Milano, 5 maggio 2022 – I dati relativi all’obesità in Europa diffusi ieri dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non sorprendono i medici e i ricercatori italiani che si occupano ormai da molti decenni del fenomeno e di tutte le sue conseguenze cliniche e sociali.
È il caso dell’Auxologico che del problema obesità ha fatto uno dei suoi punti di forza da oltre mezzo secolo, tanto da essere tra l’altro ideatore e realizzatore del periodico Rapporto sull’obesità in Italia di cui, proprio lo scorso anno, è uscita la nona edizione dedicata allo stato dell’arte nella ricerca, nella clinica e nella terapia dell’obesità, curata da oltre 40 autori tra i maggiori specialisti nazionali e internazionali del settore.
“I dati OMS sulla prevalenza dell’obesità – spiega la prof.ssa Simona Bertoli, Direttore del Centro Ambulatoriale Obesità di Auxologico e Professore ordinario di scienze dietetiche all’Università di Milano – sono molto preoccupanti ma non stupiscono gli esperti. Da ormai molti anni si parla di pandemia dell’obesità con profonde ricadute sulla qualità e sull’aspettativa di vita. La più recente pandemia da Covid-19, ha fatto emergere quanto il soggetto obeso sia più fragile e vulnerabile rispetto ai soggetti normopeso. Come riportato nel rapporto obesità 2021 pubblicato da Auxologico, i dati Istat italiani sono solo poco più confortanti rispetto a quelli generali europei mostrando una prevalenza media di obesità dell’11%, con un marcato gradiente Nord-Sud e un significativo aumento della prevalenza nel sesso maschile e nei soggetti più anziani. Intorno ai 50 anni, infatti, almeno la metà della popolazione adulta risulta in eccesso di peso, e nella fascia di età 65-74 anni questa supera il 60%, con la stima più elevata di obesità pari al 15,6%”.
“Prevenzione e terapia sono le parole chiave – prosegue la prof.ssa Bertoli – per sconfiggere l’obesità. Nel 2019 L’Aula della Camera ha approvato una mozione volta a riconoscere l’obesità come vera e propria patologia cronica e questo passaggio probabilmente favorirà la svolta. Non siamo di fronte alla sconfitta della ‘dieta’, essa insieme all’esercizio fisico continua a rappresentare una valida strategia d’intervento ma non da sola. L’obesità è una patologia complessa e multifattoriale e per sconfiggerla serve una terapia integrata nutrizionale, psico-comportamentale e motoria che può avvalersi anche di trattamenti farmacologici e approcci chirurgici quando necessario. La nostra esperienza clinica nella cura dell’obesità e le numerose evidenze scientifiche raccolte negli ultimi decenni dimostrano che stiamo andando “dall’obesità” “alle obesità” ossia forme di obesità diverse per cause e conseguenze, per ciascuna delle quale è necessario uno percorso diagnostico e terapeutico altamente specializzato”.
Come se non bastasse, ma è facilmente intuibile essendo l’obesità grave una malattia cronica che necessita di essere seguita per tutto l’arco della vita dei pazienti, essa ha rilevanti costi sia personali che sociali.
“Per l’Italia si può stimare che i costi sociali dell’obesità rappresentino almeno il 4% della spesa sanitaria italiana e che il complesso dei costi sociali valga qualche punto percentuale di Pil – sottolinea il prof. Giovanni Fattore, Professore ordinario di Health Policy presso SDA Bocconi School of Management e Università Bocconi, tra gli autori del Rapporto Obesità – Pertanto, non solo l’obesità causa una drammatica perdita di anni di vita attesa e di qualità di vita, ma impoverisce le persone interessate e la società in generale sia a causa dei maggiori costi sanitari (principalmente per i rischi correlati all’obesità) sia a causa dei suoi effetti sulla capacità delle persone obese di produrre economicamente. Infatti l’obesità, essendo fattore di rischio di numerose patologie, impatta sulla perdita di giornate lavorative, sulla produttività per ora lavorata e sul prepensionamento”.
“Dal punto di vista delle attività di ricerca è però fondamentale andare oltre. Anche rispetto alla dimensione economica, occorre individuare e testare gli interventi che funzionano, che effettivamente permettono una riduzione dell’incidenza e della prevalenza dell’obesità. Dati gli straordinari costi sanitari e sociali dell’obesità è sconvolgente la scarsa quantità di risorse destinata a contrastarla. È veramente irrazionale investire così poco per una condizione, l’obesità appunto, che è così importante per la salute e l’economia”, conclude il prof. Fattore.