L’exitus di un giovane è un evento contro natura. Se non siamo preparati saremo incapaci di gestire il dolore e il nostro equilibrio psichico
In un vecchio libro di mio padre (I cavalieri dell’Apocalisse e la morte violenta), l’autore porta avanti una riflessione sulla morte violenta, improvvisa ed inaspettata.
La perdita improvvisa di un congiunto, arrivando come un fulmine a ciel sereno, coglie impreparati e sconvolge l’intero progetto esistenziale di una famiglia.
L’assenza di tempo per l’elaborazione dell’angoscia di morte determina una reazione al lutto che può variare dalla depressione nevrotica a quella psicotica. Quando muore un giovane per overdose spesso finisce anche la vita dei genitori, che il più delle volte si sentono incapaci di riprogrammare la propria esistenza.
Non solo i figli ricevono dai genitori. Anche i genitori ricevono dai figli. Un bambino restituisce agli adulti l’amore intenso che riceve, conferisce senso alla vita e scandisce con la sua crescita il tempo che passa. Un figlio esercita una “donazione di senso” e colora con la sua “affettività” la vita dei familiari. L’exitus di un giovane è un evento contro natura. Se non siamo preparati saremo incapaci di gestire il dolore e il nostro equilibrio psichico.
Umberto Galimberti, psicoanalista e filosofo, scrive: “Una volta i padri vedevano spesso morire per malattie, pestilenze, guerre, e ciò rendeva la sofferenza e la morte una esperienza abituale e consentiva a tutti di sviluppare impianti emotivi idonei al trattamento del dolore che comunque era condiviso e collettivo. Oggi abbiamo isolato il dolore in quei luoghi chiusi che sono gli ospedali, le carceri, le case di riposo. Abbiamo rimosso anche i rituali, le cerimonie, i simboli e la religiosità, che attraverso le metafore potenti della spiritualità consentivano l’elaborazione ed il superamento del lutto. Oggi l’uomo è solo, (incapace di condividere) e privo di quell’attrezzatura emotiva in grado di impedire l’emersione dell’angoscia di morte”.
In genere la reazione depressiva da lutto dovrebbe essere una condizione fisiologica transitoria necessaria per elaborare un nuovo equilibrio. Ma spesso ciò non succede Il sentimento doloroso della perdita quando è profondo e improvviso non consente l’elaborazione di meccanismi di compenso, di nuovi impianti emotivi idonei a superare la crisi.
Desidero presentarvi la storia di Salvatore, un ragazzo di 22 anni morto di overdose circa due anni fa. Parla il padre, che mi accompagna nelle scuole per spiegare le conseguenze della droga e dell’alcol. Si chiama Antonio e insieme alla moglie Annarita hanno lottato a lungo per salvare il giovane Salvatore. Si sono esauriti. Con il trascorrere degli anni si sono ammalati. Adesso presentano improvvise crisi d’ansia. Soffrono di inappetenza, insonnia, anedonia. Hanno pensieri fissi di rovina e morte, flash back.
Il loro umore è depresso tutti i giorni, per gran parte della giornata. Ciò è determinato dall’emersione di ricordi intrusivi dell’exitus. Dormono poco e male e quando sognano hanno la sensazione di rivivere il giorno della dipartita di Salvatore. Il coma, la cianosi del volto, l’ambulanza, la corsa in ospedale, la morgue.
Dicono sempre le stesse cose. Non sembrano trovare pace. Non riescono a liberare la loro mente dal pensiero di una perdita che non riescono ad accettare. Le cose, inoltre, sono peggiorate da quando l’amico di Salvatore che gli ha venduto la dose letale è stato assolto dal Tribunale.
LA TESTIMONIANZA DEL PADRE
Salvatore, mio figlio, è morto da due anni.
Iniziò facendosi le canne. Pensava che fosse normale fumare cannabis.
Dopo, piano piano, arrivò alla cocaina. Salvatore diceva “io smetto quando voglio, la so gestire. Un poco di coca non fa niente”. Poi, siccome la cocaina costava troppo, non ce l’ha fatta più economicamente e passò all’eroina. Invece di spendere 70 € ne consumava solo 15.
L’eroina si sniffa, si inietta, si fuma e poi quando si arriva al buco è finita. Arrivano le crisi di astinenza. Ti devi fare tutti i giorni. Salvatore ha avuto otto overdose. L’ottava è stata fatale. Io l’ho ripreso con il cellulare mentre eravamo in attesa dell’ambulanza. Ma lui non ci credeva. Affermava che quello in coma non era lui. Diceva “non sono io quello. Quello lì registrato è un altro”. Non voleva smettere Salvatore. Era schiavo della droga. Non aveva capito che rischiava la vita. Gridava spesso Salvatore: “Papà con chi me la devo fare? Con i fessi. Io me la faccio con quelli più furbi, più svelti, più in gamba”. Purtroppo se l’è fatta con quelli più furbi che gli hanno dato una dose tagliata male. I furbi lo hanno portato alla morte. Quanto costa la vita di un giovane?
Quindici euro. Salvatore 15 euro ha pagato per la sua morte.
Ragazzi state attenti. Siate bravi. Pensate al dolore che date ai vostri genitori quando sbagliate. Cercate di risolvere i vostri problemi senza ricorrere alle droghe e all’alcol.
Adesso sono in vendita succhi di frutta con alcol. Sono studiati proprio per farvi iniziare a bere. Non pensate alla birra, ma alla vita, alla famiglia, ad aiutarvi. Non bevete alcolici. Sappiate che quando entrate nella dipendenza è quasi impossibile tornare indietro. È vero, sembra che tanti ragazzi ce l’hanno fatta. Ma tante sono le ricadute. Parecchi giovani sono morti, altri moriranno.
Divertitevi, mangiate un panino, gustate un gelato, comprate crèpes al cioccolato. Non andate con i furbi. Qualche giorno prima di morire, mio figlio raccontava che non ce la faceva più. In ambulanza, in stato agonico, Salvatore mi ha detto chi gli aveva dato la dose mortale. Era il suo migliore amico. “Fermalo” mi disse…