Programma Nazionale Equità nella salute, SMI: “Per colmare il divario dei servizi tra Nord e Sud occorrono nuovi medici”

Roma, 20 gennaio 2022 – “Diamo un giudizio positivo  sui contenuti progettuali alla base dell’incontro partenariato con Ministero della Salute per il Programma Nazionale Equità nella salute”, così Cristina Patrizi e Liliana Lora della Direzione nazionale del Sindacato Medici Italiani (SMI) presenti all’incontro di oggi di partenariato con Ministero della Salute per il Programma Nazionale Equità nella salute.

“Non possiamo che essere d’accordo con quanto previsto dal Programma Nazionale Equità nella salute che dovrà ricevere un finanziamento complessivo pari a 625.000.000€, di cui 250.000.000€ a carico del FESR e 375.000.000€ a carico del FSE, da destinare alla realizzazione di progetti in tema di salute, finalizzati alla promozione dell’equità nell’accesso ai servizi sanitari e socio-sanitari, nei territori delle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia; il problema vero è legato alla mancanza dei medici”.

“La carenza dei medici e in particolare sul territorio: medici di medicina generale, come specialisti e medici del sistema di emergenza. Ciò è ancor più grave nelle regioni  del  Sud e nei piccoli paesini e nelle aree disagiate, ma incomincia ad essere presente  anche nella città  dove, ormai, la carenza di personale medico è un dato strutturato”.

“Per questo chiediamo che si faccia tutto il possibile per rimuovere le incompatibilità per i giovani medici e che  si incentivi l’immissione di nuovi medici creando le condizioni organizzative  ed economiche  per ricoprire le zone vacanti”.

“Costruire case di comunità senza prevedere l’implementazione strutturale di personale non risolverà il problema dell’ assistenza. Va tutelato, assolutamente, il ruolo del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta nell’ambito della riorganizzazione territoriale, lasciando agli stessi la centralità dell’assistenza territoriale, anche nell’ambito delle Case della Comunità, rafforzandone il ruolo in merito all’accoglienza, all’orientamento e alla valutazione dei bisogni sanitari. Questo vale ancora di più nelle regioni meridionali  dove l’esigenze di cure mediche insoddisfatte, dichiarate dai pazienti risultano essere tre volte maggiori al Sud e nell’isole rispetto al Nord-Est del Paese”.

“La pandemia ha acuto il divario tra i servizi regionali. Il bisogno di sicurezza sanitaria deve essere affrontato con la resilienza del Servizio Sanitario Nazionale valorizzando l’assistenza di base. Sosteniamo, per questo, la necessità di utilizzare parte dei finanziamento per implementare la medicina scolastica e tutte quelle misure  per la medicina generale volte a stimolare i medici a restare nel settore. Occorre un piano nazionale per aumentare le borse per il triennio universitario, garantire giuste remunerazioni ai medici del 118 e battere la precarietà nel lavoro medico”.

“Per la specialistica ambulatoriale è fondamentale l’aumento del numero dei posti in specializzazione con la riduzione dell’imbuto formativo e la necessità di garantire in questa situazione anche ai medici specialisti ambulatoriali le misura di tutela attuate per i dipendenti (vedi il decreto Cura Italia che non  ha considerato questa ipotesi) e tutela della maternità” dichiara Maria Santina Bianchi di FESPA (Federazione Specialisti Ambulatoriali), presente all’incontro.

“Faremo pervenire all’Unità di Missione per l’attuazione degli interventi del PNRR del Ministero della Salute tutte le nostre idee e proposte, perché i finanziamenti possano tradursi in azioni utili e valide. Siamo del parere che per “giocare ci vogliono i giocatori” e il personale medico deve essere sostenuto e potenziato. In questo modo si riuscirà a ridurre il divario e garantire la salute nei territori delle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia” concludono.

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