Roma, 14 ottobre 2024 – Nel 2023 la fame ha colpito circa 733 milioni di persone, 152 milioni in più rispetto al 2019, equivalenti a 1 persona su 11 a livello globale. La situazione peggiora in Africa, dove ne soffre il 20,4% della popolazione ovvero 1 persona su 5, mentre resta stabile in Asia, continente che però continua a ospitare oltre la metà delle persone in condizione di fame nel mondo, e vede una riduzione dei livelli di fame in America Latina.
Ma è a Gaza che attualmente si registra il più alto tasso di malnutrizione a livello globale: 1.1 milioni di bambini, pari all’intera popolazione infantile, versano in uno stato di gravissima insicurezza alimentare a causa del conflitto in corso.
Nel mondo, più di 17.6 milioni di bambini sono nati in condizione di fame nel 2023, un quinto in più rispetto al 2013, pari a 33 bambini affamati ogni minuto, 1 ogni 2 secondi, secondo le stime di Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro. Il 95% di queste nascite sono in Africa e Asia.
La malnutrizione acuta è causa di circa 1 decesso su 5 tra i bambini con meno di 5 anni nel mondo. Tale bilancio è destinato ad aumentare, poiché i dati non includono l’impatto che l’escalation di violenza nei Territori Palestinesi Occupati sta avendo sulla malnutrizione o sul tasso di natalità nella regione.
Le cause di questo fenomeno sono molteplici, interconnesse e sovrapposte. Nel contesto di “policrisi” attuale sono i conflitti armati, i cambiamenti climatici e le crisi economiche a compromettere la possibilità per milioni di persone di accedere al cibo in quantità sufficiente e rappresentano una minaccia senza precedenti per il benessere e lo sviluppo delle bambine e dei bambini, in diverse parti del mondo. Dal 2020 in poi, inoltre, alcuni eventi, come la guerra in Ucraina, hanno avuto ripercussioni dirette sull’aumento dei prezzi dei beni alimentari e dell’energia, minacciando così quei sistemi a supporto della nutrizione dei bambini e delle donne nei Paesi più colpiti dalla crisi alimentare.
Sebbene anche nei Paesi ad alto reddito la malnutrizione sia presente e legata alla povertà, sono i Paesi a basso reddito quelli maggiormente colpiti, dove la policrisi ha aggravato il rischio di malnutrizione ed esacerbato le disuguaglianze per i più vulnerabili, come donne, bambini, popolazioni sfollate, persone che vivono con disabilità o infezioni croniche.
È quanto emerge nell’ultima analisi di Save the Children “La fame mangia i bambini”, lanciata oggi contestualmente alla campagna per sensibilizzare il pubblico. Se da una parte i trend evidenziano che, nel mondo, la malnutrizione infantile sia costantemente diminuita dal 2000 in avanti, dall’altra gli ultimi dati disponibili mostrano che i livelli di malnutrizione siano ancora drammatici e lontani dai target definiti dall’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 2.
La malnutrizione acuta nei bambini è aumentata del 20% tra il 2020 e il 2022 nei 19 Paesi più colpiti da crisi umanitarie, passando da 23 milioni nel 2020 (pre-pandemia) a 27.7 milioni nel 2022. Considerando i trend attuali, si stima che 128,5 milioni di bambini (19,5%) saranno affetti da malnutrizione cronica nel 2030, circa la metà dei quali in Africa occidentale e centrale. Sebbene i dati mostrino una lieve riduzione all’inizio del 2023 (27.1 milioni), lo scoppio di nuovi conflitti – come quello in Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo e nei Territori Palestinesi Occupati- potrebbe aver causato un ulteriore aumento del numero di bambini affetti da malnutrizione acuta nel 2023.
“La carenza di cibo uccide l’infanzia dei bambini. Quando un bambino non ha nulla da mangiare, è la fame a mangiare il suo mondo. Perché prosciuga ogni energia, spegne ogni curiosità, impedisce l’apprendimento e ferma la voglia di giocare. Distrugge la gioia e divora i sogni. E tutto questo è inaccettabile. Ecco perché, ancora una volta, vogliamo riportare l’attenzione su questo dramma silenzioso e sulle sue cause, dalle guerre, in cui la fame diviene la più tremenda delle armi, alla crisi climatica, alla base del collasso di interi sistemi alimentari che stanno sempre più negli anni affrontando la carenza di acqua e di cibo” dichiara Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children.
