Svelato il meccanismo con cui il cervello controlla paura e ansia in presenza di stimoli non potenzialmente pericolosi. Lo studio del team del prof. Benedetto Sacchetti dell’Università di Torino – INN ha importanti risvolti per capire i meccanismi cerebrali coinvolti nei disturbi d’ansia e post-traumatici
Torino, 23 marzo 2018 – Per sopravvivere, gli animali, incluso l’uomo, non possono attendere le conseguenze degli eventi per valutare la presenza di un potenziale pericolo. Il nostro cervello ha sviluppato quindi meccanismi in grado di dedurre le conseguenze delle azioni o degli eventi sulla base delle esperienze pregresse. Ad esempio, se un evento in passato è stato associato a un pericolo, la sua ricomparsa determinerà immediatamente risposte di fuga o di difesa.
Anche stimoli nuovi che somigliano a quello pericoloso potranno innescare comportamenti difensivi, così da consentire una difesa efficace anche in presenza di nuovi potenziali pericoli. Al contrario, stimoli nuovi marcatamente diversi da quelli pericolosi non indurranno risposte di difesa che risulterebbero inappropriate e controproducenti.
Questi processi di inferenza sono essenziali nella vita di tutti i giorni: se sono deficitari, si possono scatenare patologie come i disturbi di ansia e i disturbi post-traumatici da stress, in cui stimoli innocui determinano risposte di paura e ansia.
Da tempo è noto che l’amigdala, struttura presente nel cervello di tutti i mammiferi, svolge un ruolo chiave nei processi legati al pericolo e alla paura: aumenta infatti enormemente la propria attività in presenza di stimoli pericolosi, innescando i comportamenti di difesa.
Oggi uno studio dell’équipe di ricerca coordinata dal prof. Benedetto Sacchetti del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e dell’Istituto Nazionale di Neuroscienze (INN) – pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications – dimostra che l’attività dell’amigdala è importante non solo per innescare i comportamenti di difesa in presenza di pericoli, ma anche per prevenire l’insorgenza di tali comportamenti in risposta a stimoli nuovi e innocui.
I ricercatori hanno infatti scoperto che nell’amigdala ci sono almeno due diverse popolazioni di neuroni. La prima, nota da tempo, si attiva in presenza di pericoli o di eventi traumatici. Questi neuroni si attivano anche in presenza di stimoli nuovi simili a quelli pericolosi, così da innescare le risposte di difesa.
“Quando invece un individuo si trova ad affrontare stimoli nuovi ma diversi da quelli pericolosi, abbiamo scoperto che l’amigdala non smette di essere attiva, come finora ipotizzato – spiega la dott.ssa Anna Grosso del team del prof. Sacchetti – ma si attiva al suo interno una seconda popolazione di neuroni diversa da quella precedente. Questa popolazione non è attiva in presenza di pericoli, è costituita da diverse tipologie di neuroni inibitori ed eccitatori, e sembra servire specificamente per impedire l’innesco delle risposte difensive in presenza di stimoli non potenzialmente pericolosi”.
“Infatti – conclude la dott.ssa Grosso – la sua distruzione nei topolini da laboratorio causa l’insorgenza delle risposte di paura anche in presenza di stimoli innocui”.
“L’identificazione dei meccanismi che – in una struttura cruciale come l’amigdala per la regolazione dei processi di paura e ansia – consentono di prevenire l’innescarsi delle risposte legate alla paura, può avere importanti risvolti per lo studio dei meccanismi cerebrali coinvolti nei disturbi di paura e ansia” sottolinea il prof. Benedetto Sacchetti.
“Il corretto funzionamento di questa popolazione di neuroni potrebbe infatti risultare danneggiato in presenza di traumi o in situazioni di stress. Di conseguenza le persone non sarebbero più in grado di discriminare tra stimoli realmente pericolosi e stimoli invece innocui, mettendo in atto risposte e comportamenti di paura anche in presenza di quest’ultimi, come avviene appunto nei pazienti che soffrono di disturbi d’ansia e di disturbi post-traumatici da stress”, conclude Sacchetti.