Prof. Claudio Marcocci, Ordinario di Endocrinologia, Università di Pisa: “La più importante conseguenza dell’osteoporosi sono le fratture da fragilità del polso, delle vertebre, e dell’anca; soprattutto queste ultime due hanno un impatto clinico importante causando disabilità complesse, morbilità, riduzione della qualità di vita”
Napoli, 11 dicembre 2018 – Le malattie endocrino-metaboliche includono patologie a grande impatto per il numero delle persone colpite, vedi le malattie della tiroide, il diabete, l’osteoporosi, la disfunzione erettile, i disturbi della sfera alimentare; malattie meno frequenti quali le malattie dell’ipotalamo, del surrene, malattie da carenza dell’ormone della crescita, e un gruppo ancora più ampio di malattie rare.
“L’osteoporosi – introduce il prof. Claudio Marcocci, Ordinario di Endocrinologia, Università di Pisa – è una malattia dello scheletro caratterizzata da una compromissione della resistenza dell’osso con conseguente aumento del rischio di fratture. La resistenza ossea ai traumi riflette l’integrazione di due parametri principali: la densità ossea (bone mineral density BMD) valutata mediante l’esame densitometrico (densitometria a raggi X) e la qualità dell’osso, cui contribuisce la microstruttura dell’osso, il turnover, la composizione cristallina e organica della matrice, la cui valutazione non è ancora entrata nella pratica clinica.
La più importante conseguenza dell’osteoporosi sono le fratture da fragilità del polso, delle vertebre, e dell’anca; soprattutto queste ultime due hanno un impatto clinico importante causando disabilità complesse, morbilità, riduzione della qualità di vita, limitazione funzionale. Le fratture vertebrali e femorali aumentano il rischio relativo di mortalità: in particolare per quelle di femore l’incidenza è sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario. Ma c’è un aspetto ancora poco noto: nella popolazione italiana nell’anno 2010 i soggetti con frattura di femore dopo i 50 anni erano 517.126 di cui il 74% nella donna e il 26% nell’uomo, ma il numero di morti entro un anno dalla frattura di femore è, in proporzione, 3 volte maggiore nell’uomo.
La presenza di una frattura vertebrale costituisce un importante fattore predittivo nei confronti dell’insorgenza di ulteriori fratture vertebrali e di fratture di altri siti, e in particolare al femore. Ne consegue l’importanza di identificare precocemente la presenza di una frattura vertebrale sia per quantificare il rischio per future fratture sia per iniziare la terapia.
Dai dati OsMed (Osservatorio sull’impiego dei farmaci curato dall’AIFA) emerge che la maggior parte dei pazienti con pregresse fratture da fragilità non segue una terapia specifica. Da tempo sono disponibili diversi farmaci che riducono il rischio di frattura osteoporotica, suddivisi in 2 classi: anticatabolici, detti anche antiriassorbitivi, e anabolici che stimolano la formazione dell’osso. L’AIFA ha sviluppato e pubblicato un diagramma di flusso il cui obiettivo è quello di suggerire, alla luce delle evidenze scientifiche oggi disponibili, l’impiego clinico appropriato dei farmaci per il trattamento dell’osteoporosi erogati dal SSN secondo la nota 79. L’impatto economico di una patologia così diffusa è naturalmente molto elevato considerando anche che l’Italia ha il più alto indice di invecchiamento del mondo e le sole fratture del femore hanno un costo annuo di 1.200 milioni di euro”, conclude Marcocci.
“Ma la struttura ossea può essere colpita anche da quelle che sono considerate malattie scheletriche rare, precisa la prof.ssa Annamaria Colao – Ordinario di Endocrinologa, Università Federico II – un gruppo eterogeneo di malattie ereditarie che causano problemi della crescita e dello sviluppo. Tali malattie si differenziano in base a caratteristiche cliniche, radiologiche e genetiche ma hanno tutte un impatto spesso devastante sulla qualità della vita delle persone che ne sono affette. L’osteogenesi imperfetta, il morbo di Paget, il rachitismo resistente al trattamento con Vitamina D e l’ipofosfatasia sono solo alcune delle oltre 400 anomalie rare del sistema scheletrico che colpiscono i pazienti di tutto il mondo. La Campania è una regione ad elevata prevalenza di Malattia di Paget, patologia cronica dello scheletro, in cui le ossa sono più fragili e si ha un’aumentata tendenza alla frattura. Per ragioni non ancora chiarite, i pazienti di origine campana presentano una maggiore gravità della patologia in termini di numero di siti ossei colpiti e precocità di insorgenza.
A causa della rarità, prosegue l’esperta, delle malattie scheletriche (la loro incidenza varia da 1/25.000 a 1/100.000) la diagnosi rappresenta una sfida per il sistema sanitario. Ma la sfida interessa anche l’individuazione di trattamenti appropriati in quanto attualmente si dispone di poche opzioni terapeutiche. Per alcune di esse non esiste nessuna cura, ma alcuni sintomi o segni legati alle malattie possono essere gestiti, quali ad esempio le fratture”, conclude Annamaria Colao.
“Le malattie endocrino-metaboliche – conclude Edoardo Guastamacchia, Presidente AME Associazione Medici Endocrinologi – interessano un gran numero di soggetti e sono in costante aumento. Vengono frequentemente sottovalutate dai pazienti perché i sintomi sono inizialmente sfumati: è invece essenziale comprendere quanto sia importante intervenire precocemente per evitare l’insorgenza di complicanze che sarebbero poi di difficile gestione. Patologie quali il diabete, obesità e osteoporosi, per l’evoluzione cronica e per il numero di persone interessate, hanno un rilevante impatto socio economico”.
Di “Malattie endocrino-metaboliche” si parlerà in un convegno promosso da AME, Associazione Medici Endocrinologi, con il patrocinio della Regione Campania e l’Azienda Ospedaliera A. Cardarelli sotto la Presidenza del prof. G. Lombardi e la direzione scientifica dei dott. Raffaele Giannattasio, Vincenzo Novizio, Francesco Scavuzzo e il coordinamento di Silvio Settembrini a Napoli il 12 e il 13 dicembre presso Palazzo Alabardieri.