Nuove speranze di cura per l’Anemia di Fanconi, avviato un progetto all’IRRCS Burlo

Da sin: Melania Eva Zanchetta, Roberta Bottega, Michela Faleschini, Daniele Ammeti

Trieste, 8 aprile 2025 – La dott.ssa Michela Faleschini, ricercatrice presso il Laboratorio di Diagnostica Avanzata Traslazionale dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste, ha ottenuto un My First AIRC Grant della durata di cinque anni da Fondazione Airc per la Ricerca sul Cancro per uno studio sull’anemia di Fanconi. Per il primo anno sono stati assegnati oltre 56mila Euro.

Il progetto, ideato in collaborazione con la dott.ssa Roberta Bottega, ora dirigente presso la Struttura Complessa di Ginecologia e Ostetricia del Burlo Garofolo, ha l’obiettivo di esplorare un nuovo approccio terapeutico per curare questa rara e seria malattia genetica che aumenta il rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro.

L’Anemia di Fanconi è geneticamente eterogenea ma le varianti patologiche sono tutte coinvolte nella riparazione del Dna e nella stabilità genomica, in particolare ben 22 geni FANC, Fanconi anemia complementation group. Anche mutazioni in geni con un ruolo nel complesso proteico FA agenti “a monte” del ruolo svolto dal gruppo di proteine codificate dai geni FANC possono dare una classica Anemia di Fanconi. Alcune delle varianti “a valle” della struttura FANC vera e propria (ad es. BRCA2) sono associate a un elevatissimo rischio di tumori nell’infanzia.

L’Anemia di Fanconi determina malformazioni congenite, insufficienza del midollo osseo in età pediatrica e un elevato rischio di tumori solidi ed ematologici. In generale, i pazienti adulti sono particolarmente predisposti ai tumori solidi (per lo più della testa e del collo, o della regione anogenitale). Negli adulti con mosaicismo somatico, i valori ematici possono rimanere normali fino alla comparsa di una neoplasia ematologica maligna.

Attualmente non esistono terapie farmacologiche efficaci e l’unico trattamento disponibile è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Questo trattamento agisce sui difetti ematologici ma non previene lo sviluppo di tumori, una delle principali cause di mortalità nei pazienti.

Il progetto della dott.ssa Faleschini mira a sviluppare una terapia contro mutazioni recessive in uno dei geni FA, chiamato gene FANCA, responsabile della malattia in circa l’80 per cento dei pazienti. Circa il 20 per cento delle mutazioni in FANCA sono varianti di splicing, un meccanismo di taglia-e-cuci dell’Rna messaggero immaturo tale da produrre un Rna messaggero maturo e capace di codificare proteine.

“La nostra ricerca – spiega la dott.ssa Faleschini – è basata sull’uso di oligonucleotidi antisenso (Aso), molecole in grado di correggere i difetti di splicing e ripristinare la normale funzione genica con l’obiettivo di bloccare la progressione della malattia ed eventualmente intervenire, per la prima volta, anche sul rischio oncologico”. La ricerca verrà condotta in collaborazione con il dott. Daniele Ammeti e la dott.ssa Melania Eva Zanchetta, entrambi ricercatori dell’IRCCS “Burlo Garofolo” di Trieste.

Il progetto, della durata di cinque anni, prevede anche studi in comune con importanti centri di ricerca, tra cui l’Università “Aldo Moro” di Bari, per gli studi sui modelli animali, e l’Istituto “Giannina Gaslini” di Genova, centro di riferimento nazionale per l’Anemia di Fanconi. Secondo i ricercatori del Burlo Garofolo, questo progetto aprirà la strada allo sviluppo di terapie innovative che potrebbero dare una speranza di cura efficace a pazienti con FA causata da mutazioni specifiche.

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