Roma, 20 dicembre 2016 – Le Università continuano a non applicare la legge europea sull’orario di lavoro ai medici in formazione. Per questa ragione ad un anno di distanza dalla prima diffida, l’Anaao Assomed ha replicato oggi l’invio a tutti gli atenei di un secondo avviso a seguito di una rilevazione condotta dal Settore Anaao Giovani dalla quale è emerso che presso alcune scuole di specializzazione, non sono ad oggi rispettati, per i medici in formazione specialistica, i limiti in materia di orario di lavoro.
Ma non è tutto. In caso di ulteriori violazioni, l’Anaao Assomed si rivolgerà alle competenti sedi dell’Ispettorato del lavoro, riservandosi di avviare anche azioni in sede giudiziaria per i casi più gravi.
Nonostante i pareri del Ministero della Salute e dell’Osservatorio Nazionale per la formazione medico-specialistica abbiano confermato che, per espressa previsione della direttiva 2000/34/CE in materia di orario di lavoro, anche per i medici specializzandi vale la regola relativa al periodo di riposo minimo giornaliero di 11 ore consecutive per ogni periodo di 24 ore e il limite massimo settimanale di 48 ore lavorative, l’Università resta aggrappata tenacemente al colpevole silenzio in proposito del Ministero dell’università e della ricerca, e la normativa risulta ad oggi largamente disattesa.
Le oltre 500 segnalazioni ricevute dai medici in formazione attraverso l’indagine Anaao Giovani, confermano che nel 47% dei casi la normativa non viene rispettata in nessuno dei suoi articoli, mentre se consideriamo il mancato rispetto di almeno uno di essi la percentuale sale ad un poco onorevole 67%.
Nel 61% dei casi in cui la normativa non viene rispettata è stata avanzata una richiesta di adeguamento sia attraverso contatti informali con i Direttori delle Scuole che attraverso i rappresentanti, qualora presenti, in seno ai Consigli di Scuola di Specialità, ma è stato un po’ come aprire il vaso di Pandora: nel 53% dei casi, infatti, la risposta è stata un silenzio ostinato ed indifferente, mentre il 23% di questi attivi giovani colleghi è stato più sfortunato, ricevendo in risposta minacce di vario genere, dal divieto di accesso alle sale operatorie sino alla bocciatura all’esame per il passaggio di anno.
Nel 60% dei casi di mancata osservanza, gli specializzandi lavorano stabilmente più di 48 ore a settimana; nel 30% dei casi chi svolge un turno notturno ha lavorato durante il giorno anche oltre le ore 16:00 (7%); nel 22% dei casi lo smonto dopo un turno notturno avviene almeno 2 ore dopo l’entrata in servizio dei colleghi del turno diurno, in alcuni casi, ci si ferma addirittura sino al primo pomeriggio (10%).
Sono ovvie le implicazioni del mancato rispetto di quanto previsto dalla legge in termini di aumento dei rischi per la salute e la sicurezza di pazienti e operatori. Chi lavora più dei limiti massimi di legge ha infatti una probabilità significativamente più alta, (83.7% vs 30.7%) rispetto ai Colleghi di Scuole in cui si lavora massimo 48 ore a settimana, di trovarsi in una situazione di rischio per il paziente o per se stesso derivante da un ridotto livello di attenzione a causa della stanchezza.
fonte: ufficio stampa