Decisivi per la loro stesura gli studi degli ematologi di Università Cattolica – Policlinico A. Gemelli IRCCS. Le persone affette da tumori del sangue sono a maggior rischio di malattia grave e di mortalità in caso di Covid-19. La mortalità in epoca pre-vaccinale era del 31% e riguardava principalmente i pazienti con leucemia mieloide acuta (la malattia che ha colpito l’allenatore Sinisa Mihajlovic), mentre attualmente è scesa al 9% grazie all’introduzione di vaccini anti Covid-19 e terapie innovative (antivirali e anticorpi monoclonali). Oggi i pazienti più a rischio sono quelli con malattie linfoproliferative (linfoma, mieloma e leucemia linfatica cronica), nelle quali il vaccino ha una minore efficacia, pur restando fortemente consigliato. Laddove fallisca il vaccino, vengono in aiuto gli anticorpi monoclonali e gli anti-virali, da soli o in combinazione. Queste le informazioni contenute nelle linee guida di trattamento dell’ECIL, attualmente in stampa. In Italia ogni anno si registrano circa 25-30 mila nuovi casi di soggetti con malattia oncoematologica
Roma, 7 aprile 2022 – Quale rischio corre un paziente affetto da malattia oncoematologica se contrae il Covid-19? E qual è la sua risposta i vaccini e alle terapie anti-SARS-CoV-2? Sono le domande alle quali ha cercato di dare risposta un vasto studio internazionale (EPICOVIDEHA), patrocinato dalla Società Europea di Ematologia (EHA) e coordinato dal prof. Livio Pagano, Direttore dell’UOC di Ematologia Geriatrica ed Emopatie Rare del Dipartimento Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica ed Ematologia Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Professore associato di Ematologia, Università Cattolica del Sacro Cuore campus di Roma, che ha coinvolto circa 100 centri clinici in circa 27 nazioni europee ed extra-europee.
I risultati di questo studio hanno guidato nella stesura delle prime linee guida di trattamento sull’argomento, quelle dell’ECIL (European Conference on Infections in Leukemia and Stem Cells Transplantation), coordinate dal prof. Livio Pagano insieme al professor Simone Cesaro dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, di prossima pubblicazione sulla rivista Leukemia.
“Lo scorso anno, in epoca pre-vaccinale 2020 – ricorda il prof. Livio Pagano – è stato pubblicato un primo studio su 3.800 casi di emopatie maligne (linfomi, leucemie, mieloma). In questo setting abbiamo registrato un tasso di mortalità del 31 per cento. Poi, da febbraio 2021 abbiamo cominciato a vaccinare i nostri pazienti. In epoca pre-vaccinale, il più alto tasso di mortalità lo osservavamo nei soggetti con leucemia mieloide acuta (la malattia che ha colpito Sinisa Mihajlovic, ex calciatore e attuale allenatore del Bologna), meno nei linfomi e nei mielomi. Ma dopo l’introduzione delle vaccinazioni e delle terapie anti-Covid (anticorpi monoclonali e antivirali), il quadro è cambiato radicalmente. Uno studio italiano coordinato da Francesco Passamonti (Università dell’Insubria), al quale ha preso parte anche il nostro gruppo, ha dimostrato che i pazienti con malattie linfoproliferative (linfomi, mielomi e leucemia linfatica cronica) dopo il vaccino mostrano una bassa sieroconversione; il vaccino insomma sembra funzionare poco, perché solo il 16-30% di questi pazienti presenta la comparsa di anticorpi dopo la vaccinazione”.
“Da queste premesse – prosegue il prof. Pagano – abbiamo deciso di effettuare un ampio studio (EPICOVIDEHA), patrocinato dalla Società Europea di Ematologia (EHA) e da noi coordinato, per valutare l’andamento del Covid-19 nei pazienti oncoematologici vaccinati (le cosiddette infezioni breakthrough). Lo scorso marzo, abbiamo pubblicato un report preliminare sulla rivista Blood, sui primi 119 casi raccolti, mentre lo studio definitivo, chiuso a fine febbraio 2022, ha incluso un totale di oltre 1.500 casi”.
In questa popolazione di vaccinati, i casi Covid-19 registrati sono stati a carico soprattutto dei pazienti affetti da forme linfoproliferative (linfomi, mielomi e leucemia linfatica cronica) e questo conferma l’osservazione di un minor funzionamento del vaccino anti-Covid in questa categoria di pazienti.
“Tra i vaccinati – sottolinea il prof. Pagano – si è osservata tuttavia una riduzione dei casi severi-critici; questo significa che il vaccino permette comunque di proteggere dalle forme gravi di infezione e di ridurre il numero dei ricoveri. Ma soprattutto, il fatto più importante è che il tasso di mortalità tra i pazienti oncoematologici vaccinati è sceso dal 31 al 9%, senza differenze tra le diverse varianti di Covid-19; nei pazienti affetti da leucemia mieloide acuta, il tasso di mortalità è risultato uguale a quello osservato nelle altre emopatie maligne”.
Da sottolineare anche il fatto che la variante Omicron, per questi pazienti è tutt’altro che un ‘raffreddore’. “L’Omicron – afferma Pagano – non è meno aggressiva delle altre varianti e può dar luogo a forme gravi-critiche. Purtroppo abbiamo visto infezioni sia dopo due dosi, che dopo la cosiddetta ‘terza’ dose e adesso cominciamo a vedere casi di Covid-19 anche nei pazienti che hanno fatto la quarta dose. La maggior parte di questi pazienti è stata vaccinata con i vaccini a mRNA, ma non abbiamo riscontrato grandi differenze di risultato tra i diversi vaccini”.
Una novità molto importante, anche alla luce dell’efficacia non ottimale del vaccino in alcuni di questi pazienti, è rappresentata dalla recente introduzione delle terapie anti-Covid-19 (anticorpi monoclonali e antivirali). “Quelli che funzionano meglio – sostiene il prof. Pagano – sono gli anticorpi monoclonali (sulla variante Omicron funziona il sotrovimab) e soprattutto l’associazione anticorpi monoclonali-antivirali. Sui pazienti con forme asintomatico-lievi, il successo è totale con i soli anticorpi; nelle forme severe-critiche è meglio ricorrere all’associazione monoclonali-antivirali, che riduce la mortalità del 90% nella malattia critica, ponendosi dunque come vera e propria terapia salvavita”.
I fattori aggravanti la prognosi nei pazienti oncoematologici che contraggono il Covid-19 sono una malattia ematologica non controllata, l’età avanzata, la presenza di comorbilità; fattori favorevoli per la prognosi sono invece l’impiego di trattamenti con antivirali o anticorpi monoclonali, da soli o in combinazione.