Morte cardiaca improvvisa, studio conferma il ruolo salvavita della Risonanza Magnetica

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La ricerca, coordinata dal Centro Cardiologico Monzino, aggiunge un tassello cruciale nel percorso diagnostico delle cardiopatie

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Milano, 12 novembre 2019 – Nel 45% dei casi la risonanza magnetica identifica con precisione la malattia o le anomalie all’origine di un’aritmia ventricolare maligna, che possono sfuggire alle altre tecniche di imaging. Lo dimostra uno studio eseguito al Centro Cardiologico Monzino e pubblicato su JACC: Cardiovascular Imaging, segnando un passaggio fondamentale nella diagnosi precoce delle cardiopatie alla base di aritmie ventricolari responsabili di morte improvvisa.

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Prof. Daniele Andreini

“Le aritmie ventricolari maligne sono la causa di circa la metà delle morti cardiache improvvise, soprattutto nei giovani; solo la diagnosi precoce della malattia che causa tali aritmie permette di intervenire prima che le alterazioni del ritmo cardiaco diventino fatali” spiega il coordinatore dello studio, Daniele Andreini, Responsabile U.O. Radiologia e TAC Cardiovascolare del Centro Cardiologico Monzino e Professore Associato dell’Università degli Studi di Milano.

“Per identificare la cardiopatia che generalmente sta alla base di queste aritmie – prosegue l’esperto – l’esame di riferimento è l’ecocardiografia, che però purtroppo non sempre rileva risultati patologici, anche in pazienti con aritmie significative accertate dal punto di vista elettrofisiologico”.

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Prof. Claudio Tondo

Lo studio prospettico del Centro Cardiologico Monzino ha valutato se la risonanza magnetica fosse in grado di identificare una cardiopatia studiando 946 soggetti con aritmie gravi, per i quali l’ecografia non evidenziava esiti patologici. Questi i risultati: “la risonanza ha diagnosticato una cardiopatia strutturale nel 25,5% dei casi e in un altro 19,7% ha identificato anomalie in termini di volume cardiaco, funzione e cinetica della parete. La miocardite è risultata la patologia più frequente, seguita dalla cardiomiopatia aritmogena e da altre forme di cardiomiopatia. Essere in grado di rilevare queste cardiopatie – dichiara il prof. Andreini – permette di valutare correttamente il rischio e la prognosi del paziente e dunque di selezionare chi ha indicazione per l’impianto di un defibrillatore automatico, dispositivo salvavita”.

“Il fatto che la risonanza abbia intercettato una cardiopatia strutturale in circa un paziente su quattro è davvero notevole, ancor di più se consideriamo che i soggetti arruolati nello studio sono pazienti del Monzino, e dunque avevano eseguito gli esami di ecocardiografia transtoracica in un centro di terzo livello con operatori esperti”, commenta il prof. Claudio Tondo, responsabile dell’Aritmologia del Centro Cardiologico Monzino e Professore Associato dell’Università degli Studi di Milano.

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RM cardiaca che mostra regioni anomale di ipertrofia miocardica localizzate all’apice del ventricolo sinistro (linee verdi), non diagnosticate dagli esami precedenti

“Ci aspettavamo qualcosa di simile – ammette Tondo – i risultati ottenuti sono in accordo con la nostra esperienza clinica e ci danno la conferma di quanto sia importante non fermarsi nella ricerca della causa dell’aritmia, soprattutto quando quest’ultima appare fin da subito clinicamente rilevante”.

“Lo studio infatti – conclude Andreini – ha confermato che la risonanza dava un risultato patologico soprattutto quando l’aritmia si presentava frequente o complessa. La prescrizione della Risonanza Magnetica pertanto non deve essere ‘a tappeto’, né avvenire in modo indistinto per tutti i pazienti aritmici, al contrario: all’esame vanno indirizzate in modo mirato le persone che presentano aritmie più gravi, i dati sono chiari in questo”, sottolineando come con questo lavoro sia stato aggiunto un tassello cruciale nel percorso diagnostico delle cardiopatie.

Lo studio pubblicato su JACC Cardiovascular Imaging: https://doi.org/10.1016/j.jcmg.2019.04.023

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