“No all’impiego di medici in formazione specialistica nei PS”. SMI scrive al Ministro Grillo

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Roma, 1 novembre 2018

Sig.ra Ministro,

Le richieste dell’AAROI-EMAC (Associazione Anestetisti Rianimatori Ospedalieri Italiani Emergenza Area Critica), inviatele il 26 ottobre u.s., nel merito del progetto di impiego dei medici in formazione specialistica per sopperire alle carenze di medici in anestesia e rianimazione, nei PS, e nel 118, le ritengo pericolose per il paziente e offensive per noi medici dell’emergenza.

Il Presidente nazionale AAROI-EMAC, scrive testualmente “per il Sistema 118, si può senz’altro prendere in considerazione un coinvolgimento dei soli MIF in anestesia e rianimazione ed in medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza, che a partire in questo caso dal terzo anno di formazione specialistica hanno già maturato le competenze anche certificate da specifici percorsi didattici, e sono in tale settore senz’altro più idonei di uno specialista in altre discipline ospedaliere o di un MMG”.

Nei paragrafi precedenti dello stesso documento, in sintesi propone che il MIF, medico in formazione, per l’anestesia e rianimazione debba avere fisicamente presente il tutor per tutte le attività dell’anestesia e rianimazione, nei Pronto Soccorso, il MIF tratta solo codici di non elevata complessità e cioè bianchi e verdi e comunque saranno sempre presenti colleghi strutturati e con più esperienza, senza escludere altre soluzioni.

AAROI, insomma, mette nero su bianco che sul territorio non contano l’esperienza e le capacità professionali e che comunque lì sul territorio può accadere quello che deve accadere, visto che non è contemplato il tutor.

Un’affermazione gravissima secondo me: perché in ospedale il MIF deve avere il supporto costante, qualificato del tutor e sul territorio nel 118 no?

Il paziente del territorio diventerà paziente dell’ospedale, ma prima deve arrivarci, il nostro scopo, quello del medico d’emergenza, è salvaguardare e stabilizzare le funzioni vitali di quel paziente e iniziare a curarlo ancora prima del suo arrivo in ospedale.
Una voragine deontologica, umana e professionale di grandezza incredibile e con conseguenze inimmaginabili che purtroppo getta una vasta ombra su chi firma quel documento.

Questa affermazione in maniera poco deontologica porta a screditare anche ciò che noi medici dell’emergenza provenienti dalla medicina generale abbiamo fino ad oggi fatto e progettato, ricordo che prima del nostro arrivo non vi era nessuna terapia del paziente, solo un mero trasporto presso l’ospedale più vicino.

Nello stesso tempo non posso che stupirmi che nel suo documento non nomini mai la specializzazione di medicina d’emergenza e d’urgenza, oramai specialità cardine del Pronto Soccorso, ma sappiamo quanto si è battuto anche per vie legali perché non fosse riconosciuta.

Sig.ra Ministro, come Lei sa è dal 1992, epoca del noto D.P.R., i medici ex-guardia medica, convenzionata, pressati dalle esperienze della richiesta e dal bisogno di salute dei cittadini vittime di accidenti traumatici o medici hanno lavorato e sono riusciti a creare la figura del medico d’emergenza territoriale, dando una immediata risposta al territorio e per il territorio a queste richieste. In tutti questi anni le altre figure ospedaliere hanno guardato e rifiutato una tale responsabilità, considerandola un’attività minore e poco appetibile.

I colleghi rianimatori si sono attestati in tutti questi anni alla loro molto spesso esclusiva presenza sugli aeromobili e sul soccorso in elicottero.
Andare in ambulanza o in automedica non era affatto attrattivo per loro, ma da quando la scuola di specializzazione in emergenza urgenza è diventata una realtà, strategicamente hanno cambiato i loro obiettivi.
Sono entrati nel soccorso territoriale, manifestando la loro competenza nel tentativo di scippare una branca creata, come tante discipline, con fatica.

Basti pensare che prima anche loro, gli anestesisti, sono stati dichiaratamente autodidatti (vedi storia sul sito pubblicato dalla SIAARTI) e che erano rappresentati in sala operatoria dal più giovane dei chirurghi dell’équipe, già solo dopo il 1958 a fatica si sono sviluppati, creando la scuola di specializzazione dagli anni 60 in poi e fino agli anni 80 la disciplina non era molto ambita, ricordo inoltre che i primi primari in anestesia, e quindi fino al 1990, a volte non avevano la specializzazione nella disciplina, ma certamente quella in chirurgia generale.

Questo excursus storico, a dimostrazione che ogni disciplina ha un suo inizio e che comunque, se positivo come il nostro, debba essere salvaguardato e non scippato da altri.

Io Le chiedo perché privare gli ospedali con le loro emergenze intraospedaliere, le sale operatorie, gli ambulatori di terapia antalgica, le terapie iperbariche, le rianimazioni, del loro naturale specialista per darlo anche al territorio, quando la disciplina dell’emergenza-urgenza e delle catastrofi è una realtà che si è sviluppata e continua, in modo organico, scientifico e che sta modellando in lettura moderna il medico specializzato in quella disciplina, pertanto il naturale e fisiologico specialista che fornisce al territorio i professionisti per le cure già a letto del malato.

Sig.ra Ministro, si tratta di dare un’unica e univoca figura del medico d’emergenza e d’urgenza, non cannibalizzando e cancellando le figure professionali che hanno contribuito alla creazione della specialità e che ad oggi non sono mai state messe in discussione per il loro operato, e che hanno creato e tenuto in piedi il sistema dell’emergenza sul territorio.

Noi medici dell’emergenza convenzionati ex guardia medica stessi, abbiamo maturato il superamento delle molteplici figure e competenze che confluiscono nella giusta dizione del medico dell’emergenza, per creare come già avviato il medico specialista in medicina d’emergenza e urgenza con competenze anche nella maxi-emergenza.

Un’unica figura che, dal territorio al pronto soccorso e viceversa, possa capillarmente gestire questa unica realtà. Il nostro scopo è spostare sul territorio specialmente per codici d’emergenza il pronto soccorso avvicinandolo lì dove il paziente ha manifestato la sua grave patologia, a casa sua, sulla pubblica via ove transitava, portandogli tutto il corpo delle nostre conoscenze.

Non vogliamo donare, né essere scippati di quello che abbiamo prima intuitivamente e poi confermato nel tempo, sviluppandolo in modo per lo Stato di essere al capezzale del suo cittadino.

Dott. Domenico Montalbano
Medico emergenza territoriale in convenzione a tempo indeterminato del coordinamento nazionale FIMEUC
Componente Nazionale Commissione SMI 118

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