Roma, 3 luglio 2018 – La parte ovest dell’isola di Ustica (Palermo) si sarebbe sollevata di oltre 30 cm a causa di due terremoti avvenuti nel primo quarto del 1900. È quanto emerge dal rilevamento a nuoto per lo studio dei meccanismi di erosione e delle variazioni del livello del mare lungo i 13 km del perimetro dell’isola, condotto nell’ambito del progetto scientifico internazionale Geoswim dell’ENEA e dell’Università di Trieste, che prevede la mappatura complessiva di 23 mila chilometri di costa rocciosa del Mediterraneo. I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale Geomorphology.
Il dato sul sollevamento della parte occidentale dell’isola deriva da un calcolo che parte dal ritrovamento a circa 2 metri sopra il livello del mare di alcuni fossili di crostacei che vivono abitualmente a contatto con l’acqua. Rinvenuti in una grotta sul lato ovest di Ustica, questi crostacei detti “dente di cane” erano ricoperti di concrezioni simili a stalattiti che si formano per gocciolamento. Dai campionamenti e dalle analisi al carbonio 14, i crostacei e il carbonato della concrezione che li ricopriva sono risultati risalire rispettivamente a 110 e 90 anni fa.
A conferma di movimenti tettonici verticali generalizzati anche in altre parti dell’isola, in una grotta situata nella parte centrale è stata rinvenuta e campionata una stalattite a circa un metro sotto l’attuale livello del mare. La stalattite, formatasi in superficie circa 6 mila anni fa, era completamente ricoperta da serpulidi, organismi marini che vivono all’interno di gusci calcarei sui fondali.
“Abbiamo potuto studiare tutte le 13 grotte che conservano e nascondono i dati più interessanti per capire la storia dell’isola, calcolare le variazioni della costa e del livello del mare, analizzare i meccanismi di erosione e di formazione dei solchi marini, anche georeferenziandoli, cioè abbinandoli alla precisa posizione geografica e di profondità”, sottolinea Fabrizio Antonioli, geomorfologo del Laboratorio di Modellistica Climatica dell’ENEA.
“L’innovatività dei nostri studi è rappresentata sia dal metodo adottato dello snorkeling, sia perché si tratta della prima indagine completa su un’isola vulcanica – aggiunge Stefano Furlani, geomorfologo dell’Università di Trieste – Questo ci ha permesso di registrare un ulteriore primato in quanto per la prima volta nel Mediterraneo sono stati scoperti alcuni solchi marini, tipici della zona di marea, su alcune rocce vulcaniche nel settore meridionale dell’isola, che dimostrano che l’area in esame è stabile almeno dai 2 ai 300 anni, il tempo necessario alla loro formazione”.
“La prima sequenza sismica che colpì Ustica nella primavera del 1906 si protrasse per venti giorni e fu accompagnata da boati, rombi e scariche elettromagnetiche, con conseguenze drammatiche per la comunità. Anche se le scosse non superarono il 6° grado della scala Mercalli, provocarono comunque crolli e lesioni in abitazioni private ed edifici pubblici, che indussero la popolazione usticese, dopo un acceso confronto fra autorità̀ e scienziati, ad abbandonare l’isola per qualche tempo”, spiega Franco Foresta Martin, direttore del Laboratorio Museo di Scienze della Terra Isola di Ustica, un’istituzione che si occupa di attività didattica, divulgazione scientifica e promozione della ricerca in campo geo-vulcanologico.
“Auspichiamo ulteriori indagini proprio per documentare una correlazione diretta tra l’azione del mare e dei terremoti e la deformazione costiera, ma anche la necessità di rivalutare il rischio sismico dell’area di Ustica, che è soggetta a frequenti terremoti di intensità medio-bassa”, conclude Foresta Martin.