Roma, 1 ottobre 2018 – Il premio Nobel per la Medicina 2018 è stato assegnato all’americano James P. Allison e al giapponese Tasuku Honjo per le scoperte che hanno posto le basi dell’immunoterapia anticancro. Di seguito il commento di Giuseppe Palmieri, responsabile a Sassari dell’Unità di Genetica dei tumori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Icb).
“Il premio Nobel della Medicina va quest’anno agli scopritori del meccanismo di inibizione del sistema immunitario nel riconoscere adeguatamente le cellule tumorali. Tutto è partito dalla scoperta che una molecola, CTLA-4, si oppone alla stimolazione delle cellule linfocitarie del sistema immunitario nel riconoscimento e all’eliminazione delle cellule tumorali. In pratica, è stata dimostrata l’esistenza di un blocco di attivazione del sistema immunitario, che in natura esiste per evitare un’eccessiva attività del nostro sistema immune in grado di scatenare malattie autoimmunitarie quali le artriti diffuse.
Dalla metà degli anni ’80 si sono scoperte altre molecole coinvolte nell’inibizione della stimolazione del sistema immunitario e nel mancato riconoscimento delle cellule tumorali (il cosiddetto “checkpoint immunitario”), che hanno portato all’identificazione di terapie mirate in grado di rimuovere tale blocco di riconoscimento a livello del checkpoint immunitario e indurre risposte durature su più tipi di cancro, il che ha permesso alla comunità oncologica di iniziare ad ottenere approcci terapeutici potenzialmente curativi.
Tuttavia, le notevoli risposte alle immunoterapie sono attualmente limitate a una minoranza di pazienti e indicazioni, evidenziando la necessità di approcci più mirati, efficaci e innovativi. L’ulteriore comprensione dei meccanismi biologici e delle funzioni alla base di questi meccanismi molecolari sarà essenziale per la progettazione razionale delle immunoterapie di nuova generazione, cercando di sviluppare marcatori predittivi di risposta terapeutica in grado di identificare i diversi sottogruppi di pazienti”, conclude Giuseppe Palmieri.