Arezzo, 12 novembre 2018 – Oggi ricorre la Giornata Mondiale dedicata alla cura della polmonite, giunta alla decima edizione e promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Unicef.
La polmonite è una infiammazione del polmone dovuta a varie cause (tossiche, immunologiche, infettive) anche se di solito quando si parla di polmonite si intende quella da cause infettive, cioè batteri, virus e altri microrganismi.
Dobbiamo distinguere tra polmoniti acquisite in comunità (polmoniti comunitarie) e quelle acquisite in ospedale (polmoniti ospedaliere).
Dati nazionali indicano che le polmoniti comunitarie si verificano in circa 5-15 casi/1000 abitanti per anno, di cui circa 1 su tre richiedono il ricovero in ospedale, con una mortalità che varia da meno del 2% nelle forme trattate a domicilio, 10-15% se ospedalizzate e punte anche superiori al 40% se richiedono le cure in terapia intensiva.
“Ad Arezzo – spiega Raffaele Scala direttore Pneumologia Arezzo – i numeri sono in linea con i dati nazionali considerando una stima di circa 4 mila casi all’anno, di cui poco più di 900 necessitano di cure ospedaliere e poco meno di 100 sono stati ricoverati in terapia intensiva. La polmonite comunitaria rientra tra le prime 6 cause di ricovero nella nostra provincia con costi non indifferenti. I decessi per polmonite ha colpito circa il 12% dei pazienti ospedalizzati con un tasso triplo per chi ha dovuto avere le cure intensive”.
Le polmoniti ospedaliere complicano il ricovero del 1-3% dei pazienti ammessi in ospedale per altre cause con valori che raggiungono il 20% per i casi che necessitano di cure intensive. Purtroppo i dati sulla mortalità sono meno incoraggianti rispetto alle polmoniti comunitarie con una stima di decessi che supera il 15% dei casi e raggiunge anche il 70% per i casi ricoverati in terapia intensiva e sottoposti a ventilazione artificiale. Ad Arezzo, i numeri non si discostano da quelli nazionali con notevole impatto in termini di prolungamento della degenza e dei costi di gestione.
“Entrambi i tipi di polmonite – ricorda Scala – si verificano per lo più in categorie a rischio quali anziani con preesistenti malattie respiratorie e cardiache, il diabete mellito scompensato, stati di ridotto funzionamento del sistema immunitario da varie cause (tumori, chemioterapia, radioterapia, farmaci biologici e cortisonici prolungati, AIDS e malattie ematologiche), dipendenza da fumo alcool e stupefacenti, malattie neuromuscolari (come SLA e distrofie) e in tutte quelle malattie neurologiche e non neurologiche in cui la capacità di tossire e di deglutire risulta compromessa (demenza, Parkinson, malattie dell’esofago)”.
La presenza di febbre alta associata a tosse con o senza catarro giallastro o rugginoso, dolore toracico e fatica nel respirare nonostante uso di antipiretici richiede la visita da parte del medico di medicina generale che può richiedere una radiografia del torace per confermare la presenza di polmonite. Negli anziani soprattutto può presentarsi con sintomi non respiratori come il peggioramento dello stato mentale.
Prima viene fatta la diagnosi e prima può essere iniziata la cura mirata sulla base di esami di sangue e delle urine che consentono di identificare buona parte dei comuni agenti infettivi alla base della malattia. Una cura iniziata precocemente evita le complicanze.
Quindi, non vanno trascurati i sintomi iniziali della Polmonite che possono essere scambiati con una banale infezione delle vie aeree superiori come la tracheo-bronchite.
La polmonite si può prevenire, grazie alla vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica gratuite per le categorie a rischio e oltre i 65 anni. Un’ influenza può essere complicata da polmoniti batteriche in soggetti fragili e lo pneumococco è la causa infettiva più frequente di polmonite.
“La Pneumologia di Arezzo – conclude Scala – ha ricoverato più di 100 casi di polmonite gravi durante l’anno in corso di cui 45 sono stati trattati nella unità di terapia intensiva pneumologia (UTIP) con ventilazione meccanica non invasiva e ossigenoterapia ad alti flussi e spesso sottoposti a broncoscopia per una diagnosi tempestiva della causa della stessa. Buona parte di questi pazienti sono risultati affetti da gravi patologie concomitanti come la bronco pneumopatia cronica ostruttiva e enfisema polmonare, lo stato di tossicodipendenza, le malattie reumatologiche e cardiovascolari, il diabete e l’uso di farmaci soppressori immunitari”.
Di solito è il medico di medicina generale che risolve la polmonite con una terapia adeguata, quando invece riscontra o sospetta una polmonite potenzialmente grave e letale che richiede il ricovero ospedaliero per eseguire accertamenti e cure che non possono essere a domicilio, invia il paziente in ospedale sotto la cura del pneuomologo.
I segnali che devono fare allarmare sono una febbre resistente a terapia data a domicilio, una progressiva fatica respiratoria con conseguente abbassamento dell’ossigeno e della pressione sanguigna.