La Legge 40 sulla Procreazione Medicalmente Assistita, dopo anni è stata spazzata via da una recente sentenza della Corte Costituzionale che di fatto, ha aperto un nuovo fronte per le coppie sterili ed infertili. Ma occorre una nuova legge o sarà il far west bioetico a regnare sovrano sulle scelte delle Regioni?
In Italia si è solito dire: fatta la legge, trovato l’inganno, ebbene, mai espressione popolare si adattata di più alla storia della Legge 40/2004 sulla PMA. Dopo anni di confronto parlamentare, a seguito delle innovazioni tecnologiche e cliniche sulla procreazione separata dall’atto unitivo-procreativo di matrice cattolica, l’Italia è riuscita a dotarsi di un impianto normativo che offre la possibilità a coppie sterili ed infertili di ricorrere a tecniche specialistiche di procreazione. Come sempre, ne è venuta fuori una legge atipica, vetusta e non rispondente alle esigenze della contemporaneità. Non per caso a giugno 2005, ci fu un referendum abrogativo che dopo battaglie ed appelli alle coscienze, politici e cardinali nelle università e dibattiti al catechismo, non raggiunse il quorum – anche a seguito della massiccia mobilitazione ecclesiastica a favore della legge e dei limiti fortemente restrittivi che essa poneva nelle modalità di accesso e di sperimentazione.
Dopo pochi anni iniziarono ad arrivare le prime sentenze dei tribunali, sollecitati dai ricorsi di diverse coppie; sentenze che demolirono pezzi dell’articolato normativo, soprattutto per quanto concerne il consenso informato, la salute della donna, le tecniche sperimentali, la fecondazione eterologa. In soccorso della Legge 40 arrivarono le linee guida ministeriali (2005 e 2008) che fecero a pugni con la Legge 194/78 e non risolsero il problema delle ulteriori sentenze dei vari tribunali. Nel 2014 infine, giunge la pronuncia della Corte Costituzionale che fa cadere il divieto più caro a determinati settori della società italiana, ovvero quello della fecondazione eterologa. In sintesi, dopo circa 28 sentenze di vari tribunali, il palese conflitto con le norme a tutela dei diritti umani in ambito europeo e la sentenza della Consulta, la Legge 40/2004 è sostanzialmente superata dieci anni dopo la sua promulgazione.
Subito dopo la sentenza della Corte Costituzionale, il rischio bioetico si palesa con forza quando la Regione Toscana annuncia la possibilità presso le proprie strutture sanitarie di poter effettuare la PMA anche in versione eterologa, già a partire da giugno 2014. Ma non basta, si apre il conflitto di attribuzione normativa sulla vicenda, tra Regioni e Stato centrale in special modo sulla parte che riguarda il ticket (necessario o meno?) e sulle eventuali spese da sostenere (chi le sostiene: la coppia o lo Stato/Regione?). Caduto l’ultimo paletto della legge, non si torna indietro, almeno si evitano però, i rischi del turismo procreativo che in 10 anni l’Italia ha potuto conoscere guardando a Spagna ed Ucraina come mete di destinazione di coppie che desideravano un figlio a tutti i costi.
Rimangono molti lati oscuri in questa vicenda in salsa italiana che tuttavia apre comunque delle speranze enormi alle coppie, soprattutto quelle che desiderano accedere alla fecondazione eterologa. I problemi, che non possono essere certamente superati con dichiarazioni ideologiche dei vari presidenti di Regione, né con un nuovo turismo procreativo verso la Toscana, devono essere affrontati con una normativa leggera dello Stato, meno invasiva, a tutela della donna, che guardi alla scienza come stella polare, ma che tuteli in ogni caso la vita futura: una nuova legge che possa dare possibilità e che possa essere meno ideologica e più aconfessionale possibile. Una nuova legge che eviti il far west procreativo, che chiarisca bene competenze e possibilità per le coppie, che contenga elementi qualificanti di tutela dei diritti umani e che possa scongiurare rischi bioetici da risolvere attraverso ulteriori sentenze della magistratura.