Verona, 3 luglio 2021 – In campo biomedico si stanno affermando soluzioni hi-tech e nanotecnologie pronte ad assumere un ruolo di primo piano nella cura della persona; le missioni nello spazio rappresentano un ottimo terreno per inedite sperimentazioni in ambito biomedico, dalla scienza dei materiali alla stampa 3d; stanno avanzando le tecniche di decellularizzazione, utili ad esempio per trapiantare organi anche in assenza di un donatore. Progetti e innovazioni che richiedono investimenti strategici e finanziamenti per tradurre le scoperte in soluzioni tecnologiche, e un grande lavoro di squadra.
Anche di questo si è parlato al convegno inaugurale di Innovabiomed, il network place per l’innovazione biomedica che fino a stasera coinvolge a Veronafiere ricercatori, produttori di dispositivi, medici e professionisti per mettere in connessione competenze e discipline diverse, utili allo sviluppo di un comparto in cui il progresso tecnologico contribuisce in modo determinante al miglioramento della qualità della vita delle persone.
Gino Gerosa, Professore Ordinario di Cardiochirurgia della Facoltà di Medicina dell’Università di Padova, Direttore del Centro di Cardiochirurgia e del Programma Trapianto di cuore e Assistenza Meccanica dell’Azienda Ospedaliera-Università di Padova, Past President della Società Italiana di Chirurgia Cardiaca, componente del Comitato Scientifico di Innovabiomed ha dichiarato: “Grazie alla ricerca e a competenze multidisciplinari ci stiamo avvicinando a traguardi fino a pochi anni fa inimmaginabili. Un settore in grande evoluzione è quello legato alla terapia sostitutiva di organi e tessuti; lo sviluppo della medicina rigenerativa e dell’ingegneria tessutale sta aprendo scenari di assoluta rilevanza”.
“La decellularizzazione, ad esempio, ci permette di eliminare tutta la componente cellulare che caratterizza il tessuto di un organo. Togliendo questa componente si riesce ad ottenere l’architettura, la matrice extra cellulare. Grazie a questo processo abbiamo la possibilità ad di ripopolare l’impalcatura del cuore con le cellule del paziente, perché quello che vogliamo attuare è una medicina traslazionale ma anche personalizzata, che parta dalle cellule del paziente stesso che possiamo recuperare tramite tecniche non invasive”.
“Con il progetto Lifelab di Regione Veneto ci siamo dati cinque anni di tempo dati per arrivare ad impiantare un cuore di questo tipo su di un paziente, con maggiore biocompatibilità rispetto al trapianto da donatore. L’obiettivo di questo ambito di ricerca è sviluppare strumenti utili al trattamento di malattie allo stadio terminale, rigenerando interi organi e ricostruendo tessuti, come orecchie, trachea, laringe, esofago, muscoli scheletrici, condotti urinari, nervi e altri”, ha concluso Gerosa.