La fame come conseguenza di conflitti
I conflitti armati sono la causa principale dell’insicurezza alimentare per circa 135 milioni di persone in 20 Paesi del mondo. Le violenze, la mancanza di opportunità economico-lavorative, l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, gli spostamenti forzati e i danni alle infrastrutture civili portano milioni di persone a fare i conti con la carenza di cibo e ad adottare strategie di adattamento negative quali il lavoro minorile, il matrimonio precoce e forzato, lo sfruttamento e l’aumento della violenza di genere.
Il numero crescente di conflitti armati ed il fatto che siano sempre più prolungati nel tempo – come quello che sta infiammando il Medioriente, o quelli in Ucraina e Sudan – sta avendo conseguenze devastanti sulla vita dei civili. I bambini che sopravvivono alle bombe, ai proiettili e alle violenze si trovano, poi, a dover affrontare la minaccia della fame che, in alcuni conflitti, viene utilizzata come una vera e propria arma di guerra.
Un anno di guerra a Gaza sta evidenziando le conseguenze disastrose della proibizione dell’accesso umanitario: ben il 96% della popolazione della Striscia sta affrontando un’insicurezza alimentare acuta a livelli critici o anche maggiori, con oltre 495.000 persone (22%) che sono approdate allo stadio più alto secondo la classificazione IPC, e affrontano livelli catastrofici di insicurezza alimentare acuta. Quasi tutti gli 1,1 milioni di bambini che vivono nell’area versano in un gravissima situazione di insicurezza alimentare.
“Nel 2018 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la Risoluzione 2417 per condannare l’uso della fame contro i civili e la proibizione dell’accesso umanitario come metodo di guerra. Basta guardare all’escalation nella Striscia di Gaza, che ha evidenziato le conseguenze disastrose della proibizione dell’accesso umanitario e della mancanza di accesso al cibo, portando quasi tutta la popolazione ad un allarmante stato di malnutrizione per capire come l’accesso agli aiuti umanitari rappresenta la differenza tra la vita e la morte per i bambini e le loro famiglie nella Striscia. Stiamo parlando di bambini che già stanno subendo le più atroci violenze, è inaccettabile che debbano affrontare anche la fame” sottolinea Daniela Fatarella.
La fame come conseguenza della crisi climatica
Ma non sono solo i conflitti all’origine dell’aumento della fame nel mondo. Si stima che lo scorso anno gli eventi metereologici estremi siano stati la causa primaria di alti livelli di insicurezza alimentare per 72 milioni di persone in 18 Paesi, tra cui 33 milioni di minori. Numero più che raddoppiato dal 2018, quando gli eventi meteorologici estremi erano la causa primaria della fame per 29 milioni di persone, di cui 13 milioni di bambini.
La maggiore intensità e frequenza dei fenomeni climatici estremi – come le inondazioni in Pakistan, le prolungate siccità nel Sahel e in Somalia e il distruttivo uragano Freddy in Mozambico e Malawi – la siccità e la deforestazione hanno degli impatti profondi sui sistemi alimentari e sulla competizione per le risorse naturali, a sua volta responsabile di conflitti crescenti, come quelli tra agricoltori e popolazioni pastorali.
Storicamente la Somalia è stato uno dei Paesi che ha maggiormente subito l’impatto dei cambiamenti climatici dal punto di vista dell’insicurezza alimentare. Essendo uno Stato costiero fortemente influenzato dal fenomeno El Niño ha visto periodi di siccità prolungata alternati a periodi di inondazioni. Nei primi mesi del 2024 forti piogge e allagamenti, esacerbati dall’aridità del terreno dovuta ad una prolungata siccità nei mesi precedenti, ha portato il 21% della popolazione a livelli elevati di insicurezza alimentare (IPC 3-4).
Sebbene la Somalia sia uscita dall’alto rischio di carestia tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, quasi 4 milioni di persone continuano a soffrire di insicurezza alimentare, 7 milioni hanno bisogno di assistenza umanitaria (pari al 40% della popolazione) e quasi due milioni sono i bambini a rischio di malnutrizione acuta. La situazione, inoltre, è ancora più grave a causa di decenni di conflitto e operazioni militari ancora in corso.
Gli effetti della fame sui bambini
L’insicurezza alimentare determina delle conseguenze profonde e di lungo periodo sulla crescita e lo sviluppo dei bambini con un impatto diretto sul loro stato nutrizionale, esponendoli al rischio di mortalità durante l’infanzia e la prima infanzia e a malattie croniche in età avanzata6 come il colera, malattie respiratorie o il morbillo,5 e ritardi nello sviluppo cognitivo.
