Accorpamento dei punti nascita sotto i 500 parti l’anno come previsto dall’Accordo Stato Regioni del 16 dicembre 2010; potenziamento delle Unità di Terapia Intensiva Neonatale; attivazione del servizio di trasporto per l’emergenza neonatale in tutte le regioni con ambulanze attrezzate e personale dedicato: sono le proposte della Società Italiana di Pediatria e della Società Italiana di Neonatologia per ridurre la mortalità neonatale, che ancora oggi nelle regioni meridionali risulta del 30% più elevata rispetto a quelle del Nord
Roma, 20 febbraio 2015 – “La morte della piccola Nicole, consumatasi a bordo di una ambulanza privata che la trasportava da Catania a Ragusa per una insufficienza respiratoria sviluppatasi subito dopo la nascita in una casa di Cura di Catania, non è frutto del caso, ma espressione e conseguenza della inadeguatezza del sistema sanitario regionale in situazioni di emergenza neonatale. Senza interventi di potenziamento della rete di assistenza neonatologica non ci si può stupire di eventi tragici come questo”: è quanto affermano in una nota congiunta il Presidente della SIP Giovanni Corsello e il Presidente della SIN Costantino Romagnoli, che invocano “una efficace programmazione degli interventi e investimenti reali nella rete neonatologica da parte del sistema sanitario, anche per scongiurare il rischio che i cosiddetti tagli alla sanità colpiscano l’area pediatrica che ha invece bisogno di sostegno e di supporto”.
Tre in particolare le priorità da attuare secondo le due società scientifiche. Si tratta di misure in larga parte già previste dall’Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010, ma rimaste drammaticamente inattuate in alcune aree del Paese, con la conseguenza che continuano a permanere differenze inaccettabili fra le regioni italiane nel campo dell’assistenza neonatale e pediatrica, come ha peraltro rilevato il documento del Comitato per la Bioetica della SIP reso pubblico a ottobre 2014.
Ma ecco le priorità indicate da SIP e SIN:
Accorpamento dei piccoli punti nascita
SIP e SIN esprimono apprezzamento per il recente intervento alla Camera del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, riguardo alla necessità di procedere senza ulteriori indugi all’accorpamento (già previsto da tempo ma aggirato dalle deroghe regionali) dei centri nascita con meno 500 nati per anno, dove i servizi di assistenza alla madre e al neonato non sempre riescono a garantire standard di sicurezza. Sarebbe auspicabile avere centri nascita con almeno 1000 parti per anno. Le Società Scientifiche si augurano che alle parole del Ministro seguano i fatti. Da tempi infatti SIP e SIN chiedono di procedere all’accorpamento dei centri nascita con un basso numero di nati, anche per favorire la condivisione delle risorse e l’ottimizzazione dei percorsi assistenziali, richiesta mai esaudita e presa in seria considerazione per il prevalere di logiche politiche o di interessi individuali o territoriali.
Potenziamento delle unità di terapia intensiva neonatale
Anche quando sono sufficienti come numero programmato in rapporto ai tassi di natalità regionali, non sempre le UTIN lo sono in termini di posti letto effettivamente disponibili. Ciò dipende da carenze di personale medico e/o infermieristico o da insufficienza di spazi o di attrezzature dedicate e aggiornate sul piano tecnologico. Il gap si avverte soprattutto nelle aree metropolitane in cui si concentrano gravidanze ad alto rischio provenienti da altre province o da territori sprovvisti di terapia intensiva neonatale. È inoltre necessario procedere ad una verifica periodica dei livelli assistenziali reali e degli standard organizzativi in tutti i centri nascita.Attivazione dello STEN (servizio di trasporto per l’emergenza neonatale) in tutte le regioni
Malgrado l’esistenza di decreti regionali e nazionali che definiscono la necessità e i criteri di realizzazione del servizio per l’emergenza neonatale (STEN), aree vaste anche metropolitane come quella di Catania ne sono ancora oggi sprovviste. “Ne consegue – spiega il Presidente della SIP Giovanni Corsello – che ogni neonato con una patologia respiratoria nato in un centro senza terapia intensiva neonatale può non ricevere una assistenza adeguata in tempo utile per evitare il rischio di morire o di avere danni neurologici con esiti invalidanti. In Sicilia si discute da più di venti anni dello STEN su base regionale, ma pur in presenza di due decreti (l’ultimo del 2012), lo STEN ancora oggi è attivo solo nelle province di Palermo e Messina”.
“I modelli che hanno mostrato buona prova di funzionamento sono quelli (come ad esempio Lazio e Toscana) in cui esiste una centrale di riferimento dedicata alla gestione delle emergenze neonatali – spiega il Presidente della SIN Costantino Romagnoli – Grazie a questo sistema i medici dell’emergenza sono in grado di sapere in tempo reale quanti posti sono disponibili in terapia intensiva e subintensiva. Se in Sicilia ci fosse un centro di coordinamento dedicato al trasporto neonatale la piccola Nicole probabilmente sarebbe stata mandata a Messina e non a Ragusa”.
Non meno importante il modo in cui si trasportano i neonati ad alto rischio. Servono ambulanze tecnologicamente attrezzate ed equipe mediche in grado gestire le emergenze con una formazione specifica nella stabilizzazione e nel trasporto del neonato gravemente patologico. In Italia il trasporto dei neonati ad alto rischio è “a macchia di leopardo”: in alcune regioni è centralizzato, in altre lasciato in capo al singolo ospedale.
fonte: ufficio stampa