Roma, 23 giugno 2020 – L’emergenza Covid-19 ha prodotto conseguenze rilevanti, non solo in ambito clinico ed economico, ma ha anche lasciato significative ripercussioni psicologiche. Uno studio pubblicato da “The Lancet” ha recentemente preso in analisi le ripercussioni psicologiche in Cina, evidenziando come, superati i dieci giorni di isolamento, la mente inizi a cedere, e, a partire dall’undicesimo giorno, emergano stress, nervosismo ed ansia, i cui effetti diventano più gravi al traguardo del 15esimo giorno di lockdown.
Inoltre, la società di ricerca “Open Evidence” ha condotto un’indagine in Italia, Spagna e Regno Unito, da cui è emerso che in Italia il 41% della popolazione è, attualmente, “a rischio salute mentale” a causa di vari fattori di vulnerabilità socio-economica (tale percentuale sale al 46% in Spagna e al 42% nel Regno Unito).
Mentre lo Studio condotto dall’Università dell’Aquila in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata e pubblicato sulla rivista “MedRxiv”, rivela come, su un campione di 18mila persone, il 37% degli intervistati presenta sintomi da stress post traumatico, il 20% ansia severa, il 7% insonnia e il 21% stress.
I costi di questa epidemia saranno, dunque, alti anche dal punto di vista psicologico ed è stato stimato che saranno 300mila o più, le persone che svilupperanno disturbi psichici, soprattutto tra coloro che hanno meno risorse e meno capacità di adattamento.
Per questo, in questa fase, appare più che mai fondamentale che clinici, istituzioni, industria e Associazioni pazienti uniscano le forze per individuare adeguati percorsi terapeutici e gestionali per tali pazienti e rivalutare quanto già strutturato ante Covid per i pazienti già affetti da simili patologie.
Un confronto online per ripartire
Questi i temi al centro della Web Conference “Lockdown vs salute mentale: la tutela del paziente nell’era Covid-19”, organizzata da MA Provider, con il contributo di Lundbeck e Otsuka. L’iniziativa si è posta l’obiettivo di stimolare il dibattito tra Associazioni pazienti, clinici, istituzioni e industria al fine di individuare soluzioni innovative condivise, alla luce di una attenta analisi delle ripercussioni, sia di ambito clinico che gestionale, che la pandemia ed il conseguente lockdown, avranno su ‘nuovi’ e ‘vecchi’ pazienti, peraltro estremamente fragili.
“Nei giorni scorsi il Ministero della Salute ha illustrato i risultati di un’indagine condotta dal Gaslini di Genova sull’impatto psicologico della pandemia sui minori. Dallo studio è emerso che, a causa del lockdown, dovuto all’emergenza coronavirus, il 65% dei bambini sotto i 6 anni e il 71% di quelli sopra ha avuto problematiche comportamentali di varia natura e sintomi di regressione. La ricerca ci conferma timori e indizi che avevamo. In questi mesi si è spesso discusso sulla questione del lockdown e della condizione dei bambini. L’indagine dimostra che essere stati tenuti così forzatamente in casa, senza amici, scuola, senza nonni e zii e senza quella serie di abitudini che sono un elemento di sicurezza, su molti di loro ha prodotto conseguenze”, ha spiegato la Sottosegretaria di Stato alla Salute Sandra Zampa.
Il bilancio della Società Italiana di Psichiatria e l’importanza della telemedicina
La Società Italiana di Psichiatria SIP si è attivata con molteplici iniziative per non far sentire soli i propri pazienti. Ciò che è emerso da un questionario inviato a dipartimenti e servizi ospedalieri su quanto avessero ridotto la loro attività ha mostrato dati significativi: solo il 14% degli ambulatori è rimasto chiuso e il 25% ha avuto un orario ridotto, mentre il 75% delle visite è stato fatto da remoto.
“Questa sostanziale non chiusura e la tecnologia hanno permesso ai pazienti di continuare i trattamenti sia di tipo farmacologico che di supporto psicoterapeutico – ha spiegato Enrico Zanalda, Presidente SIP – Società Italiana di Psichiatria – Molti di questi strumenti hanno rivelato tutta la loro efficacia. L’auspicio è che la telemedicina sia implementata nella routine clinica anche in carenza di epidemia Covid. I pazienti, da parte loro, hanno risposto abbastanza bene: coloro che hanno difficoltà nelle relazioni sociali si sono adeguati meglio; quelli con difficoltà a rimanere in casa faticavano a rispettare la non uscita, tanto che dal 4 maggio non siamo più riusciti a contenerli. Tuttavia, durante il lockdown c’è stato un aumento di richieste per ansia, per paura del contagio, timore di uscire o di rimanere isolati. Adesso ci troviamo di fronte a un aumento di crisi depressive d’ansia legate alla crisi economica che molte persone hanno sofferto ed alla paura che nei prossimi mesi possa esserci un peggioramento della situazione economica. In particolare, per la fase estiva e quella immediatamente successiva, quando alcune persone capiranno che le loro attività non potrà ripartire, si teme un aumento dei suicidi”.