Uno studio internazionale, a cui ha partecipato l’Università di Torino, rivela importanti informazioni molecolari in substrati finora poco studiati, che possono far luce sulle antiche relazioni tra umani e animali
Torino, 1 marzo 2023 – L’Università di Torino ha partecipato allo studio “Molecular exploration of fossil eggshell uncovers hidden lineage of giant extinct bird”, pubblicato martedì 28 febbraio sulla rivista Nature Communications. La ricerca, frutto di una collaborazione tra numerosi Atenei, offre nuove informazioni sulla storia del misterioso “uccello elefante” che andò incontro ad estinzione circa mille anni fa, quando i primi gruppi umani arrivarono in Madagascar.
I rari resti scheletrici dell’uccello elefante non consentono di determinare con certezza il numero di specie una volta esistite, né tantomeno la loro distribuzione geografica, ma le biomolecole preservate in frammenti di guscio d’uovo datati a circa seimila anni fa hanno ora potuto migliorare la conoscenza dell’evoluzione e biodiversità dell’uccello elefante.
L’uccello elefante (vorompatra in malgascio) era enorme, con esemplari alti fino a tre metri, non era in grado di volare, e rappresenta uno dei più affascinanti misteri della storia delle interazioni tra la specie umana e animale – anche perché il suo parente più prossimo è il kiwi, l’uccello simbolo della Nuova Zelanda. Tradizionalmente il nome si attribuisce agli scritti di Marco Polo, e l’uccello elefante potrebbe essere correlato alla genesi di diversi miti di area mediorientale.
Non potendo pienamente ricostruire la storia evolutiva su base morfologica, un gruppo di ricercatrici e ricercatori internazionali ha effettuato analisi paleomolecolari (genetiche e proteomiche) e geochimiche su 960 frammenti di guscio d’uovo provenienti da 291 località in Madagascar. Lo studio ha confermato la separazione tra due famiglie, Aepyornis e Mullerornis, con morfologie e dimensioni diverse, e ha evidenziato una sorprendente variabilità genetica esistente tra gli uccelli elefante del Madagascar settentrionale, suggerendo l’esistenza di una nuova linea evolutiva.
“Questo lavoro – dichiara Beatrice Demarchi, docente del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi UniTo che ha partecipato allo studio con il suo team – conferma l’importanza di sviluppare nuove metodiche in grado di estrarre informazioni molecolari a partire da substrati poco studiati, come i gusci d’uovo. I gusci d’uovo detengono il record per la longevità delle biomolecole antiche, con proteine preservate fino all’epoca Miocenica (come abbiamo appena dimostrato in un altro recente articolo), e possono quindi rivelare le storie e le relazioni tra le comunità umane e animali a partire dalle epoche più antiche”.