Prof. Salvatore Sansalone specialista in Urologia all’Università di Tor Vergata a Roma: “Gli approcci per venirne a capo e alleviare il riposo di chi ne soffre sono diversi e spaziano da quello comportamentale che agisce sulle abitudini e gli stili di vita a quello medico e chirurgico”
Roma, 11 settembre 2020 – La chiamano Nocturia, Nicturia o Poliuria Notturna ed è uno dei disturbi meno riferiti al medico curante: un sondaggio americano ha rivelato che il 66% di chi ne soffre non ne ha mai parlato col medico. Consiste nella necessità di urinare una o più volte durante la notte ed è spesso attribuita alla popolazione anziana, come effetto collaterale dell’età e agli uomini con la prostata ingrossata.
“In realtà il disturbo ha comorbidità con molte altre situazioni cliniche come le apnee notturne e la pressione alta. Disturbi che agiscono come un serpente che si morde la coda e che portano il paziente a cadere in una spirale di disagio e stanchezza. Anche perché i risvegli si verificano nella prima parte della notte, quando il sonno ad onde lente sarebbe il più ristorativo, interferendo con la qualità di vita diurna”, spiega il prof. Salvatore Sansalone specialista in Urologia all’Università di Tor Vergata a Roma.
Le apnee notturne alterano la produzione di ormone anti-diuretico, quello che viene secreto durante la notte. Una ricerca sui maschi indiani ha sottolineato come i pazienti con apnee ostruttive (OSA) presentino ipertensione nell’86%, diabete nel 59% e nocturia e altri disturbi del sonno nell’80% dei casi.
Le cause quindi possono essere molteplici: la più nota è l’iperplasia della prostata, ossia l’ingrandimento della ghiandola prostatica, fenomeno generalmente benigno che interessa il 50% degli uomini di mezza età e il 90% di quelli con più di 80 anni. Ma può essere anche la sentinella di problemi come la pressione alta.
Un recente studio ha rivelato che l’ipertensione non trattata è un determinante dei frequenti viaggi notturni alla toilette degli uomini già a partire dai 35-49 anni. E i due disturbi si influenzano reciprocamente anche nei soggetti in terapia sia per l’innalzamento dei valori pressori durante la notte che come effetto collaterale dei farmaci (diuretici ad esempio). Le terapie anti-ipertensive devono essere quindi sottoposte ad un monitoraggio e un aggiustamento frequente.
“Gli approcci per venirne a capo e alleviare il riposo di chi ne soffre sono diversi e spaziano da quello comportamentale che agisce sulle abitudini e gli stili di vita a quello medico e chirurgico. Parola d’ordine, step graduali e un atteggiamento il più possibile conservativo. Nuove abitudini che prevedano di assumere meno liquidi alla sera, evitare caffeina, alcol e fumo, aumentando l’attività fisica e trattamento medico possono migliorare nettamente i sintomi, il sonno, il riposo, la qualità di vita e non ultimo l’umore. Tra gli interventi nutrizionali si sconsigliano alimenti troppo ricchi di sodio e si raccomanda di limitare carne rossa e amidi specialmente nel pasto serale in favore di grassi polinsaturi e vegetali” sottolinea Sansalone.
Il trattamento medico viene prescritto quando non è possibile intervenire sugli stili di vita e prevede la somministrazione del 5-alfa-reduttasi che agisce riducendo un enzima che interviene nella trasformazione del testosterone. Il farmaco però nel 10% dei casi determina effetti avversi come disfunzioni sessuali poco accettate dai pazienti.