Bergamo, 4 gennaio 2016 – Gli esperti della Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi (SISET) hanno appena inviato una lettera al Ministero della Salute. La lettera contiene alcune importanti osservazioni sui recenti casi di donne e dei loro bimbi morti durante o subito dopo il parto, e su alcune inesattezze che stanno circolando sui media.
Alla C.A. del
Sig. Ministro della Salute
Beatrice Lorenzin
Egregio Sig. Ministro, le recenti morti materno-fetali avvenute nel nostro Paese hanno suscitato una reazione mediatica talvolta fuorviante e potenzialmente pericolosa per le donne stesse. Ad esempio, in un’intervista pubblicata ieri su la Repubblica i test di trombofilia ereditaria vengono definiti come “salvavita” se eseguiti alle donne in gravidanza ed il Ministero della Sanità viene definito inadempiente perché non paga tali test (molto costosi) di routine. Nonostante sia vero che le complicanze ostetriche, inclusa la morte fetale, possano talvolta essere causate da alcune alterazioni del sangue che aumentano il rischio trombotico, non è altrettanto vero che i test di trombofilia ereditaria siano utili nel prevenirle. Né men che meno, il trovare uno di questi test positivi giustificherebbe un intervento con farmaci antitrombotici. Come sostengono linee guida di società scientifiche nazionali e internazionali, la donna in gravidanza non deve diventare oggetto di esami e terapie che non sono basati sull’evidenza e non danno alcuna garanzia di migliorare l’andamento della gravidanza né di prevenire la morte fetale. Vi sono inoltre criteri clinici, che vanno considerati e che possono guidare la scelta di solo pochi test e solo in casi (rari) selezionati, ma anche questo non va considerato come un salvavita. Ringraziando per l’attenzione che vorrà dedicare a queste note, Le invio cordiali saluti,
Anna Falanga
Ospedale Papa Giovanni XXIII Bergamo
Presidente SISET
a nome di esperti:
Ida Martinelli, Fondazione Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico, Milano;
e del Comitato Esecutivo SISET:
Walter Ageno, Ospedale Fondazione Macchi, Varese;
Giancarlo Castaman, Università Policlinico Careggi, Firenze;
Armando D’Angelo, Ospedale IRCCS San Raffaele, Milano;
Giovanni Davì, Università di Chieti, Chieti;
Maurizio Margaglione, Università di Foggia, Foggia;
Sophie Testa, Istituti Ospitalieri, Cremona
fonte: ufficio stampa