Oncologia di precisione, ampliato lo scenario terapeutico. La ‘svolta’ nel controllo dei tumori è vicina

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A cura del prof. Giampaolo Tortora, Professore ordinario di Oncologia Medica all’Università Cattolica

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Le malattie neoplastiche, che genericamente riuniamo sotto la definizione di cancro, diventeranno dal 2020 la prima causa di morte nel mondo occidentale e nei paesi industrializzati. Nonostante il fatto che la diagnosi della malattia avvenga spesso in una fase avanzata, grazie alla ricerca, oggi siamo in grado di guarire oltre il 50% dei malati di tumori e curare, con buone prospettive di sopravvivenza, un ulteriore 20% di malati.

La ricerca oncologica è caratterizzata da un susseguirsi incessante di nuove scoperte e nuove sfide poste dalle cellule tumorali, in una sorta di inseguimento tra l’enorme capacità di adattamento e di sfuggire ai controlli delle cellule tumorali e lo sviluppo di nuove strategie per identificare i meccanismi di evasione e di bloccarli.

Negli ultimi anni sono stati compiuti enormi progressi sulla conoscenza dei meccanismi molecolari che governano la crescita delle cellule tumorali, la loro disseminazione metastatica e il ‘microambiente’ che circonda le cellule tumorali e le protegge dai farmaci e dall’attacco del sistema immunitario.

Abbiamo scoperto inoltre che le cellule tumorali accumulano progressivamente mutazioni nel loro DNA. In parallelo, in una sfida continua, la ricerca farmacologica ha sintetizzato farmaci a bersaglio molecolare, in grado di colpire le specifiche mutazioni identificate.

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Prof. Giampaolo Tortora

Successivamente abbiamo imparato che, per le continue mutazioni, le cellule che costituiscono una massa tumorale, sia nel tumore primitivo che nelle sue metastasi, sono molto diverse tra loro, caratteristica nota come ‘eterogeneità tumorale’. Tale eterogeneità può determinare una resistenza alle terapia con farmaci a bersaglio molecolare.

La ricerca farmacologica ha quindi risposto sviluppando nuovi farmaci in grado di superare via via i meccanismi di resistenza acquisiti. Alla chemioterapia, che è ancora oggi un baluardo fondamentale della terapia antitumorale, negli ultimi anni si è quindi affiancata la terapia con i farmaci a bersaglio molecolare.

Un aspetto fondamentale per il successo di questi farmaci è però la selezione dei pazienti da candidare a ciascun trattamento. Molti dei farmaci a bersaglio molecolare che abbiamo a disposizione sono infatti attivi contro alterazioni presenti solo in piccole percentuali di tumori ma in quei pazienti possono produrre risultati molto significativi.

Per evitare quindi di usare inutilmente questi farmaci, molto costosi e comunque dotati di effetti collaterali, è quindi necessario avere una diagnostica molecolare complementare, in grado di analizzare ciascun tumore e di identificare la presenza di specifiche alterazioni molecolari, potenziali bersagli dei farmaci, o altri fattori, definiti biomarcatori, che possono consentire di predire con ragionevole attendibilità una elevata possibilità di risposta al trattamento. A questo riguardo un grande sviluppo ha avuto la cosiddetta “biopsia liquida” che consente di ricercare le alterazioni molecolari nel sangue o nelle urine dei pazienti.

Negli ultimi 3-4 anni, dopo tanti anni di attesa e di frustrazioni, è arrivata la rivoluzione della immunoterapia. Sono stati scoperti alcuni meccanismi messi in atto ‘subdolamente’ dai tumori, che imparano a innestare una sorta di freno, nascondendosi così alla sorveglianza e al rigetto da parte del nostro sistema immunitario.

In un susseguirsi di nuove scoperte è stato possibile sviluppare un primo gruppo di farmaci in grado di rimuovere i freni, noti come checkpoint immunologici, e svelare le cellule tumorali che vengono così attaccate ed eliminate dal nostro sistema immunitario con meccanismi ‘naturali’. Anche per l’immunoterapia è necessario selezionare i pazienti sulla base di biomarcatori che stanno ora emergendo dalla ricerca.

I risultati che si stanno conseguendo con l’immunoterapia in tanti tipi diversi di tumore fanno oggi presagire che la ‘svolta’ nel controllo dei tumori è vicina. Infatti al momento stiamo sfruttando solo una piccola parte di tutto il potenziale che avremo a disposizione. Già nuovi farmaci basati sulla scoperta di altri freni che il tumore utilizza per nascondersi e di nuovi sistemi di potenziamento del sistema immunitario stanno per ampliare lo scenario terapeutico.

In parallelo scoperte importantissime e inattese hanno mostrato che i batteri presenti in enormi quantità nel nostro corpo, soprattutto nell’intestino, il cosiddetto ‘microbiota’, sono in grado di condizionare la crescita dei tumori e di favorire o ostacolare la risposta alle terapie, soprattutto quelle immunitarie. Queste scoperte hanno aperto uno straordinario nuovo filone di ricerca con prospettive di sviluppo clamorose.

Una grande frontiera è rappresentata dallo sviluppo della terapia immunitaria adottiva, in grado di personalizzare la risposta del proprio sistema immunitario contro un tumore, come per esempio nel caso delle cellule CAR-T: linfociti T ingegnerizzati per riconoscere e attaccare specificamente le cellule tumorali e innescare poi una reazione a catena di stimolazione e attivazione anche dei linfociti T naturali. Si tratta di una tecnologia ancora complessa e molto costosa ma che ha già prodotto importanti e clamorosi risultati in alcuni tumori ematologici, prospettando così possibilità di sviluppo anche per i tumori solidi in un prossimo futuro.

Il futuro sarà quindi l’identificazione e la selezione di pazienti con specifiche caratteristiche tumorali e l’impiego delle diverse armi a disposizione, chemioterapia, farmaci a bersaglio molecolare, immunoterapia, radioterapia, in maniera combinata e integrata. Una vera personalizzazione del trattamento che oggi va sotto il nome di Medicina personalizzata o, meglio, Medicina di Precisione.

Sarebbe tuttavia molto riduttivo pensare che la personalizzazione della terapia si sviluppi solo nell’ambito di una dimensione biotecnologica diagnostica e terapeutica. Va considerata nella sua interezza la dimensione umana del malato, con tutte le sue innumerevoli componenti psicologiche, culturali, sociali e spirituali, che vanno riconosciute e alleviate, anche in considerazione del fatto che esse possono influenzare il percorso terapeutico, dalla diagnosi all’accompagnamento al fine vita.

Da qui il bisogno fondamentale di implementare, accanto a quelli diagnostici e terapeutici, programmi di Umanizzazione delle cure, anteponendo il principio della centralità della persona rispetto a ogni intervento socio-sanitario e assistenziale. È questa la sfida per giungere a una reale Oncologia di precisione.

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