Obesità e malattie cardiometaboliche, il ruolo chiave di un microrganismo presente nel microbiota umano

Un gruppo di ricerca dell’Istituto Europeo di Oncologia e dell’Università di Trento ha individuato un nuovo microrganismo che aiuta a spiegare perché il rapporto tra dieta e salute cambia da persona a persona. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Cell

Milano, 8 luglio 2024 – Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e dell’Università di Trento ha scoperto che Blastocystis, microrganismo eucariote presente nel nostro microbiota intestinale, gioca un ruolo chiave nel rapporto dieta-salute, contribuendo così a spiegare perché ognuno di noi risponde diversamente allo stesso regime alimentare ed ha di conseguenza una diversa predisposizione a sviluppare malattie intestinali e cardiometaboliche.

I risultati dello studio, finanziato dalla start-up inglese ZOE e da diversi programmi della Comunità Europea, sono pubblicati oggi dalla prestigiosa rivista scientifica Cell. Alla ricerca, coordinata dal prof. Nicola Segata, Professore Ordinario, Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata CIBIO, Università di Trento e Principal Investigator presso il Laboratorio di Metagenomica Computazionale di IEO, e dal dott. Francesco Asnicar, ricercatore presso il Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata CIBIO, Università di Trento, hanno collaborato altri team italiani dell’Università di Napoli Federico II e dell’Università degli Studi di Sassari, e diversi gruppi internazionali, in particolare quelli del King’s College di Londra e Harvard di Boston.

Prof. Nicola Segata

Nel corso dello studio sono stati raccolti e analizzati 56.989 campioni di microbiota intestinale di persone provenienti da 32 nazioni, per studiare come la presenza di Blastocystis è associata a dieta e salute. Blastocystis era già noto al gruppo di Segata che in un lavoro precedente su circa mille soggetti aveva notato che individui con Blastocystis mostravano risposte glicemiche più favorevoli – cioè un minor rialzo dell’indice glicemico a fronte di assunzione di zuccheri. Il nuovo studio è andato oltre, mostrando che la prevalenza di Blastocystis è legata alla geografia, allo stile di vita e alle abitudini alimentari, e che la sua presenza corrisponde a minore indice di massa corporea e minore probabilità di malattie cardiometaboliche.

“Con questo lavoro abbiamo mostrato che Blastocystis è più prevalente e abbondante in persone normopeso rispetto a persone obese, in soggetti sani rispetto a soggetti con malattie intestinali o sistemiche, in chi consuma più frequentemente cibi ricchi di fibre e poco processati, e in soggetti con parametri del sangue indicativi di salute cardiometabolica rispetto a valori associati a stati di infiammazione, alta colesterolemia e glicemia, o ipertensione”, dichiara Elisa Piperni, dottoranda SEMM (Scuola Europea di Medicina Molecolare), ricercatrice presso il gruppo di Segata in IEO e prima firma del lavoro.

“Oggi sappiamo che il microbiota svolge un ruolo fondamentale nella nostra salute e che la sua composizione è legata alla dieta, tuttavia i microrganismi e meccanismi responsabili di questo legame sono solo parzialmente conosciuti – spiega Piperni – In particolare, il ruolo della componente non-batterica del microbiota e più specificamente di eucarioti unicellulari, di cui Blastocystis fa parte, è stato trascurato in passato. Blastocystis si considerava un parassita indesiderato; invece noi mostriamo che è un indicatore di salute che contribuisce a spiegare perché ognuno di noi ha una risposta individuale alla dieta”.

“Con questo studio abbiamo aperto un nuovo promettente filone di ricerca sugli eucarioti presenti nel microbiota umano, che abbiamo solo iniziato a scalfire in superficie investigando il ruolo di Blastocystis. Ora dobbiamo scoprire come questo microrganismo svolga una funzione positiva. La nostra ricerca si è avvalsa della metagenomica, strumento biotecnologico ad alta risoluzione che permette di studiare tutto il DNA di una comunità microbica, e di metodi computazionali e di intelligenza artificiale che consentono di individuare associazioni tra caratteristiche del microbiota e caratteristiche degli individui”, affermano Nicola Segata e Francesco Asnicar.

“Tuttavia saranno necessari esperimenti specifici in vitro per capire come Blastocystis agisce sul nostro corpo. L’indicazione importante che emerge è che se vogliamo davvero attingere all’enorme tesoro di informazioni del microbiota e soprattutto capirne l’impatto sulla nostra salute, le analisi future dovranno concentrarsi non solo sui batteri, ma anche su eucarioti, funghi, e virus. Una maggior comprensione di tutti i componenti del microbiota ci permetterà in futuro di sfruttarli per sviluppare terapie di medicina e nutrizione di precisione” concludono Segata e Asnicar.

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