a cura del prof. Ruggiero Francavilla, Servizio di Gastroenterologia Pediatrica, Dipartimento Interdisciplinare di Medicina – Sezione di Pediatria, Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Bari
Tre miliardi di anni fa, l’unica forma di vita erano i batteri che colonizzavano tutto lo spazio a loro disposizione (aria, terra, acqua) e quando, molto tempo dopo, circa qualche milione di anni fa, comparirono le prime forme di vita evoluta, i batteri invasero anche queste per determinare quello che diventerà un rapporto inscindibile. Numeri e spazio caratterizzano questa convivenza, infatti i batteri superano di circa dieci volte il numero delle cellule di ogni singolo individuo e occupano una superficie pari a circa un campo da tennis. I batteri presenti nel nostro intestino sviluppano un genoma che supera di cento volte il genoma umano che codifica funzioni indispensabili per la nostra sopravvivenza quali la sintesi di vitamine, il metabolismo dei sali biliari, la degradazione di metaboliti e l’estrazione di energia. Questo legame indissolubile ha fatto recentemente proporre il termine di “superorganismo” per identificare l’insieme di cellule umane e microbiche e di “organo dimenticato” per identificare il ruolo svolto dal microbiota intestinale.
Era dopo era, millennio dopo millennio, l’uomo e i batteri si legano per sempre in un legame simbiotico, dove l’uomo garantisce una casa e il cibo, e i batteri ricambiano con attività metaboliche e immuno-modulazione. Si stabilisce in tal modo simbiosi perfetta caratterizzata da una forma di coevoluzione: il microbiota migliora lo stato di salute dell’uomo che a sua volta gli garantisce un habitat per la sopravvivenza (più vive l’uomo e più vivranno le specie microbiche).
Al parto la madre, nel passaggio del feto attraverso il canale vaginale, gli dona milioni di anni di evoluzione, il microbiota perfetto; in seguito allattando il bambino al seno e tenendolo a contatto della sua pelle, continuerà la sua opera di facilitazione della colonizzazione ideale. Il microbiota si forma durante la prima settimana di vita e in seguito si consolida nel primo anno per acquisire le sue connotazioni definitive entro i primi tre anni. Lo stato di salute e della struttura del microbiota, in cui i microrganismi con potenziali benefici per la salute predominano in numero rispetto a quelli potenzialmente dannosi, è definita “eubiosi”. Al contrario, per “disbiosi” si identifica una condizione in cui sono dominanti una o più specie batteriche potenzialmente dannose che vanno a costituire le comunità patogenetiche dove a favorire uno stato di malattia non è un batterio nello specifico ma un insieme “esplosivo”.
L’alterazione della normale composizione del microbiota, perturba il rapporto mutualistico tra l’ospite e il microbiota che diviene “disbiotico” e può causare o contribuire allo sviluppo di patologie aumentando il rischio di infezioni, la crescita di microorganismi potenzialmente patogeni e lo sviluppo di malattie infiammatorie.
I disturbi funzionali gastrointestinali (FGID) sono definiti come una combinazione variabile di sintomi gastrointestinali cronici o ricorrenti non spiegato da anomalie strutturali o biochimiche. Poiché i FGIDs nell’infanzia sono correlati all’età del paziente, la Fondazione DI Roma ha istituito due commissioni pediatriche per identificare i criteri per la diagnosi FGID: il neonato e il bambino (fino a 4 anni) di vita e il bambino adolescente (di età compresa tra 4 a 18 anni).
Le coliche infantili, il reflusso gastro-esofageo e la stipsi sono i FGIDs più comuni che portano i lattanti alle visite pediatriche durante i primi sei mesi di vita e sono spesso responsabili di ricovero. Questi disturbi causano inoltre un frequente cambio di alimentazione, uso di farmaci, aumento dell’ansia genitoriale e perdita di giornate lavorative con le relative conseguenze sociali.
Sebbene i FGIDs sono stati considerati come processi autolimitanti, è stata dimostrata la presenza di una infiammazione della mucosa intestinale nei bambini affetti da questi disturbi. Questo primo insulto traumatico per l’intestino può rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di altri disturbi funzionali in età adulta e primo tra tutti la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e problemi psicologici nelle epoche successive della vita.
Lavori recenti indicano un ruolo cruciale del microbiota intestinale nella patogenesi dei disturbi gastrointestinali e ci sono molti studi che dimostrano l’efficacia della terapia probiotica per malattie specifiche come coliche, rigurgiti e stipsi. L’effetto di un probiotico potrebbe svolgere un ruolo cruciale nella modulazione dell’infiammazione intestinale. La guida di un cambiamento della colonizzazione durante le prime settimane di vita attraverso la supplementazione di probiotici può promuovere un miglioramento della permeabilità intestinale e iperalgesia viscerale.
La somministrazione di un probiotico in modo preventivo può rappresentare una nuova strategia per prevenire tali condizioni, almeno nei bambini predisposti. Tra i probiotici, è importante affidarsi a microrganismi validati da studi clinici controllati che rappresentano il grado massimo di evidenza clinica. Allo stesso modo, è necessario sottolineare che l’efficacia di un probiotico deve essere valutata per ogni singolo ceppo preso in considerazione.
L’intestino funge da interfaccia tra un’estesa superficie mucosale e il mondo esterno. Ormai è ben noto che i microbi residenti nel tratto intestinale giocano ruoli importanti nello sviluppo del sistema immunitario, e interagiscono con il sistema nervoso centrale. Le implicazioni di queste interazioni in salute e malattia sono sempre più evidenti e in alcuni casi le manipolazioni degli ecosistemi microbici suggeriscono un beneficio significativo.
La maggior parte degli studi eseguiti fino ad oggi, utilizzando probiotici per manipolare il microbiota intestinale e per prevenire o trattare le malattie, sono stati spesso empirici e sono necessarie ulteriori profonde evidenze per comprendere i fini meccanismi che regolano la flora indigene e le loro interazioni con l’ospite, soprattutto in una fase di intenso sviluppo, prima di poter avere la certezza di poter manipolare l’ecosistema microbico intestinale.
fonte: ufficio stampa