Napoli, 24 giugno 2024 – Si stima che il 5-10% di tutti i neonati abbia necessità di cure rianimatorie al momento della nascita e che tra questi1 bambino su 10 nasca pretermine, ovvero venga messo al mondo prima della 37esima settimana di gestazione. La nascita pretermine presenta un elevato rischio di comparsa di patologie croniche, di ritardo dello sviluppo, paralisi cerebrale, disturbi neurologici dell’apprendimento, comportamentali e psichiatrici che richiedono assistenza sanitaria a lungo termine.
Per questo è fondamentale intervenire con un percorso riabilitativo precoce che possa compensare i danni acquisiti. Ed è proprio questo uno dei filoni di ricerca di cui si occupa lo Spoke 1 di MNESYS dedicato a “Neurosviluppo, cognizione e interazione sociale”.
“L’unità coordinata dall’Università di Parma si occupa dello studio dei meccanismi neuronali che regolano lo sviluppo delle capacità motorie, percettive e sociali del cervello – spiega Luca Bonini, docente di Psicobiologia e Psicologia fisiologica all’Università di Parma e coordinatore dello Spoke 1 – Il progetto aspira a identificare biomarcatori per il monitoraggio e la diagnosi di patologie del neurosviluppo, come encefalopatia, epilessia e autismo, consentendo di sviluppare nuove strategie per la diagnosi precoce e il trattamento mirato delle malattie del cervello”.
Nello studio “Influence of isolated low-grade intracranial haemorrhages on the neurodevelopmental outcome of infants born very low birthweight” pubblicato su Developmental medicine and child neurology nel 2023, condotto su 240 neonati tra gennaio 2012 e luglio 2017 e seguiti fino all’età di 3 anni, sono stati indagati gli effetti di piccole emorragie intraventricolari e cerebellari che colpiscono i bambini prematuri.
La ricerca condotta presso l’Istituto Gaslini di Genova, e coordinata da Luca Ramenghi, direttore dell’Unità di Neonatologia, “ha mostrato che piccole emorragie, esclusivamente identificabili da raffinate indagini di Risonanza, possono avere un impatto negativo sul neurosviluppo di bambini nati pretermine con peso molto basso alla nascita” afferma Sara Uccella, neuropsichiatra infantile, ricercatrice “MNESYS” dell’Università di Genova e primo autore del lavoro. Lo studio sottolinea inoltre “l’importanza di individuare precocemente queste minime lesioni per attuare una più tempestiva ed efficace riabilitazione di questi bambini” continua Uccella.
L’encefalopatia ipossico ischemica è una delle maggiori cause di morte e disabilità neurologica nei neonati. Si stima che colpisca circa 1,5 su 1000 nati a termine e fino al 60% nei neonati prematuri di peso inferiore a 1500 grammi. L’encefalopatia di grado moderato o elevato ha una mortalità compresa tra il 10 e il 60%; tra i sopravvissuti, il 25% sviluppa complicanze neurologiche.
In questo contesto si colloca un altro studio MNESYS guidato dall’Università di Parma: “Hypoxic ischemic brain injury: animal models reveal new mechanisms of melatonin-mediated neuroprotection”. Il lavoro pubblicato a dicembre 2023 su Reviews in the Neurosciences si è concentrato sull’identificazione di potenziali biomarcatori precoci di lesioni cerebrali a seguito di ipossia-ischemia.
“Ad oggi l’ipotermia terapeutica rappresenta l’unica possibilità di trattamento delle forme moderate o gravi di questa patologia – spiega Serafina Perrone, professoressa associata di Pediatria all’Università di Parma – Iniziata entro 6 ore dalla nascita e proseguita per 72 ore, l’ipotermia ha ridotto dal 60% al 46% la morte o disabilità a 18 mesi. Nonostante ciò, e i progressi nell’assistenza ostetrica e neonatale, rimane però ancora la sfida dell’identificazione precoce e tempestiva di lesioni in neonati a rischio di danni cerebrali che, ad oggi, si basa principalmente sulle manifestazioni cliniche e sulla diagnostica per immagini”.
Nella ricerca, è stata indotta carenza di ossigeno su ratti nati da qualche giorno, seguita dalla somministrazione di melatonina. Dai risultati è emerso che l’ipossia-ischemia provoca nei ratti appena nati un aumento significativo dei livelli circolanti di miR-126 e miR-146a, frammenti di RNA, nella fase iniziale dello sviluppo del danno cerebrale ischemico, entro un’ora, e che il successivo trattamento con melatonina ripristina gli effetti indotti dall’ipossia-ischemia sull’espressione dei miR-126/miR-146a. Il risultato è stato poi verificato anche analizzando il siero di neonati con encefalopatia ipossico-ischemica, sottoposti a ipotermia terapeutica e melatonina.
“Ciò ha permesso di concludere che il trattamento con melatonina è in grado di intervenire nei processi di crescita e proliferazione cellulare a seguito di asfissia fornendo quindi una potenziale terapia aggiuntiva da utilizzare in combinazione con l’ipotermia terapeutica per ottenere migliori risultati neurologici a lungo termine”, aggiunge Perrone.
Gli effetti neuroprotettivi della melatonina contribuiscono anche a ridurre l’infiammazione legata allo stress ossidativo nei neonati come dimostrato nel lavoro coordinato dall’Università di Parma all’interno dell’attività di ricerca dello Spoke 1: “Melatonin in Newborn Infants Undergoing Surgery: A Pilot Study on Its Effects on Postoperative Oxidative Stress”. Pubblicato su Antioxidants a febbraio 2023, lo studio ha valutato l’effetto antiossidante della melatonina che ha coinvolto 23 neonati sottoposti a operazioni chirurgiche.
“Gli interventi sono spesso associati a un eccessivo stress ossidativo, specialmente nei pazienti neonatali nei quali è stata descritta una carenza transitoria di melatonina che ha funzione antiossidante. Questo studio pilota ha verificato l’efficacia di una integrazione per via orale della melatonina nel ridurre i prodotti biologici dello stress ossidativo e ha dimostrato il ruolo di questo ormone nella protezione dei neonati dalle conseguenze deleterie che lo stress ossidativo può causare, come dolore e alterazioni neurocomportamentali”, spiega Perrone.