Anche una condizione di malnutrizione nelle donne in gravidanza o allattamento ha delle ripercussioni sullo stato di salute dei figli, poiché le donne malnutrite corrono un rischio maggiore di dare alla luce bambini con basso peso alla nascita, più soggetti a malattie, malnutrizione e mortalità durante l’infanzia e la prima infanzia e a rischio di malattie croniche in età avanzata.
“È fondamentale mettere in piedi azioni volte non solo a salvare vite nell’immediato, ma anche ad affrontare le cause strutturali dell’emergenza fame. In quest’ottica sarà centrale la trasformazione dei sistemi alimentari verso modelli più sostenibili per assicurare diete sane e accessibili a tutti. Ognuno deve fare la propria parte. Per questo chiediamo al Governo italiano e alle istituzioni internazionali di supportare risposte locali alle crisi alimentari così come di incrementare i fondi per sostenere servizi di risposta alle emergenze alimentari nelle comunità più a rischio e interventi di lungo periodo per affrontare le cause della fame. È inoltre fondamentale destinare risorse al rafforzamento della resilienza dei servizi per l’infanzia, quali la salute, la nutrizione, l’educazione e la protezione, anche nei contesti di conflitti armati o di alta vulnerabilità climatica. Così com’è cruciale adoperarsi strenuamente per assicurare la fornitura continuativa degli aiuti anche nei contesti di guerra più difficili, perché nessun bambino dovrebbe sperimentare i morsi della fame che si sommano al dolore della violenza”, aggiunge Fatarella.
L’intervento di Save the Children
Save the Children lavora per rispondere ai bisogni immediati dei bambini nei contesti caratterizzati da fame e crisi alimentare in situazioni di emergenza, ma anche tramite interventi di lungo periodo per rendere i sistemi più resilienti e capaci di prevenire e gestire meglio i rischi. Opera insieme ai governi, ai partner locali e nazionali, alle comunità e ai bambini, garantendo che i diritti dei minori siano al centro delle politiche e dei piani di risposta alle emergenze.
Per affrontare l’insicurezza alimentare e combattere la malnutrizione, Save the Children lavora coinvolgendo le famiglie, implementando azioni preventive e focalizzandosi in particolare sui primi 1.000 giorni di vita dei bambini, i più critici. Inoltre, sostiene le comunità locali al fine di rafforzare la loro resilienza economica e climatica, promuovendo mezzi di sussistenza alternativi, l’accesso ai sistemi di credito e la promozione del risparmio e degli investimenti nelle imprese.
Quando la fame colpisce, gli operatori dell’Organizzazione garantiscono l’accesso ai servizi sanitari e nutrizionali essenziali, fornendo cibo e assistenza sanitaria gratuita ed essenziale sia attraverso centri e cliniche fisse, sia attraverso team sanitari mobili. Save the Children interagisce, inoltre, con partner e soggetti istituzionali allo scopo di investire risorse laddove abbiano un impatto significativo sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza delle famiglie.
In considerazione della crisi alimentare crescente degli ultimi anni, nel 2021 l’Organizzazione ha istituito una Task Force per rispondere alle crisi legate alla fame in corso e agire sulla prevenzione. La Task Force ha allocato un supporto aggiuntivo a 13 Paesi, considerati prioritari per le condizioni critiche di fame, l’esaurimento dei mezzi di sussistenza, il consumo insufficiente di cibo e gli alti livelli di malnutrizione acuta.
Per avere risultati efficaci, è necessario un impegno sinergico di tutte le realtà coinvolte. Save the Children chiede, quindi, al Governo italiano e alle istituzioni internazionali rilevanti di ottimizzare l’uso delle analisi per anticipare e prevenire le conseguenze negative delle crisi complesse.
Invita, inoltre, il Governo italiano ad aumentare in modo progressivo le risorse per il sostegno dei Paesi partner della cooperazione internazionale, così da raggiungere l’obiettivo dello 0,7% del PIL entro il 2030, con un obiettivo intermedio dello 0,5% entro il 2027; promuovere finanziamenti coerenti e integrati per il clima, lo sviluppo e gli aiuti umanitari per far fronte ai bisogni immediati e a quelli preventivabili; assicurare fondi addizionali e flessibili per sostenere servizi di risposta alle emergenze.