che inibendo) il grado di infiammazione del microambiente. L’infiammazione è riconosciuta come un fenomeno molto spesso associato all’insorgenza e allo sviluppo del tumore.

Le protesi mammarie possono essere utilizzate sia per scopi ricostruttivi dopo interventi di asportazione del seno per motivi oncologici, che per motivi cosmetici in pazienti che desiderano migliorare l’estetica mammaria. Ad oggi sul mercato sono disponibili sia protesi con superficie liscia che porosa (testurizzata) di diverse forme e volumi.

È di questi giorni la notizia che alcune protesi al seno potrebbero aumentare il rischio di insorgenza di una forma rara di tumore, il linfoma anaplastico a grandi cellule (ALCL). Tuttavia, non ci sono indicazioni evidenti di questa associazione, né quale caratteristica delle protesi potrebbe stimolare l’insorgenza tumorale. Tra le altre ipotesi il grado di porosità della superficie delle protesi è stato considerato come fattore patogenetico, ma solo con studi retrospettivi e mai con approcci sperimentali.

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Prof. Giovanni Di Benedetto

Sulla base di questa evidenza scientifica è stato condotto uno studio su pazienti portatrici di differenti tipi di protesi al seno (protesi micro-testurizzate e macro-testurizzate). Durante interventi di sostituzione protesica eseguiti presso la Clinica di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell’UNIVPM diretta dal prof. Giovanni Di Benedetto, una piccola biopsia di tessuto peri-protesico è stato prelevato e utilizzato presso il laboratorio di Istologia dell’UNIVPM (prof. Roberto Di Primio e dott.ssa Monia Orciani) per l’isolamento delle cellule staminali. Tali cellule sono quindi state coltivate e utilizzate per esperimenti di biologia molecolare e cellulare. In dettaglio si è voluto capire, attraverso le staminali isolate, il grado di rischio di insorgenza di tumore.

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Dott.ssa Monia Orciani

I risultati ottenuti indicano che le staminali isolate da tessuto peri-protesico prelevato in seguito a rimozione di protesi micro e macro-testurizzate si comportano alla stesso modo: producono infatti la stessa quantità di fattori capaci di sostenere un microambiente infiammato senza però agevolare la crescita di cellule tumorali in vitro. In questa fase possiamo dunque affermare che il livello di porosità delle protesi mammarie non sembra essere associato all’insorgenza del tumore ALCL (linfoma anaplastico a grandi cellule).

La collaborazione fra l’Istituto di Istologia (Prof. Roberto Di Primio, dott.ssa Monia Orciani) e la Clinica di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva (prof. Giovanni Di Benedetto, dott. Matteo Torresetti) dell’Università Politecnica delle Marche, ha portato alla produzione di diversi studi scientifici pubblicati su riviste internazionali sin dal 2016, mirati ad identificare la possibile correlazione fra le protesi mammarie e l’insorgenza di patologie neoplastiche della mammella, e tuttora sono in corso ulteriori progetti in merito all’argomento.

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