Roma, 2 gennaio 2020 – Più di 288.000 persone contagiate e oltre 5.700 morti, per il 73% bambini al di sotto dei 5 anni. Sono i numeri dell’epidemia di morbillo in corso in Repubblica Democratica del Congo (RDC) dal gennaio 2019. Secondo l’OMS, si tratta della più grande epidemia di morbillo oggi nel mondo e la più grave mai registrata in RDC da decenni. Nonostante gli sforzi messi in atto a livello nazionale, è necessario impegnare e destinare con urgenza maggiori risorse alle aree ancora colpite per fermare l’epidemia.
Il morbillo è una malattia virale altamente contagiosa a trasmissione aerea che colpisce prevalentemente i bambini tra 1 e 3 anni ed è una delle principali cause di mortalità infantile nei paesi in via di sviluppo (VIDEO animazione su morbillo). Al momento in RDC, un paziente affetto da morbillo contagia in media altre due o tre persone. Non esiste un trattamento specifico contro la malattia, ma una campagna di vaccinazione ben condotta è estremamente efficace per prevenire nuovi casi. Nelle aree dove la copertura vaccinale è insufficiente, le attività di vaccinazione possono ridurre la mortalità infantile del 50%.
Diversi fattori stanno contribuendo alla diffusione dell’epidemia in RDC. Prima di tutto una copertura vaccinale estremamente bassa in alcune regioni del paese, a causa della mancanza di vaccini, di personale per somministrarli o di accesso alle strutture sanitarie. Ci sono inoltre le difficoltà nel mantenere il vaccino alla giusta temperatura fino all’iniezione, il che riduce la sua efficacia, e difficoltà logistiche nel portare i vaccini verso le loro destinazioni finali. I bisogni sono enormi e il programma nazionale di vaccinazione non può tenere il passo.
Nell’arco dell’anno l’epidemia si è diffusa in tutte le 26 province del paese e non mostra segni di attenuazione: 9.605 nuovi casi sono stati segnalati nell’ultima settimana di novembre, il numero più alto dall’inizio dell’anno. Il tasso di mortalità, oltre il 2%, è il doppio rispetto agli anni precedenti e il 73% dei decessi sono bambini di età inferiore ai 5 anni.
Oltre a questi, i casi di morbillo restano sottostimati in tutto il paese. MSF ha attivato strategie di sorveglianza epidemiologica per identificare nuove aree colpite dall’epidemia, per avviare nuovi interventi il più rapidamente possibile. Come a Viadana, nella provincia di Bas-Uélé, dove una piccola équipe di MSF è andata a valutare la situazione dopo un rapido aumento dei casi riscontrato a inizio dicembre. Ciò che hanno trovato superava di gran lunga i dati ricevuti. In una scuola di circa 300 bambini, oltre 100 erano affetti da morbillo. Questo intervento ha permesso a MSF di avviare immediatamente le attività mediche per questi bambini e di organizzare una campagna di vaccinazione.
Un sistema simile è stato istituito nelle 4 province dell’ex-Katanga, nel sud-est del Paese, dove MSF ha creato “siti sentinella” e realizzato nell’ottobre 2019 un laboratorio decentralizzato per analizzare rapidamente i casi sospetti di morbillo e rosolia. Prima i campioni venivano spediti fino a Kinshasa e questo poteva richiedere diversi mesi.
“Quando viene dichiarata un’epidemia, bisogna combinare assistenza medica e vaccinazione per fermare la diffusione della malattia – dichiara Alex Wade, capomissione di MSF in RDC – Da metà novembre, le autorità sanitarie congolesi hanno avviato attività supplementari di immunizzazione contro il morbillo in tutto il paese. Intanto MSF continua a fornire cure mediche ai pazienti, ma al momento l’epidemia resta ancora più forte della risposta medico-umanitaria messa in atto”.
MSF interviene anche nella provincia del Kongo Central dove, per sostenere le autorità sanitarie locali, ha aperto il 13 dicembre un centro di trattamento per casi complessi di morbillo nell’ospedale generale di Matadi, capitale provinciale e principale porto del paese. Una settimana prima, un’altra équipe aveva aperto una struttura simile nella città costiera di Muanda, a poche ore di auto verso ovest da Matadi. A pochi giorni dall’apertura, questi centri erano già strapieni di pazienti, e i team di MSF si sono dovuti trasferire in strutture più grandi.
In questi centri di trattamento, i team di MSF prestano particolare attenzione anche ad altre patologie associate al morbillo, come malaria e malnutrizione, che aumentano notevolmente il rischio di mortalità. Inoltre MSF supporta la gestione di casi semplici, distribuendo kit di trattamento, rafforzando la sorveglianza epidemiologica e l’individuazione di nuovi casi, e offrendo trasporto gratuito per i pazienti che devono essere trasferiti in altre strutture di cura.
Dal 2018, i team di MSF lavorano per fornire cure adeguate ai pazienti affetti dal morbillo ed effettuare vaccinazioni in diverse province del paese, tra cui Ituri, Haut e Bas-Uélé, Tshopo, Kasai, Mai-Ndombe, Kwilu e Sud Ubangi. Tra gennaio 2018 e ottobre 2019, le équipe di MSF hanno curato 46.870 pazienti e vaccinato 1.461.550 bambini in 54 distretti sanitari.
In collaborazione con il Ministero della Salute locale, MSF ha anche contribuito a rafforzare le attività di vaccinazione contro il morbillo nelle aree in cui continua a diffondersi l’epidemia di Ebola e, di conseguenza, la copertura vaccinale per altre malattie è diminuita drasticamente. Sfortunatamente, molte regioni non sono state ancora coperte da campagne di vaccinazione.
“Il Ministero della Salute congolese ha avviato attività di immunizzazione supplementari, ma ci sono ancora molte zone in cui l’epidemia continua. Dovremo aspettare la fine di queste vaccinazioni per avere un quadro migliore sull’evoluzione dell’epidemia. Ma la situazione attuale suggerisce che i bisogni persisteranno, soprattutto per i bambini di età superiore ai cinque anni che non saranno stati vaccinati durante questo periodo. Sarà quindi essenziale che le organizzazioni umanitarie e gli altri attori mettano in comune tutti gli sforzi possibili per aiutare le autorità sanitarie locali per superare questa epidemia. Troppi bambini sono morti per questa malattia facilmente prevenibile” conclude Wade di MSF.
MSF lavora in RDC dal 1977. Le équipe rispondono ai bisogni delle comunità durante le emergenze medico-umanitarie (epidemie, pandemie, sfollamenti di persone, calamità naturali) con l’obiettivo primario di ridurre la morbilità e la mortalità.