Neuroimaging in ambito forense, ricercatori padovani indicano le Linee guida

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Padova, 26 ottobre 2018 – I criteri per stabilire l’incapacità di intendere e di volere sono cambiati negli ultimi anni: da una valutazione prettamente clinica, i tribunali stanno assistendo alla progressive introduzione di metodi sempre più oggettivi.
Tra questi, un ruolo principale è svolto dalle analisi della struttura cerebrale per identificare anomalie neuro anatomiche oggettive che, se evidenziate in presenza di sintomi clinici, possono supportare la diagnosi psichiatrica.

Tuttavia, questo approccio è ancora dibattuto. Nonostante l’integrazione dei risultati clinici e di neuroimaging sembra un modo promettente per favorire la riduzione dell’incertezza nella valutazione forense dell’incapacità di intendere e di volere, il loro uso non è esente da errori, primo tra tutti la potenziale errata interpretazione dei dati di neuro immagine (per esempio: il periziando non è responsabile perché ha una lesione cerebrale).

Il team guidato dal professor Giuseppe Sartori, docente del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, in un recente lavoro ha messo a punto delle regole per la corretta integrazione dei dati di neuroimaging nella valutazione dell’incapacità di intendere e volere.

L’articolo The charm of structural neuroimaging in insanity evaluations: guidelines to avoid misinterpretation of the findings (Scarpazza et colleghi), pubblicato su “Translational Psychiatry” (Nature Publishing Group) descrive la procedura ottimale per introdurre le neuro immagini nella valutazione della capacità di intendere e volere usando casi forensi reali.

“Attraverso la spiegazione dei potenziali errori che devono essere evitati – spiega la dott.ssa Cristina Scarpazza – abbiamo individuato quattro regole principali e alcune linee guida per l’uso delle neuro immagini in tribunale. Queste linee guida si focalizzano sull’importanza dell’avere una descrizione chiara dei sintomi manifestati dall’imputato. In assenza di dati clinici i risultati di neuroimaging non sono interpretabili. Inoltre, queste linee guida sottolineano anche l’importanza di una chiara corrispondenza tra i sintomi manifestati dal periziando e le neuro-anomalie evidenziate (chiamata correlazione anatomo-clinica) e il loro ruolo nella crimino-dinamica (nesso di causa)”.

Queste le regole indicate dai ricercatori, implementate in precise linee guida: i risultati di neuroimmagine devono essere affiancati a dati comportamentali, ovvero ai sintomi del paziente; il comportamento criminale non deve essere considerato un sintomo (cioè un dato comportamentale in correlazione anatomo clinica con l’anomalia cerebrale eventualmente riscontrata); non bisogna assumere che ogni anomalia cerebrale porti a sintomi comportamentali; non bisogna “ragionare al contrario”, ovvero non si può inferire la presenza di un disturbo comportamentale a partire dall’anomalia cerebrale.

Queste regole possono essere d’aiuto nel ridurre le controversie sullo stato mentale del periziando, specialmente in quei casi in cui non esiste una documentazione clinica precedentemente al crimine commesso ed è possibile che il periziando stia esagerando o simulando i sintomi clinici.

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