Roma, 4 agosto 2016 – Mappare la costa rocciosa del Mediterraneo su una lunghezza complessiva di 23mila chilometri per studiare i meccanismi di erosione attraverso le variazioni del livello del mare: questo l’obiettivo del progetto scientifico Geoswim, coordinato dall’Università di Trieste in collaborazione con ENEA, che nella sua prima missione 2016 ha fatto tappa al Conero nelle Marche.
La particolarità di questo progetto sta nel fatto che il team di ricercatori lavora in acqua con maschera e pinne, spingendo a nuoto un piccolo laboratorio galleggiante, dal nome mitologico Ciclope, equipaggiato con due telecamere, un sonar e una sonda per le analisi chimico-fisiche.
“Esplorando la costa da vicino, metro dopo metro e sotto il pelo dell’acqua – sottolinea Fabrizio Antonioli, geomorfologo ENEA che da tre anni partecipa alle spedizioni di Geoswim – possiamo osservare ciò che satelliti e imbarcazioni non riescono a vedere. In questo modo riusciamo a rilevare le variazioni della costa ‘in continuo’, studiare i meccanismi di erosione costiera e di formazione delle grotte marine e individuare la presenza di sorgenti d’acqua dolce. Tutte queste informazioni ci permettono di calcolare le recenti variazioni di livello del mare”.
“Geoswim – aggiunge Antonioli – è iniziato quattro anni fa con un obiettivo ambizioso: mappare tutta la costa rocciosa del Mediterraneo, percorrendo a nuoto sia la sponda europea che quella africana, passando per Turchia e Medio Oriente. Fino ad allora, invece, erano stati studiati solo pochi tratti rocciosi del Mediterraneo”.
Il progetto si focalizza anche sullo studio di fauna e flora, come molluschi, patelle e balanidi che vivono attaccati alla roccia, ma anche piante e alghe, per raccogliere dati anche sulle condizioni ambientali, la presenza di acque dolci e l’azione erosiva delle onde.
“I rilievi – spiega il responsabile del progetto Geoswim Stefano Furlani, geomorfologo dell’Università di Trieste – consistono principalmente nell’osservazione e nella mappatura delle forme costiere, ad esempio grotte, solchi marini e marmitte che sono cavità della roccia profonde e strette, oltre a raccogliere dati come temperatura e conducibilità. Tutte queste informazioni sono georeferenziate, ovvero accoppiate ad una precisa posizione geografica e di profondità”.
La spedizione al Conero, che ha indagato il tratto di Adriatico tra Portonovo e Sirolo in provincia di Ancona, ha visto la partecipazione nel team di ricercatori-subacquei anche delle Università di Urbino e ‘La Sapienza’ di Roma. “Abbiamo individuato – sottolinea Furlani – i solchi marini della costa e dei faraglioni detti le Due Sorelle, uno dei luoghi simbolo della riviera del Conero. Queste scanalature sulla roccia sono indicatori molti importanti, che raccontano la storia ultracentenaria di questo luogo attraverso i movimenti della crosta terrestre e le variazioni del livello del mare”.
“Negli ultimi 300 anni – aggiunge Antonioli – il promontorio del Conero è stato interessato da significativi movimenti di frana. Infatti dai nostri rilievi è emersa una presenza ridotta di organismi marini litorali lungo le falesie a picco sul mare a causa di ammassi di rocce poco stabili e della alta energia delle onde. In alcuni punti è stato rilevato il solco di battente attuale, che ci indica una generale stabilità tettonica di tutto il Promontorio. Inoltre, abbiamo individuato anche un’alga particolare, l’Ulva Lactuca, conosciuta anche come lattuga di mare, tipico indicatore della presenza in mare di sorgenti di acqua dolce”.
Dopo la prima campagna del 2012, nella quale sono stati percorsi 250 km da Sissano in Istria fino a Trieste, Geoswim ha proseguito la sua missione a Malta, in Sicilia (Egadi e Ustica), in Sardegna (alcune isole dell’arcipelago della Maddalena, Capo Caccia e Tavolara) e nel Lazio (promontorio di Gaeta), percorrendo a nuoto un totale di 600 km. Prossima tappa in Grecia.
fonte: ufficio stampa